Vous êtes ici : Accueil / Littérature / Bibliothèque / Giovanni Fasanella e Sabina Rossa, «Guido Rossa, mio padre» (2006)

Giovanni Fasanella e Sabina Rossa, «Guido Rossa, mio padre» (2006)

Par Maurizia Morini : Lectrice d'italien MAE et historienne - ENS de Lyon
Publié par Damien Prévost le 12/01/2010

Activer le mode zen PDF

Fiche de lecture du roman ((Guido Rossa, mio padre)) de Giovanni Fasanella et Sabina Rossa, paru aux éditions BUR en 2006.
9788817010658g.jpg
 

 

Gli autori

Giovanni Fasanella è nato nel 1954, è scrittore, giornalista e autore di racconti per il cinema, ha scritto numerosi libri sulla storia italiana più recente, da ultimo con Gianfranco Pannone, Il sol dell'avvenire, Chiarelettere, 2009.

Sabina Rossa è nata a Genova nel 1962, è laureata in Scienze Motorie ed è stata docente di educazione fisica; è stata eletta nel 2008 Deputata del Partito Democratico e fa parte dell'Associazione italiana Vittime del terrorismo.

Il libro

Sabina Rossa ha raccolto più di 40 testimonianze e insieme al giornalista Giovanni Fasanella ha scritto un libro interessante sulla vita e l'uccisione del padre e ha contribuito a fornire un altro capitolo per capire meglio lo svolgersi degli anni settanta in Italia.

Il 24 gennaio del 1979 alle 6,30 del mattino, a Genova, Guido Rossa, sindacalista e operaio all'Italsider viene prima gambizzato e poi ucciso dalle Brigate rosse, davanti a casa.

Racconta la figlia:

Uscii per andare a scuola, passai accanto alla macchina di mio padre, ma non la vidi, non vidi il suo corpo riverso sul volante. Ancora oggi quello rimane il mio cruccio più grande. Se ne accorse lo spazzino.

Rossa aveva denunciato, in precedenza, alla vigilanza della fabbrica i suoi sospetti su un operaio che diffondeva volantini delle Br; molti avevano visto "il postino delle Br" ma nessuno voleva esporsi e quando il sindacalista parla, vengono chiamati i carabinieri, firma la denuncia assumendosi la responsabilità in prima persona.

Il principio a cui lui aveva improntato la sua vita, la chiave della sua personalità era il forte senso del dovere, in primo luogo verso se stesso: quando riteneva che una cosa giusta andasse fatta, la faceva, assumendosene tutti i rischi e le possibili conseguenze... Aveva detto a mia madre: Ognuno dovrà assumersi le proprie responsabilità. Io ho fatto il mio dovere e ho riferito quanto ho visto.

Sabina Rossa all'epoca aveva 16 anni e dopo circa trenta anni ha deciso di scrivere il libro quando è nata la figlia, per raccontarle chi era il nonno, accettando una dura realtà, fino ad ora rimossa. Ha raccolto interviste, ha parlato con gli ex-terroristi, con i magistrati, con i compagni di lavoro ed amici del padre. Ne è scaturito un libro inchiesta, politico e personale al tempo stesso, in cui accanto ad elementi noti, ne emergono altri nuovi mai veramente approfonditi, né all'epoca né successivamente.

L'uccisione di Guido Rossa suscitò un'ondata di polemiche, anche all'interno della sinistra, segnò uno spartiacque nella lotta al terrorismo e creò scompiglio anche nel movimento brigatista, poiché l'assassinio di un operaio servì a mutare decisamente l'atteggiamento verso la lotta armata sul finire degli anni settanta in Italia.

La classe operaia da quel momento condannò definitivamente la lotta armata, il Pci assunse una posizione altrettanto netta e fu l'inizio dell'epilogo politico delle Br.

Scrive Sabina:

Per quella parte della classe operaia che poteva provare ancora qualche simpatia, ha significato un netto cambio di posizione e un rifiuto assoluto; e tra il movimento brigatista causò scompiglio e dissenso interno.

L'autrice, durante la sua indagine, matura la scelta di andare a parlare con gli ex brigatisti che hanno sparato al padre, e racconta di non avere provato odio, di avere superato una prova importante e di sentirsi più forte, più serena.

Ha incontrato Vincenzo Guagliardo, oggi ergastolano in semilibertà; un secondo membro del commando è ancora latitante:

L' ho fatto perchè volevo sapere da lui come erano andate le cose. Se era vero che lo volevano solo gambizzare andò così per sbaglio o fu un omicidio premeditato. Quando l'ho incontrato... ho capito che oggi è una persona diversa. Mi ha detto che l'ordine era di gambizzare mio padre che Riccardo Dura, poi ucciso durante un blitz, lo colpì al cuore di sua iniziativa.

Se ne deduce, seguendo il filo del ragionamento della scrittrice che ci fossero due livelli nelle Br, uno di chi voleva dare solo un segnale verso "la spia che ha parlato!" e un secondo più alto e segreto, con collegamenti di diverso tipo, che ha come persona di riferimento Mario Moretti, che avrebbe invece ordinato di uccidere.

Altri incontri con ex militanti, altre verità, a volte divergenti, e l'impressione, afferma Sabina Rossa, che ogni volta che si tenti di approfondire si sbatta contro il muro delle mille versioni e dei mille si dice; dopo il colloquio con Renato Curcio riferisce che dietro le parole, che sono quasi sempre sincere, si intuisce una realtà ancora sommersa. Sono sempre più convinta che gli ex brigatisti stessi non conoscano per intero la vicenda che hanno vissuto. E' come se fossero stati i protagonisti di una tragedia al cui copione hanno collaborato anche mani e menti estranee.

Si fa riferimento alla nota "area di contiguità" che sembra avere avuto un ruolo importante e non ancora sviscerato nella storia brigatista.

Altra testimonianza è quella di Carlo Castellano, che ha il triste primato di essere il primo bersaglio iscritto al Pci colpito dalle Br e l'ex dirigente dell'Ansaldo di Genova ricorda lo shock provocato, all'interno del partito, alla scoperta che le Br erano anche la punta di un filone radicale e sotterraneo che si alimentava del mito della "Resistenza tradita" e della "Rivoluzione incompiuta" e per il quale era giunto il momento di completare l'opera. E ancora Castellano ricorda come nel partito c'era una frattura profonda tra una sinistra riformista e una minoranza velletaria e rivoluzionaria. La strategia del compromesso storico, lanciata da Berlinguer nei primi anni settanta, fece da detonatore.

Altri incontri significativi con i compagni del padre raccontano che Rossa faceva parte di una sorta di "intelligence" del Pci ed era stato incaricato di sorvegliare che cosa accadeva in fabbrica e di individuare gli infiltrati. Forse sapeva più cose di quanto immaginiamo...

La ricostruzione dei colloqui e dei fatti è sempre lucida e dettagliata e ci permette di avere ulteriori elementi di conoscenza sia dell'operaio e padre Guido Rossa che del contesto storico della fine degli anni settanta e nell'apprezzare pienamente l'uscita di questo libro terminiamo con le parole della stessa autrice.

Mi sono sempre occupata dei problemi del territorio, lo sviluppo, il porto. Ma è successo qualcosa: hanno iniziato a invitarmi in maniera incessante scuole e associazioni, chiedendomi di parlare di mio padre. C'è una nuova generazione che chiede il conto di quello che è successo. Se questo paese non costruisce una memoria collettiva su quegli anni terribili non riuscirà mai a scrivere per intero quella storia.

 

Pour citer cette ressource :

Maurizia Morini, Giovanni Fasanella e Sabina Rossa, Guido Rossa, mio padre (2006), La Clé des Langues [en ligne], Lyon, ENS de LYON/DGESCO (ISSN 2107-7029), janvier 2010. Consulté le 27/12/2024. URL: https://cle.ens-lyon.fr/italien/litterature/bibliotheque/giovanni-fasanella-e-sabina-rossa-guido-rossa-mio-padre