Nando dalla Chiesa, «Manifesto dell'Antimafia» (2014)
Questa l'intenzione dell'autore fin dalla copertina. Il libro è infatti una sorta di guida, breve ma molto chiara per ricordarci che la mafia in Italia esiste e che la tendenza alla rimozione è oggi forte.
Nando dalla Chiesa da oltre trent'anni si occupa a vari livelli di mafie: da figlio ( il padre , il generale Alberto dalla Chiesa fu ucciso a Palermo nel 1982 ), da studioso ( è professore universitario di Criminalità organizzata, da militante civile ( è Presidente onorario di Libera e attivista ) e da politico, quindi ha visto il fenomeno da diverse prospettive e Il Manifesto porta a sintesi questa eterogenea mole di esperienze di vita.
Lo stesso autore precisa che il suo fortunato rapporto con le nuove generazioni ha costituito la spinta a scrivere il testo, pur avendo al suo attivo numerosissime pubblicazioni.
Per combattere la mafia occorre, innanzitutto, conoscerla e sapere riconoscere “il nemico”, per questo il libro fornisce strumenti per capire e per mettere in atto strategie per combatterla. I primi capitoli sono una sintesi degli studi e delle conoscenze di dalla Chiesa, con particolare attenzione all'espansione dei gruppi mafiosi nelle regioni del Nord d'Italia ed ai suoi rapporti di collusione e complicità. Quest'ultima è la vera forza della mafia: la cosiddetta zona grigia.
La seconda parte tratta degli strumenti necessari per un'adeguata azione anti-mafia, e delinea una serie di possibili interventi da attuare anche nel breve periodo.
Nel primo capitolo Il nemico sconosciuto, dalla Chiesa espone due precipui problemi: l'invisibilità del nemico e l'indisponibilità a conoscerlo; i clan mafiosi vanno dove ci sono più soldi, dove li possono investire, in borsa, nella finanza per esempio, attraverso una conquista progressiva del territorio e che si muove soprattutto dai piccoli paesi in Piemonte, in Lombardia, in Liguria, in Emilia. La parola chiave è conoscere, conoscere sempre di più.
Nel capitolo successivo La vera forza della mafia si parte da una tesi di fondo che si può riassumere nell'assunto che “la vera forza della mafia sta fuori dalla mafia”, in particolare nella sua invisibilità e nella sua capacità di corruzione. Una riflessione che chiama in causa anche le relazioni sociali: dal politico amico, all'impiegato comunale che dà le informazioni necessarie sulla pratica a cui il clan è interessato, al graduato che informa sul provvedimento giudiziario, al medico disposto a curare il latitante, all'infermiere disposto a cedere una stanza d'ospedale per un vertice d'affari, al professore disposto a promuovere lo studente “giusto”, al vigile urbano, al funzionario bancario, al cancelliere, al funzionario parlamentare. Una rete che può arrivare ai luoghi alti delle Istituzioni.
Attraverso una terminologia elementare ma chiara, dalla Chiesa così riassume le categorie antropologiche decisive per la vittoria della mafia: i complici, i codardi, i cretini,cioè le tre c, con le relative spiegazioni ed esemplificazioni reali.
La forza della mafia sta dunque nelle culture e nei comportamenti complici e funzionali, in quella zona grigia (capitolo terzo), termine mutuato da Primo Levi, “una zona incredibilmente complicata che alberga in sé quanto basta per confondere il nostro bisogno di giudicare” (p. 40).
Ne Il campo di battaglia, Nando dalla Chiesa partendo dalla convergenza nei rapporti tra Stato e mafia illustra come sia questa la principale chiave interpretativa dei successi delle organizzazioni criminali come Cosa Nostra, la camorra, la 'ndrangheta e degli anticorpi cioè degli spazi che può avere a disposizione anche il comune cittadino.
L'Antimafia possibile: nel percorrere la storia, negli ultimi trent'anni, del rifiuto delle convergenze si ricordano movimenti, associazioni e forme di impegno quali Avviso Pubblico, l'associazione dei Comuni italiani per la legalità; Stampo Antimafioso, il sito di studenti universitari milanesi; Alto milanese, il settimanale che ha denunciato per anni i rapporti fra politica e 'ndrangheta in un Comune milanese; I Siciliani giovani, mensile telematico; WikiMafia, la libera enciclopedia sulle mafie degli studenti di Scienze politiche di Milano; Narcomafie, la rivista pubblicata dal gruppo Abele; Addiopizzo e le Cooperative nate sui beni confiscati alla mafia e infine Libera, l'aggregazione di associazioni, nomi e numeri contro le mafie, di cui si celebra quest'anno il ventennale.
Nel quinto capitolo Le infrastrutture dell'Antimafia, vengono nominate le infrastrutture culturali e morali dell'Antimafia; eccole: il rispetto; la capacità di ascolto; la ricchezza del linguaggio; e su tutto il valore della fatica e il valore della partecipazione, partecipazione anzitutto mentale e rifiuto dell'indifferenza.
Infine in Passaggi obbligati, la politica, l'imprenditoria, la magistratura sono le tre grandi aree in cui agire per indebolire la struttura di relazioni che garantisce agli interessi mafiosi la convivenza con la società legale. Per concludere con parole di speranza dell'autore: “Nulla di ciò che esiste e si muove resta senza produrre effetti su tutto il resto. Nel male ma anche nel bene” (p. 109).
Pour citer cette ressource :
Maurizia Morini, Nando dalla Chiesa, Manifesto dell'Antimafia (2014), La Clé des Langues [en ligne], Lyon, ENS de LYON/DGESCO (ISSN 2107-7029), janvier 2015. Consulté le 05/12/2024. URL: https://cle.ens-lyon.fr/italien/civilisation/bibliotheque/nando-dalla-chiesa-manifesto-dell-antimafia