Paolo Cognetti, « Le otto montagne » (2016)
Le otto montagne è il primo romanzo di Paolo Cognetti, che ha ricevuto il Premio Strega nel 2017. Questo romanzo staccato dalla valle popolata e rumorosa, porta il lettore nell’intimità di una storia di famiglia, di amicizia, e della montagna tanto amata dall’autore.
Paolo Cognetti, nato a Milano nel 1978, è uno scrittore contemporaneo dal successo crescente. Dapprima impegnato in una formazione di matematica, cambia strada e ottiene il diploma della Civica scuola di Cinema Luchino Visconti, dopodiché gira documentari, segnatamente sulla letteratura americana. I suoi esordi nella scrittura risalgono al 2004: pubblica allora delle raccolte come Sofia si veste sempre di nero. Il romanzo Le otto montagne e il racconto di viaggio Senza mai arrivare in cima rivestono un piglio autobiografico segnato dall’onnipresenza della montagna in quanto luogo di apprendistato e di benessere.
Pietro, l’io narrante, fin dalle prime pagine, ci immedesima nella propria storia da bambino, che risulta dapprincipio strettamente connessa a quella dei genitori. La loro vita è caratterizzata da un contesto montanaro fino al momento in cui emigrano in città, a Milano, dove il protagonista cresce. Il tumulto cittadino è all’origine dell’infelicità della famiglia, in particolare del padre di Pietro, sicché decidono, durante le loro estati, di andarsene in montagna, a Grana. Nella loro proprietà di questo paesino vicino al Monte Rosa nella Valle d’Aosta, vivono momenti felici. Il ragazzino Pietro passa le giornate tra le camminate nell’alta montagna con il padre e i giochi con Bruno, un altro ragazzo che abita lì. Insieme costruiscono un’amicizia più forte del tempo, della distanza e delle vicende, fra cui i litigi familiari.
Per descrivere l’argomento del suo libro, Paolo Cognetti parla “di due amici e una montagna”. E infatti la montagna in questo romanzo non è un semplice luogo in cui è ambientata la storia. Anzi, pervade ogni pagina. La montagna appare un vero e proprio modo di vivere, nonché di pensare, di vedere, di parlare, di agire. Grazie all’amico Bruno, e al padre di Pietro, l’io narrante è immerso nella passione per l’altitudine. A sua volta e a modo suo si innamora anche lui progressivamente dei paesaggi, dello stile di vita assolutamente diverso dal frastuono milanese di cui si parla pochissimo. Ma è importante sottolineare che il bosco, il torrente, la baita, la stufa, la “barma”, quella casa che costruisce insieme a Bruno, sono così cari a Pietro perché rappresentano l’ambito preferito della sua infanzia, e della sua vita in generale. Il libro è continuamente segnato dalle passeggiate piene di scoperte, dalle chiacchiere curiose a proposito dei segreti e dei misteri della neve, e da tanti altri elementi montanari sorprendenti... V’è una continuità, un piglio perenne a Grana che fanno parte integrante della felicità montanara del protagonista, una felicità incarnata soprattutto dalla figura dell’amico Bruno.
Infatti l’amicizia con Bruno risulta molto cara all’io narrante, benché interrotta, oggetto di incomprensione, anche un po’ di gelosia. In realtà Pietro, in quanto ragazzino e poi uomo cittadino, si sente diverso da Bruno tanto quanto lo ammira, ed i momenti spesso molto semplici che condivide con Bruno sembrano preziosissimi. Tra entrambi i ragazzi, ma in modo più sorprendente tra entrambi gli uomini, si percepisce una spontaneità che sorprende finanche Pietro. Spesso, più anni senza vedersi svaniscono in un istante quando Pietro e Bruno si incontrano di nuovo. Non ci sono giri di parole, tutto è naturale, spontaneo, a patto che Bruno non viva un giorno fosco in cui non dice nemmeno una parola.
Poi, attraverso la propria passione per la montagna, Bruno fa da nesso tra Pietro e suo padre: la problematica del figlio con il padre rappresenta infatti una delle cose da risolvere in montagna. Il padre di Pietro lavora in città, si dimostra spesso arrabbiato, profondamente stanco e deluso, sicché è poco presente per il figlio. La vera e propria felicità, la ritrova solo in montagna, ma il figlio Pietro si dimostra più riluttante di quanto pensasse ad andare in cima con lui, e se ne allontana molto. È solo dopo la scomparsa del padre alpinista che Pietro si avvicina a ciò che era, a ciò che avrebbe potuto essere la loro relazione. Scopre il padre di montagna, un uomo più dolce che voleva trasmettere l’amore immenso per la montagna, per la fatica della salita e per quella sigaretta in cima che, anni dopo, anche il figlio fumerà. Rintracciare il percorso montanaro del padre sarà una tappa essenziale, ma saranno anche Bruno e la mamma a mostrargli altri aspetti del carattere paterno, così diverso in città e in montagna.
Difatti una delle questioni maggiori che esce da questo romanzo è quella del rapporto tra montagna e valle, a maggior ragione con la città e il mondo controllato dagli uomini e dal denaro. Il modo di vita montanaro può diventare anche un ostacolo alla vita con gli altri, come nel caso di Bruno, che sembra avere più cara la montagna che la famiglia.
Per finire Pietro, in quanto personaggio tra città e montagna, dimostra tante somiglianze con l'autore, che vive ed è vissuto anche lui tra la grande città milanese e la montagna piemontese. Paolo Cognetti conferma queste similitudini e porta a galla la questione della difficoltà a trovare delle radici precisi, ad esempio attraverso l’enigma nepalese che dà il titolo al libro: “avrà imparato di più chi ha fatto il giro delle otto montagne, o chi è arrivato in cima al monte Sumeru?”
Il romanzo di Paolo Cognetti, oltre alla storia appassionante nella quale ci immedesimiamo, in nuce intende farci pensare al modo in cui pensiamo la montagna, e al posto dell’uomo nella cosiddetta “natura”. È una realtà ricca ma dimenticata dai cittadini che ci mette sotto gli occhi Cognetti, il cui personaggio Bruno constata: “siete voi di città che la chiamate natura. È così astratta nella vostra testa che è astratto anche il nome. Noi diciamo bosco, pascolo, torrente, roccia, cose che uno può indicare con il dito.” Con Le otto montagne, Paolo Cognetti non ci propone di viaggiare, bensì di vivere la montagna.
Pour citer cette ressource :
Lucile Drezet, "Paolo Cognetti, « Le otto montagne » (2016)", La Clé des Langues [en ligne], Lyon, ENS de LYON/DGESCO (ISSN 2107-7029), juin 2020. Consulté le 09/10/2024. URL: https://cle.ens-lyon.fr/italien/litterature/bibliotheque/paolo-cognetti-le-otto-montagne-2016