Paolo Cognetti, «Senza mai arrivare in cima. Viaggio in Himalaya» (2018)
Senza mai arrivare in cima. Viaggio in Himalaya è l’ultimo libro di Paolo Cognetti. L’autore milanese ci fa scoprire il suo diario di viaggio che ci porta con lui nel cuore della montagna nepalese.
Compiuti quarant’anni, il narratore intraprende con due amici un viaggio nell’Himalaya, sul confine tibetano – viaggio lungo quasi un mese – che lo porterà a più di 5000 metri di altitudine ad incontrare nuovi paesaggi e abitanti, tanti testimoni della vita moderna del Nepal e della sua bellezza.
Paolo Cognetti si cimenta al racconto di sé, con un libro breve ma intenso di descrizioni e stati d’animo, in cui ritroviamo i temi già affiorati nelle Otto montagne: la riflessione personale e spirituale, il rapporto con la natura e con gli altri, il rapporto dell’uomo con la modernità. Il pellegrinaggio è annunciato dal titolo come vano – lo scopo del viaggio non sarà mai di raggiungere nessuna vetta ma di attraversare veramente il paesaggio. Il cammino appare una ricerca personalissima che si fa specchio della realtà; complessa, faticosa, piena di incontri fugaci e fatta di momenti che vengono a sovrapporsi rendendo difficilissimo ogni tentativo di decifrazione.
Altro tema dominante è quello della ricerca del senso del viaggio e più particolarmente dell’etica del turismo. L’io narrante incarna lo stereotipo dell’occidentale che, giunto a metà della sua vita, si interroga sul suo modo di essere al modo e sente il bisogno di scappare per un momento alla realtà della vita attiva e della città per scoprire se esiste ancora una “montagna autentica, libera dal colonialismo della città, integra nel suo essere montagna”. Scopre un posto difatti molto diverso dalla città europea, e caratterizzato dal silenzio percepito come irreale in confronto alla vita milanese. Tutti i protagonisti partono portando con loro i cellulari, che perdono a poco a poco la loro funzione comunicativa. Nel momento della discesa in pianura, escono da quello che era sembrato un mondo eterno come da un sogno quando tutti i telefoni ricominciano a suonare con il ritorno del segnale. Ma spuntano comunque le testimonianze della presenza della modernità e del capitalismo in questa cultura presupposta “pura”: la birra Heineken, del tutto simile alla marca occidentale, che diventa “Everest” accompagna l’io narrante nelle sue pause e riflessioni, nei brindisi con i suoi compagni. I numerosi silenzi del libro sono la testimonianza della conflitto interno del narratore fra rapporto con il paesaggio e sfruttamento dell’esperienza “esotica”. In modo sottilissimo, l’autore dà una colorazione politica alla riflessione svelando i due lati della posizione del viaggiatore ed evidenziando il rapporto ambiguo tra cultura e natura.
Il lettore si trova preso come il narratore in un momento sospeso, in cui lo scorrere del tempo cambia come il rapporto al proprio corpo – la descrizione dell’ascensione è segnata dall’affanno e dai dolorosissimi silenzi – in cui la figura del narratore si sovrappone a quella dell’autore del libro che accompagna il suo viaggio, Il leopardo delle nevi di Peter Mathaussien, scrittore americano che narra il proprio viaggio attraverso l’Himalaya. La rappresentazione letteraria dei paesaggi è punteggiata dalla riflessione esistenziale, accentuata dal paragone quasi sistematico con il procedere del pensiero metafisico di Mathaussien:
“E lassù, da qualche parte, c’era il leopardo delle nevi, a ricordarmi che non tutto quello che esiste è visibile agli occhi, non tutto è comprensibile, non tutto lo puoi cogliere e portare con te. ‘E in questo non-vedere sono lieto’, scriveva Peter.”
Peter diventa un vero e proprio personaggio del racconto che ci concede un altro punto di vista sulle cose e una chiave di analisi delle situazioni incontrate per l’io narrante. Alcuni passi dell’opera mathaussiana sono direttamente citati e diventano l’occasione di una riflessione sul rapporto tra passato e presente, mentre seguiamo punto per punto le due camminate che s’intrecciano e si rispondono. Questo intertesto diventa uno dei strumenti letterari con cui l’autore propone un originale pensiero ecologico non polemico ma poetico.
Dopo il racconto della salita viene quello della discesa in pianura, che chiude tutta la storia ed evidenzia il senso di rinascita nel fatto di ritrovare la vita normale. Però si tratta di un sentimento in cui l’ambiguità non viene cancellata, dove esistono allo stesso tempo tutti i contrari – gioia e delusione, nostalgia ed eccitazione – che segnano la fine di un’esistenza e significano il ricominciare costante di ogni cosa.
Questo libro – punteggiato da diverse illustrazioni che sembrano cogliere il presente della descrizione e fissare la montagna nel tempo – propone un ritratto modernissimo della montagna nepalese e il racconto realistico di un’esperienza di vita singolare e filosofica. Paolo Cognetti firma un’opera poetica e complessa, dove il rinnovamento letterario si intreccia con la riflessione esistenziale, senza mai dare nessuna risposta.
Pour citer cette ressource :
Ninon Chevrier, "Paolo Cognetti, «Senza mai arrivare in cima. Viaggio in Himalaya» (2018)", La Clé des Langues [en ligne], Lyon, ENS de LYON/DGESCO (ISSN 2107-7029), juin 2020. Consulté le 06/10/2024. URL: https://cle.ens-lyon.fr/italien/litterature/bibliotheque/paolo-cognetti-senza-mai-arrivare-in-cima-viaggio-in-himalaya