Vous êtes ici : Accueil / Arts / Cinéma / Gianfranco Rosi, «Fuocoammare» (2016)

Gianfranco Rosi, «Fuocoammare» (2016)

Par Giovanni Gafà : Insegnante d'italiano - Istituto Italiano di Cultura
Publié par Alison Carton-Kozak le 06/03/2018

Activer le mode zen PDF

En lien avec notre dossier sur le thème de l'immigration, Giovanni Gafà propose une introduction au film-documentaire de Gianfranco Rosi consacré aux migrants de Lampedusa.

 

Fuocammare

Source : Youtube, FUOCOAMMARE (2016) di Gianfranco Rosi- Trailer ufficiale ITA HD

 

Per pensare e girare il suo ultimo lungometraggio, Gianfranco Rosi ha vissuto per oltre un anno sull’isola di Lampedusa, punto di primo approdo per buona parte del flusso migratorio che dalle vicine coste africane muove verso l’Italia e l’Europa. L’opera frutto di questa immersione, come del resto il precedente Sacro GRA, non è facilmente ascrivibile al territorio del documentario o del film, tanto da poter essere candidata all’Oscar nella prima categoria, e vincere, nella seconda, l’Orso d’Oro al Festival di Berlino nel 2016.

Questa duplice natura trova eco nella struttura del film, che giustappone le vicende di alcuni abitanti di Lampedusa ai destini dei migranti. Il racconto cinematografico si concentra in particolare sull’ordinaria quotidianità del piccolo Samuele Pucillo, figlio di una famiglia di pescatori. Mentre il bambino gioca con la fionda e la radio locale diffonde canzoni del folclore siciliano, l’ufficio della Marina Militare riceve un SOS. Le motovedette della guardia costiera traggono in salvo da precari barconi decine di uomini e donne in fin di vita, ustionati dai carburanti, stremati dall’arsura, dalla fame, dalla disidratazione. A prestare loro soccorso medico è il dottor Pietro Bartolo, che da anni effettua la prima visita di ogni immigrato giunto a Lampedusa. Ed è sempre Bartolo, nel poliambulatorio dell’isola, a diagnosticare a Samuele un occhio pigro.

Il racconto di Fuocammare alterna il passo lento, quasi immobile delle esistenze dei lampedusani, a quello concitato ed erratico dell’arrivo dei migranti. A questi diversi ritmi narrativi corrisponde una differente cromia: opaca, dilavata la Lampedusa che percorre Samuele, spesso avvolta da un uniforme grigiore di nuvole a cui sembrerebbe difficile poter ricondurre un’isola in pieno Mediterraneo; vividi e ricchi di contrasti, sotto un cielo terso, i colori con cui si raccontano le operazioni di salvataggio. Se riguardo a queste ultime sono state avanzate da alcuni ipotesi di rimessa in scena a favore della telecamera di Rosi, tanto appaiono pulite e nitide le riprese, difficile è identificare nell’interpretazione dei protagonisti lampedusani (tutti scelti fra abitanti del luogo, senza attori professionisti) l’eventuale confine fra il rispetto di un copione anche solo indicativo e la registrazione di situazioni realmente accadute. Anche questi elementi rendono problematica l’attribuzione di Fuocammare a un genere.

La diversa scansione del racconto e la diversa fotografia in cui prendono corpo rispettivamente le vite degli isolani e quelle dei migranti contribuiscono a dare l’impressione che esse corrano su binari paralleli, senza contatti. Con i profughi, confinati nello stretto cerchio prima del barcone, poi delle navi della marina militare, e infine dei centri di prima accoglienza, si relazionano i volontari, il personale medico e militare, ma non i cittadini di Lampedusa. Questi vengono rappresentati intenti in operazioni consuetudinarie, occupati a preparare un piatto di pasta o a ordinare la camera da letto. I dialoghi, fra gli abitanti dell’isola o fra i soccorritori e i migranti, sono quasi assenti, e mai, nel racconto, i lampedusani fanno riferimento all’altra realtà che si svolge contemporaneamente a poca distanza dalle loro abitazioni, se non incidentalmente, come a suggerire mondi che non possono comunicare.

È vero che i centri abitati si trovano piuttosto lontano dai locali destinati alla prima accoglienza dei migranti, ma che l’esistenza di questi ultimi abbia un ruolo così marginale nei discorsi della comunità originaria dell’isola (che per la qualità indubbia dell’accoglienza è stata anche vicina a ottenere il premio Nobel per la pace) appare una deliberata scelta poetica di Gianfranco Rosi. L’autore sembra cioè aver orchestrato un gioco di rimandi (il messaggio di radio-soccorso e le richieste di canzoni al dj della radio, il mal di mare di Samuele e le sofferenze dei migranti, le devozioni dell’anziana lampedusana e il canto accorato dei nigeriani) volto a mostrare la coesistenza di due isole nello stesso, esiguo spazio al centro del Mediterraneo. Se questa chiave di lettura è corretta, ci suggerisce la rappresentazione di un’Europa che, pur vicinissima all’immane tragedia delle migrazioni di massa (in quale luogo, più che a Lampedusa, questa vicinanza prende corpo?), ne resta comunque separata, distante, anche quando vi partecipa positivamente con la solidarietà. La vicenda che si svolge accanto a noi è straordinaria, ma questo non muta facilmente l’ordinario svolgersi delle nostre abitudini. Il nostro occhio, come quello di Samuele, non è ignaro, ma semplicemente pigro, e questa considerazione in Gianfranco Rosi non assume la tonalità della condanna, ma della semplice constatazione.

Tuttavia, esiste un punto in cui le vicende ordinarie dei lampedusani e quelle straordinarie dei migranti si incontrano, come a uno scambio di binari, ed è costituito dall’uomo Pietro Bartolo, che condivide le esperienze di entrambi i mondi, diagnostica l’ansia a Samuele e la gravidanza a una giovane immigrata. Portando in primo piano la sua figura, Gianfranco Rosi si rivolge allo spettatore indicando una scelta diversa da quella di essere, appunto, spettatore passivo, ora commosso, ora distratto, ora preoccupato, vicinissimo ma pur sempre estraneo, del fenomeno migratorio che coinvolge il nostro paese negli ultimi decenni. Una scelta che non è da tutti abbracciare, ma che indica una possibile via per cessare di vivere su un’isola.

Fuocammare prende il titolo dall’espressione usata dagli abitanti di Lampedusa, durante la seconda guerra mondiale, per riferirsi al lancio di razzi segnalatori da parte delle navi che incrociavano al largo del Mediterraneo. Un diverso segnale, altrettanto allarmante, ci arriva oggi da quelle stesse acque.

 

Pour citer cette ressource :

Giovanni Gafà, Gianfranco Rosi, Fuocoammare (2016), La Clé des Langues [en ligne], Lyon, ENS de LYON/DGESCO (ISSN 2107-7029), mars 2018. Consulté le 08/12/2024. URL: https://cle.ens-lyon.fr/italien/arts/cinema/gianfranco-rosi-fuocoammare-2016