Benedetta Tobagi, «Una stella incoronata di buio. Storia di una strage impunita»
Ed anche un incrocio, un incontro che continua fra Manlio Milani, lo zio acquisito, e la scrittrice, l'io narrante, accomunati da una data e da una storia dai tratti simili. Il 28 maggio 1974 : strage a Brescia; il 28 maggio 1980 : Walter Tobagi fu ucciso.
L'inizio è questo:
Il tempo è diverso per i sopravvissuti. Il presente è sempre un dopo. Tu vivi ancora-lui, lei, loro no. Dopo nel fondo più oscuro, infiniti sensi di colpa. Colpa di esistere...Siamo testimoni. Siamo legati tra noi e dalla storia, dal nesso che connette ogni strage impunita agli omicidi brigatisti, ma ancor più dal mistero di una coincidenza che bussa insistente alla porta (p. 5-6).
Ed ancora nel capitolo finale,“ Il peso del cuore”, il dolore e il senso di colpa di Manlio, casualmente ancora vivo, a pochi metri dalla bomba:
Perché lei, loro, e non io? Perché io? Perché?
Il peso di essere vivo, come un dono e come una colpa...
Manlio ha tormentato se stesso per anni...
Si è rifatto una vita, ma non ha mai ceduto alla tentazione di sfuggire al passato gettando a mare tutto quel bagaglio emotivo...
Porta un peso gravoso, senza farsene schiacciare...
Ma sono i legami con gli altri e con il mondo a dare continuità, a conferire un'ossatura solida alla vita. A costruire senso (p. 431 e 433).
Queste frasi ci dicono molto, sull'uomo Manlio Milani, sul suo coraggio e sulla sua umanità e ci dicono anche tanto sul legame profondo che Benedetta ha intessuto: non solo ammirazione ma condivisione di senso, obiettivi e valori comuni.
La Tobagi aveva già scritto un libro intenso e nel contempo documentato Come mi batte forte il tuo cuore, sul padre, sugli anni settanta, sul dolore della figlia e sul bisogno di “ricostruire” la propria identità. Con questa seconda pubblicazione è evidente ora un impegno che prosegue, un impegno civile e un bisogno di capire, di ricerche di verità negli eventi di violenza politica che hanno interessato l'Italia.
Come detto, al centro della narrazione vi è Manlio Milani, operaio, sindacalista, che perse la moglie e amici nello scoppio della bomba fascista, piazzata in un cestino durante una manifestazione sindacale antifascista a Brescia nel 1974. Un uomo instancabile nel dare anima e corpo alla ricerca della verità, presidente dell'Associazione familiari delle vittime, sempre disponibile in Italia e fuori a portare la sua testimonianza per attività di formazione ed educazione, sempre presente nel corso di quaranta anni nelle varie fasi dei processi per la strage di Piazza Loggia.
Sisifo lo chiama Benedetta Tobagi con ammirazione e affetto e di lui ci offre questo giudizio:
Nella primavera del 2012, con la conferma di tutte le assoluzioni in appello, il masso di Sisifo precipita nuovamente a terra con un tonfo sordo. Eppure, ora mi rendo conto che la metafora non è adeguata. Il masso non torna mai al punto di partenza: ogni volta Sisifo è ripartito un poco più in alto, sulla base del terreno di conoscenze sedimentatosi in precedenza nel percorso tortuoso della giustizia, e la vetta è un po' meno lontana. Comunque vada il giudizio, i processi accumulano una quantità di documenti e ricostruzioni che che s'inscrive all'attivo nel bilancio della conoscenza storica. Sono poderosi costruttori d'archivi...Non è più il tempo di ripetere “io so, ma non ho le prove” osserva Manlio dopo l'ultima sentenza. Oggi è il contrario: abbiamo moltissime prove (p. 406-407).
Ma attenzione! non siamo di fronte ad un testo emozionale che modula le corde dei sentimenti; Benedetta Tobagi che è ricercatrice storica si è abbondantemente documentata sugli anni settanta, sulla strage di Brescia, leggendo, studiando e cercando di essere presente nelle lunghe fasi processuali. Il testo offre anche un'ampia documentazione di fonti: ne citiamo solo uno www.radioradicale.it/processi in cui è possibile ascoltare le udienze del processo d'appello per la strage di Piazza Loggia che si è svolto tra il febbraio e l'aprile del 2012.
Altrettanto preziosa è la ricostruzione dell'ambiente bresciano, negli anni Settanta, città industriale del tondino, con un padronato di nuovi ricchi un po' arroganti; Brescia è anche la città in cui operai cattolici si uniscono ai militanti antifascisti del sindacato Fiom ma è anche la città dei depistaggi e delle piste rivelatesi fasulle.
La Tobagi compone minuziosamente i i tasselli di un mosaico composito, fornendo riferimenti ideologici e ritratti degli uomini della destra eversiva, con una precisa analisi dei motivi per cui , di fatto, non esistono pentiti fra i terroristi neri.
Dietro ai silenzi vi è innanzitutto la paura (di parlare e di essere giustiziati dagli ex-compagni), accanto a resistenze interiori che stentano a tradire e a rinnegare il proprio passato e – elemento più inquietante- l'incapacità di sentire il peso del male che hanno compiuto. “Il vero guerriero deve avere una scheggia al posto del cuore”.
La ricerca di Benedetta Tobagi porta inevitabilmente alla loggia massonica P2 e strutture parallele, a funzionari dei servizi segreti, ad alti ufficiali dei carabinieri e delle Forze armate, a politici “opachi”. Più si va a fondo, più si finisce nelle sabbie mobili, nei silenzi, nel non detto, in un gioco di scarico di responsabilità che continua ancora oggi.
A conclusione della ricerca rispunta il cuore e la speranza e le parole finali del libro sono per Livia, da infilare nella sua valigia (sogno-incubo ricorrente per Manlio):
Una
stella
ha forse ancora luce.
Niente,
niente è perduto.
Pour citer cette ressource :
Maurizia Morini, "Benedetta Tobagi, «Una stella incoronata di buio. Storia di una strage impunita»", La Clé des Langues [en ligne], Lyon, ENS de LYON/DGESCO (ISSN 2107-7029), mai 2015. Consulté le 03/10/2024. URL: https://cle.ens-lyon.fr/italien/civilisation/bibliotheque/benedetta-tobagi-una-stella-incoronata-di-buio-storia-di-una-strage-impunita