Santi Pullarà, « La combinazione » (2016)
Santi Pullarà, dopo un lungo periodo di detenzione trascorso nel carcere di San Gimignano (Siena) ove ha conseguito nel 2011 una laurea in Storia, vive attualmente in Toscana in regime di semilibertà. La combinazione è il suo primo romanzo.
Iniziamo con una banalità: Cosa Nostra affascina l’immaginario, prova ne sono le innumerevoli narrazioni che ne sono state fatte, siano esse giornalistiche, sociologiche, giudiziarie, letterarie, cinematografiche, teatrali o finanche musicali. Tutti i campi del pensiero, tutti i campi dell’arte hanno dato spazio all’argomento, attirando costantemente l’attenzione del pubblico. Per tentare di porre subito fine al già detto, non ci dilungheremo sul perché di tale instancabile interesse per il soggetto in questione, ma sulle sue conseguenze: difficile è che un’opera letteraria possa ormai presentare Cosa Nostra sotto una luce davvero nuova e peculiare, tale da rendere l’opera stessa necessaria.
La combinazione di Santi Pullarà supera brillantemente questo impasse. Benché siano ovviamente presenti le grandi narrazioni che sappiamo ormai essere tristemente congiunte a Cosa Nostra (la moralità paradossale che fa dell’onore un totem ma che giustifica l’omicidio, l’opaco rapporto fra Stato e Mafia, i triviali riti d’iniziazione), il centro pulsante del romanzo è altrove.
Due sono i grandi motivi che dominano questa autobiografia romanzata che si sviluppa di padre in figlio lungo tre generazioni: la fatalità e la cultura. A proposito del primo termine, non possiamo che cominciare dal titolo particolarmente felice dell’opera. La combinazione è il rito per cui si entra ufficialmente fra i ranghi di Cosa Nostra. Dal momento in cui si è combinati all’interno della “Famiglia”, il destino del nuovo adepto è scritto una volta per sempre, poiché il vincolo che lo lega all’organizzazione non può essere sciolto se non con la morte. In lingua italiana la combinazione è un concorrere fortuito di fatti diversi, una circostanza imprevista. Ed è proprio così che viene presentata l’affiliazione nei ranghi mafiosi di molti personaggi del romanzo: come una coincidenza – certamente determinata dal luogo di nascita, dalla familiarità che si acquisisce rispetto a certi eventi, dalla normalizzazione della brutalità – ma che tuttavia un nonnulla potrebbe spazzare via.
Il lettore si trova così davanti a una gioventù siciliana che sciaguratamente non riesce a rimanere immune dal fascino del comando e che, così facendo, compromette per sempre la propria esistenza. Il caso di Vincenzo Cortese, esponente dell’ultima generazione della famiglia protagonista dell’opera, è forse il più emblematico. Il giovane va in carcere a Spoleto per comunicare al padre, a sua volta mafioso, la sua intenzione di combinarsi. Davanti ai molteplici tentativi di dissuasione del genitore, rimette per un istante in discussione la propria scelta, ma a porre fine al dissidio interviene la fatalità dei minimi eventi, come ci dice l’autore in una delle pagine più suggestive del romanzo: “E sarebbe bastato non farlo tornare in Sicilia per sottrarlo a un destino fatale”.
In un’opera che rifiuta ovvie divisioni manichee, il contraltare di questa sottomissione al fato è proprio la cultura: sono gli uomini dotati di qualche forma di sapere che, pur essendo implicati più o meno direttamente nella vicenda criminale, riescono a guardarla nel suo aspetto più misero, arrivando a disfare il mito mafioso di chi trama “i più odiosi crimini” sentendosi “investito di una missione dal Padre Eterno”. E non è un caso che in chiusura dell’opera, il luttuoso percorso verso il carcere di uno dei personaggi principali sia interrotto dalla consegna di due libri: il primo da parte della moglie, nel momento stesso dell’arresto; il secondo, da parte di una religiosa, quando è ormai nella desolata landa carceraria. Uno sbrecciato Vangelo, passato fra le mani di tanti altri detenuti, che è lì a suggellare l’importanza della riflessione, della lettura, della pietas. Del resto, in una prospettiva meta-letteraria, l’opera stessa è il segno dell’importanza della cultura: è attraverso la scrittura che il nostro autore rilegge il suo passato così controverso, rifiutando interamente l’abiezione delle scelte giovanili.
Pour citer cette ressource :
Elena Paroli, Santi Pullarà, La combinazione (2016), La Clé des Langues [en ligne], Lyon, ENS de LYON/DGESCO (ISSN 2107-7029), novembre 2018. Consulté le 14/11/2024. URL: https://cle.ens-lyon.fr/italien/litterature/bibliotheque/santi-pullara-la-combinazione