Entretien avec Franca et Gianna
La militanza nel Movimento femminista per il salario domestico, l'apertura di un orizzonte reale e mentale, insieme ad altri gruppi e le denunce alla polizia, la "presa di coscienza" di essere donne, sentimenti ed ideologia, un possibile bilancio.
- Come e quando è stato il vostro incontro con il femminismo?
Gianna:
Nel 1972 insegnavo a Modena ed entrai in contatto con esponenti locali del Movimento femminista per il salario al lavoro domestico. Fu uno stimolo per incominciare a leggere e a documentarmi sulla storia del movimento delle donne.
Nel '73 incontrai una esponente di spicco del femminismo di Padova, città in cui era nato il gruppo fondatore del salario al lavoro domestico. Diventammo amiche ed io incominciai ad interessarmi per la prima volta di politica e a rendermi conto di una serie problemi di noi donne inerenti il lavoro domestico non riconosciuto, lo sfruttamento nelle case, nelle fabbriche, nelle scuole, sui marciapiedi. Così iniziò la mia politicizzazione; di matrice cattolica, fino ad allora non mi ero interessata di politica, ero però molto sensibile alle problematiche sociali. Il gruppo da me incontrato direi "per caso", era uno dei più politicizzati e io ne subii il fascino; era un mondo completamente diverso dal mio che già allora sentivo stretto e provinciale e questo nuovo approccio accresceva la mia voglia di scoprire nuovi orizzonti . L'ideologia di quel periodo era esasperata e provocatoria e questo mi affascinava perché andava verso il non conosciuto. Anche le donne di altre città, che ebbi poi modo di conoscere, mi sembravano molto più libere e creative. Ti racconto un episodio abbastanza significativo: un giorno venne a trovarmi un' amica femminista di fama nazionale che stava con un uomo molto affascinante. Io allora ero da poco sposata e avevo preparato per l'occasione una torta; gliene offrii una fetta e lei assaporandola estasiata disse: "Che buona.... molto meglio del sesso!"
Io rimasi interdetta... non capivo.
Franca:
Nel '75 insegnavo alle scuole serali in un Istituto commerciale e quell'anno venne per la prima volta una collega che aveva insegnato ad Ivrea, Torino, e siamo diventate amiche e sono rimasta colpita per tutte le esperienze che lei aveva fatto in quella città, molto più ricche, aperte, avanzate rispetto alle mie che erano provinciali. Lei era in collegamento con le amiche di Torino che ho iniziato a frequentare anch'io con allargamento di viaggi e orizzonti, con altri modi di stare assieme fra le donne. Questa amica mi ha fatto conoscere il gruppo del Movimento per il salario al lavoro domestico, facevamo riunioni periodiche e si prendeva posizione su fatti nazionali: manifestazioni rispetto a processi per stupro, ci collegavamo con altre a livello nazionale, scrivevamo volantini.
Il gruppo era poi cresciuto e regolarmente facevamo incontri per esaminare problemi generali delle donne, lavoro casalingo e relativo riconoscimento salariale e anche importante il rapporto fra di noi, di analisi di problemi personali. Ad esempio il problema contraccettivo, io le conoscenze specifiche le ho acquisite così, si mettevano in comune le esperienze, le nostre difficoltà, una specie di autocoscienza.
Era una nuova modalità di incontro.
- Perché proprio il gruppo del salario per il lavoro domestico?
Gianna:
Fui colpita dalle approfondite analisi sociologiche e politiche sul lavoro domestico che mettevano in luce come il lavoro della donna non fosse mai stato storicamente riconosciuto all'interno della famiglia e della società. Era un'analisi che sentivo "mia". A distanza di anni mi risuona una risposta di tipo personale: mia madre avrebbe voluto lavorare fuori casa per poter disporre di soldi suoi, ma mio padre credeva nella donna come angelo del focolare; ho vissuto questa contrapposizione lacerante durante tutta la mia infanzia e la mia adolescenza. Dopo molti anni ho capito che il femminismo è stato per me un'ottima opportunità per lottare anche per mia madre e per tutte le donne della mia famiglia che erano state discriminate dalla cultura dominante maschile. Mi ero assunta il ruolo di loro paladina; inconsapevolmente volevo vendicarle e nel contempo garantirmi, attraverso la lotta femminista, una vita diversa da quella di mia madre, delle mie zie, delle mie nonne. C'era in tutto questo la supponenza e la presunzione dell'inesperienza giovanile.
Franca:
La scelta è stata casuale, per amicizia ma sarei stata disponibile per qualsiasi gruppo, ricordo che a mia madre diedero la pensione sociale e mia madre era felice, mi sentivo sprovveduta a livello politico, ero interessata all'esplorazione del mondo femminile con modalità diverse da quello che conoscevo. Fino ai vent'anni la mia vita era casa, scuola, chiesa poi università e mondo del lavoro e lì una prima apertura, l'incontro con femminismo è stato illuminante.
- Incontri con altri gruppi?
Gianna:
All'inizio eravamo veramente poche, ingenue, con scarsa esperienza politica, senza nessuna capacità di muoverci nel rapporto con gli altri gruppi e partiti istituzionali. Nel '75 fummo fermate in centro città mentre stavamo attaccando un volantino che promuoveva una manifestazione nazionale. Io avevo appena letto Il manuale del rivoluzionario, in cui si davano consigli sui comportamenti da tenersi con le forze dell'ordine. Quando si avvicinò il poliziotto per chiederci i documenti io applicai i suggerimenti del manuale con il risultato che fummo portate in Questura e trattenute tutta notte assieme alle prostitute fermate quella sera. Per la prima volta ebbi l'opportunità di una vicinanza così stretta, inaspettata con le operaie della strada , per le quali urlavamo nei cortei senza conoscerle. Ne uscimmo con una denuncia... e per un solo volantino! Questo mi "sporcò" la fedina penale; con grande mio imbarazzo ogniqualvolta compilavo un modulo in qualità di insegnante dovevo ricordarmi della notte passata in Questura!. Venimmo difese da un avvocato del PCI e condannate al massimo della pena; avevamo l'idea che il PCI cercasse di renderci la vita il più difficile possibile. A proposito dei nostri volantini, che con fatica e rischio attaccavamo di notte, i netturbini, non si sa se per loro iniziativa o per precise disposizione dall'alto, di primo mattino li strappavano tutti, in modo che non ne rimanesse traccia.
A Modena il PCI si comportò in modo diverso, più lungimirante tanto che il Comune concesse locali pubblici per "La casa delle donne".
Nello stesso periodo iniziarono incontri periodici con altri gruppi femministi della città. Il problema più urgente era uno spazio nostro dove poterci incontrare e discutere. Chiedemmo al Comune una sede, la risposta, che ci venne comunicata da una giovane funzionaria in carriera, fu beffardamente negativa. La nostra reazione non si fece attendere; decidemmo di occupare la notte del 23 aprile 1979 (poco prima dell'anniversario della Liberazione) un importante spazio pubblico, non utilizzato, adiacente ad una piazza centrale in cui si svolgevano le manifestazioni per l'anniversario. Il pomeriggio successivo, quando erano ancora in corso trattative con alcuni rappresentanti del Comune, venne dato ai Carabinieri l'ordine di sgombrare i locali occupati. Diciassette donne furono denunciate e processate.
Uno dei tanti motivi di contrasto con le donne dei partiti e quelle dell'UDI era il separatismo che rivendicavamo come elemento essenziale della nostra lotta nelle riunioni e nelle manifestazioni di piazza. Le donne dei gruppi extraparlamentari e soprattutto quelle di Lotta Continua erano più vicine alle nostre posizioni.
Franca:
Quando vi erano manifestazioni. Ricordo anche un collega che mi prendeva in giro per l'abbigliamento (zoccoli, gonne a fiori) e per le partecipazioni a manifestazioni contro lo stupro ma le donne insegnanti erano solidali con me, mi hanno sostenuto e questo collega è stato "incantonato".
Ma in un'altra situazione in un campeggio femminista in Puglia siamo state invase dai fascisti, che ci hanno oltraggiato, defecato nelle tende, minacciato e lì siamo scappate, la ricordo come una vera e propria spedizione punitiva.
- Quali erano i temi, gli argomenti maggiormente affrontati?
Gianna:
La presa di coscienza dell'essere donna, la consapevolezza del doppio lavoro per chi aveva un lavoro esterno, la gratuità del lavoro domestico all'interno delle case, il potere maschile nel rapporto di coppia, la dimensione sociale del rapporto fra donne.
Franca:
Per me era più importante prendere coscienza, che si parlasse delle nostre vite private, condividevo le iniziative, ma era più rilevante l'esperienza personale, il rapporto con l'uomo, la sessualità e la contraccezione, lì ho imparato l'uso del diaframma e altri metodi efficaci e non devastanti, si parlava anche del problema aborto. C'era una rete di solidarietà, per me un'esperienza fortissima, un mondo strabiliante per la mia vita precedente.
Esaminavamo anche i sentimenti fra donne, anche quelli negativi, il gruppo era luogo di grande esperienza del mondo femminile. Una vera scoperta del mondo femminile, un vissuto, una scoperta di sentimenti nuovi. Un conosci te stesso, nel bene e nel male. Altra novità per me, il lesbismo, non ne avevo mai parlato, un mondo sconvolgente con cui entravo a contatto, vissuto con pregiudizi da altri.
Gianna:
Si vivevano forti contraddizioni tra il politico e il privato; nelle assemblee e nelle manifestazioni si esprimevano atteggiamenti di forte contrapposizione agli uomini, il che comportava poi la difficoltà di mediare l'ideologia cavalcata nei rapporti di coppia, nella sorellanza con le donne mentre esplodeva la competizione femminile. Era una costante contraddizione tra ideologia, sentimenti, utopie, emozioni.
Ricordo anche il femminismo vissuto all'interno del mio lavoro come insegnante in una scuola professionale tutta al femminile, il rapporto con le colleghe, le assemblee sindacali, le assemblee con le studentesse, i cortei. Tutto era estremamente emozionante!
- E verso la fine degli anni Settanta come si è sviluppata la vostra esperienza?
Gianna:
Verso la fine degli anni Settanta l'evoluzione sociale aveva tolto energia alla lotta femminista.
I partiti di sinistra avevano portato avanti con successo idee di "uguaglianza" tra uomo e donna svilendo il nostro progetto politico in contrapposizione alla nostra ideologia di liberalizzazione da ogni schiavitù.
Un po' delusa ed amareggiata, non mi rimaneva che rivolgermi al privato; nel frattempo il mio matrimonio era fallito, il nostro gruppo femminista si era sciolto, i rapporti interpersonali allentati.
Era terminato un periodo intenso della mia vita, bisognava voltare pagina.
Franca:
Dal '79 ho sentito come esaurito il compito del salario e mi sono messa nel Coordinamento dei Precari della scuola, con convegni a livello nazionale, contro il piano del Governo che riduceva spazi e autonomie di noi lavoratori della scuola e avevamo adottato la pratica dello sciopero degli scrutini, controllato il meccanismo delle nomine.
La realtà era evoluta, la legge sull'aborto approvata, vi era stato un cambiamento di mentalità nella società italiana.
- A distanza di trent'anni potete oggi esprimere una valutazione di quel decennio?
Gianna:
Per me è stata una esperienza molto importante e sicuramente positiva, mi ha permesso di scoprire realtà diverse dalla mia, anche se oggi penso che le motivazioni profonde che mi hanno portato ad entrare nel movimento femminista fossero altre. Solo dopo un'attenta ricerca personale durata anni ho capito che il movimento femminista incarnava politicamente una mia conflittualità con il potere identificato col maschile e che ingenuamente pensavo di risolvere con una lotta esterna. Ma il femminismo ha avuto il merito di darmi la possibilità di tirar fuori queste problematiche e di viverle sul piano dello scontro politico. Questa presa di coscienza ha necessitato tempi lunghissimi di metabolizzazione di quel vissuto per ricercare un mio diverso equilibrio fra il femminile e il maschile.
È stato molto bello; come tutte le esperienze totalizzanti mi ha lasciato anche qualche ferita, ma mi è servito tanto.
Quello che sono ora, lo devo anche a quegli anni di lotta. E oggi quando vedo che le giovani donne possono godere di qualche vantaggio in più rispetto a noi ragazze degli anni Settanta, sono contenta di esserci stata dentro alla storia del femminismo e di aver dato, anche se piccolo, il mio contributo.
Franca:
Mi fai venire in mente gli slogan che gridavamo: dito,dito orgasmo garantito e tremate, tremate le streghe son tornate! Per me significativi, per dire che cosa ha rappresentato per me la militanza femminista che oggi considero un privilegio, in questi due slogan c'è il coraggio che le donne hanno avuto di rendere pubblico tutto quello che invece fino ad allora bisognava tenere nascosto, di quella che è una parte sostanziale della femminilità e quindi la rivendicazione di vivere totalmente la propria sessualità e la libertà di essere se stesse, al di là degli stereotipi. Le streghe distruggono certi stereotipi, la bellezza, la giovinezza, la seduttività. Penso anche alle competenze professionali, cioè rivendicare un sapere femminile, sovversivo. Per me una grande esperienza di sprovincializzazione, conoscere donne di varie parti d'Italia è stato molto importante, un allargamento anche linguistico, un altro modo di usare il linguaggio, un aumento di strumenti di analisi, una maggiore capacità di confronto, conoscenza di vissuti di donne di cui non ero al corrente e una maggiore conoscenza di me stessa nelle conflittualità e potenzialità. Potrei concludere che è stato un privilegio avere fatto questa esperienza.
Pour citer cette ressource :
Maurizia Morini, "Entretien avec Franca et Gianna", La Clé des Langues [en ligne], Lyon, ENS de LYON/DGESCO (ISSN 2107-7029), novembre 2007. Consulté le 04/11/2024. URL: https://cle.ens-lyon.fr/italien/civilisation/xxe-xxie/le-mouvement-des-femmes/entretien-avec-franca-et-gianna