Nicoletta Verna, «Il valore affettivo» (2021)
L'autrice e il romanzo
Nicoletta Verna, classe 1976, è una scrittrice “dalle molte vite”, come lei stessa ama definirsi ((Le dichiarazioni della scrittrice riportate in questo articolo fanno riferimento a quelle rilasciate durante la presentazione del romanzo in presenza dell’autrice a Grenoble (Office du Tourisme Grenoble Alpes), il 7 maggio 2022, organizzata dall’associazione lionese Lucciola Vagabonda.)), in quanto ha esercitato diversi mestieri prima di approdare alla scrittura. Con il suo romanzo d’esordio Il valore affettivo (menzione speciale della giuria del Premio Calvino 2020), ci consegna un dramma familiare, ambientato a Roma ai giorni nostri, in cui si intrecciano trauma, relazioni disfunzionali e questioni di salute. La storia, costruita interamente attorno al senso di colpa, all’abbandono e al rifiuto, ha per protagonista una giovane donna, Bianca. La scrittrice si addentra nella sua psiche indagando gli effetti distruttivi del senso di colpa.
La trama
Tutto ha inizio quando Stella, la sorella maggiore di Bianca, muore all’età di quindici anni, per circostanze che rimarranno avvolte dal mistero fino alla fine del romanzo. La disgrazia, come viene definita nel corso della narrazione, avviene quando la protagonista ha solo 7 anni. Il lutto, mai elaborato, lascia segni irrevocabili e conduce la Bianca adulta a sviluppare una mania per la pulizia, l’ordine e il controllo. Nei momenti di ansia più acuti la donna si lascia andare alla compilazione ossessiva di una lista mentale dei rifiuti, alla loro classificazione e a delle pratiche socialmente inaccettabili, come la loro ingestione. Parallelamente all’allargarsi del dramma interiore, Bianca conduce una vita invidiabile agli occhi della società. Gode di una bellezza quasi perfetta e insieme a Carlo, un ricchissimo cardiochirurgo di fama mondiale, occupa un sontuoso attico di Roma. La disgrazia, tuttavia, ha segnato un prima e un dopo nella vita del nucleo familiare e contribuito a spezzarne per sempre la serenità e i legami. La madre si abbandona progressivamente alla depressione, trovando conforto solo nella televisione, in quanto mezzo che assopisce la psiche e i sensi e, dopo diversi tentativi di suicidio, viene ricoverata in una clinica dove trascorre il tempo davanti allo schermo, in uno stato catatonico. Il marito, padre di Bianca e Stella, non resiste di fronte al peso fisico ed emotivo degli eventi e, in un disperato sforzo di sopravvivenza, decide di provare una nuova vita al fianco di un’altra donna. La casa viene lasciata all’incuria e diventa rapidamente un luogo inospitale. Di fronte a questa desolazione e in particolare all’indifferenza materna, la protagonista sviluppa quella che deve sembrarle l’unica difesa possibile: l’insensibilità. Durante l’adolescenza e poi in età adulta, non si lega né ad amici né a progetti di vita, trascinandosi attraverso i giorni in uno stato di completa disillusione nei confronti del mondo:
“Ogni giorno pensavo a tutte le cose peggiori della mia vita e le ripetevo ad alta voce allo specchio: l’odore nauseante della piscina, la lavanderia chiusa per sempre, mia madre con le vene tagliate nella vasca da bagno e poi Stella, Stella miliardi di volte, finché tutte quelle cose non persero significato e il dolore sparì, come qualunque altra emozione. Non è che fossi triste: quello che sentivo non era il contrario della felicità, era il contrario della vita” (p.50).
Il punto di vista della protagonista
Il ricordo di Stella rivive quotidianamente nel presente della protagonista e nei suoi sogni. Descritta come un’adolescente solare, socievole, onesta, amata da tutti e sempre disponibile ad aiutare la sorellina e la sua migliore amica Liliana, in carrozzella, la ragazza rappresenta, agli occhi infantili di Bianca, tutte le virtù. Lei stessa si pone in antitesi rispetto alla sorella che assume dei caratteri celesti e viene idealizzata sia in vita che in morte. La protagonista si sente responsabile di quanto è accaduto e definisce se stessa in opposizione alla sorella: da una parte l’innocenza di Stella e l’ingiustizia della sua morte, dall’altra la colpevolezza di Bianca e il suo bisogno di punirsi. Nel tentativo di redimersi, la donna decide di imporsi una responsabilità gravosa: restituire la vita a Stella tramite il concepimento di un figlio. Le azioni della Bianca adulta saranno guidate esclusivamente da questo piano, così come viene definito, nell’obiettivo di ristabilire i legami col mondo e con la famiglia. Tuttavia, un serio problema di salute, una forma di endometriosi, ne ostacolerà la realizzazione.
Nicoletta Verna, durante l’incontro a Grenoble, ha voluto ricordare che il suo io narrante non è un narratore affidabile. Bianca afferma di essere insensibile ma in realtà non lo è. L’insensibilità che il personaggio sfoggia quasi con fierezza è solo apparente poiché nel suo agire le emozioni sono presenti e riconoscibili: rabbia, tristezza, senso di colpa, frustrazione per il destino della sorella. Questa ostentata insensibilità e le azioni che la guidano, tra cui il piano, nascondono un grido di dolore e sono manifestazioni dell’urgenza di essere amata, ascoltata, compresa, vista. Bianca vuole infatti essere di nuovo visibile per sua madre che vive nel ricordo della figlia persa e non vede più nulla a parte lo schermo televisivo. Questo bisogno spinge la Bianca adolescente a farsi assumere come valletta nel programma di intrattenimento pomeridiano Balli&Pupe, dove si sottopone a delle prove umilianti pur di essere infine vista anche da sua madre. La protagonista non riesce ad amare il compagno né a riconciliarsi con la vita perché porta con sé il peso di un lutto non elaborato e di cui si sente responsabile. Tuttavia, questa catena di silenzio si spezza quando, per ragioni correlate all’endometriosi, si troverà ad affrontare un percorso di psicoterapia. Per la protagonista questo atto non sembra essere risolutivo ma il lettore può percepire in questo punto un’oscillazione verso una dimensione di speranza. Tramite l’inserimento del percorso terapeutico l’autrice sembra voler suggerire l’importanza del liberarsi attraverso la parola.
I temi e la scrittura
Nel romanzo sono molteplici i temi portanti: la morte di un familiare, il lutto, il senso di colpa, l’incomunicabilità, il rapporto intergenerazionale madre-figlia (ma anche padre-figlio, nella relazione tra Carlo e suo padre), la salute mentale e quella fisica. Tra questi, come ha ricordato anche l’autrice durante l’incontro a Grenoble, centrale è quello del rifiuto, inteso sia come prodotto di scarto che come l’atto del respingere. Ogni personaggio deve fare i conti con un rifiuto: di amare, di vivere, di realizzarsi, di riconciliarsi dopo un conflitto familiare, di dire la verità. Bianca sviluppa un’attrazione e una repulsione per i rifiuti e nel contempo rigetta il mondo e ogni aiuto, chiusa in una bolla in cui giudica gli altri, compreso il terapeuta, di cui si beffa, incapaci di capirla : “annuso di nuovo i rifiuti. È l’odore della vita quando la spogliamo del maquillage che le spalmiamo addosso per edulcorarla. È l’odore di Stella, che mi guarda contenta, seduta accanto a Liliana” (p.202). Nonostante non si tratti di un libro con elementi autobiografici, come l’autrice ha assicurato, il progressivo disgregarsi della psiche e del nucleo familiare viene descritto in maniera lucida e mai distante. La gravità dei temi viene compensata da una prosa leggera e arricchita da elementi di ironia che ne rendono fruibile la lettura. Gli elementi di suspense inseriti e il mistero costruito attorno alla morte di Stella, inoltre, contribuiscono a mantenere alta la tensione. I frequenti salti spaziali e temporali operati nel racconto rendono la prosa dinamica: la dimensione della vita quotidiana, tangibile, si confonde infatti costantemente con quella interiore, del ricordo e del sogno, in cui Stella è ancora viva, e il tempo del presente si alterna a quello del passato.
Conclusioni
Un lutto non elaborato può innescare una reazione a catena, portando alla disgregazione del nucleo familiare, al silenzio e a comportamenti autodistruttivi. Il romanzo Il valore affettivo suggerisce che i legami di empatia e di aiuto reciproco non possono nascere e svilupparsi se si innalzano muri e si rifiuta, appunto. L’autrice sembra voler ricordare al lettore che, in quanto esseri viventi inseriti in una rete di interconnessioni umane e vegetali, rifiutare di rientrare in questo meccanismo di relazioni e di affidarsi all’altro significa rinunciare alla sopravvivenza. Viene così ricordato così quanto sia vitale e liberatorio, per l’essere umano, la pratica dell’esprimere e condividere i propri sentimenti attraverso la parola.
Pour citer cette ressource :
Elena Perrello, Nicoletta Verna, Il valore affettivo (2021), La Clé des Langues [en ligne], Lyon, ENS de LYON/DGESCO (ISSN 2107-7029), octobre 2022. Consulté le 27/11/2024. URL: https://cle.ens-lyon.fr/italien/litterature/bibliotheque/nicoletta-verna-il-valore-affettivo-2021