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Leopardi ottimista : un mito del Novecento

Par Stéphanie Lanfranchi : Maître de conférences - ENS de Lyon
Publié par Damien Prévost le 21/12/2009

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La tesi di un ottimismo di Leopardi non è in realtà un'invenzione del Novecento, ma la ripresa e la diffusione di un mito che ricorre, sotto varie formulazioni, sin dal secolo precedente. Così come la critica leopardiana ha distinto varie fasi del pessimismo leopardiano, essa ha anche definito diverse forme di ottimismo nel pensiero e nella poesia di Leopardi, benché questa caratterizzazione sia ben meno nota della prima. Eppure, tale distinzione si trova già nelle pagine di un De Sanctis o di un Carducci nella seconda metà dell'Ottocento.

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Questo testo è il riassunto dell'intervento svoltosi il 12 novembre 2009 all'Université Jean Moulin LYON 3.

La tesi di un ottimismo di Leopardi non è in realtà un'invenzione del Novecento, ma la ripresa e la diffusione di un mito che ricorre, sotto varie formulazioni, sin dal secolo precedente. Così come la critica leopardiana ha distinto varie fasi del pessimismo leopardiano, essa ha anche definito diverse forme di ottimismo nel pensiero e nella poesia di Leopardi, benché questa caratterizzazione sia ben meno nota della prima. Eppure, tale distinzione si trova già nelle pagine di un De Sanctis o di un Carducci nella seconda metà dell'Ottocento.

Ottimismo è, difatti, quello descritto da quest'ultimo quando, in una sua famosa sua analisi de La Ginestra, formula l'ipotesi di un messaggio positivo ed umanitario, presagio - attraverso il richiamo leopardiano alla "social catena" - dei temi socialisti. Ma ottimismo è anche quello descritto da Francesco De Sanctis che, in un suo confronto, anch'esso ben noto, tra Leopardi e Schopenhauer, descrive l'effetto positivo prodotto dalla lettura di Leopardi e dice:

Leopardi produce l'effetto contrario a quello che si propone. Non crede al progresso, e te lo fa desiderare; non crede alla libertà, e te la fa amare. Chiama illusioni l'amore, la gloria, la virtú, e te ne accende in petto un desiderio inesausto((Francesco De Sanctis, Leopardi e Schopenhauer, 1858.)).

Quando afferma che la lettura di Leopardi incita all'azione e alla speranza, De Sanctis pone in realtà le fondamenta di una certa interpretazione ottimistica (ottimismo nell'effetto prodotto, quindi ottimismo dell'azione) che riscontra sin dall'Ottocento un grande successo. I patrioti che - come ci racconta Carducci((Carducci cita questa frase - attribuendone la paternità a Marco Monnier - in occasione del discorso per il centenario della nascita di Leopardi (ora in Prose di Giosuè Carducci, Bologna, Zanichelli, 1907).)) - sulle barricate urlavano « Con Manzoni in chiesa, con Leopardi alla guerra » ne danno una prima dimostrazione. Ma è soprattutto nel secolo successivo che quest'ottimismo dell'azione, misto ad un ottimismo propriamente patriottico, diventa una tematica ricorrente.

La specificità della critica novecentesca è di aver spesso trasformato un'interpretazione secondaria che non contraddice, in fin dei conti, la tesi di un pessimismo fondamentale di Leopardi, in una lettura dominante. Tale ribaltamento è inaugurato dal saggio del 1916 di Giovanni Gentile sulle Operette Morali che, senza aderire pienamente all'idea di un ottimismo leopardiano, ne conforta in qualche modo il fondamento teorico con l'idea di un'ultrafilosofia che superi il momento della distruzione e della disperazione ed esalti la superiorità dello spirito sulla triste condizione della materia. Nel decennio successivo, una serie di saggi sviluppa e diffonde l'ipotesi di un Leopardi profondamente ottimista((Citiamo per esempio i testi di Giovanni Bertacchi, Un maestro di vita : saggio leopardiano, del 1917 ; di Giuseppe Piazza, L'ottimismo e la sanità di Giacomo Leopardi (1922) e il libro di Cirillo Berardi, Ottimismo leopardiano del 1925.)). Al di là delle analisi specifiche proposte da ciascuna di queste letture critiche, si profila chiaramente un movimento d'insieme, una tendenza generale nelle riflessioni su Leopardi, indice di un nuovo clima politico ed ideologico. Durante e dopo la prima guerra mondiale, infatti, con l'emergenza di ideologie che sembrano richiedere « strutturalmente » una visione ottimistica della realtà e della storia, essa s'impone progressivamente, fino a diventare un Leitmotiv della critica degli anni Trenta. Le varie ideologie fasciste sono infatti accomunate dalla fiducia ottimistica nella Nuova Italia, l'Italia fascista, promessa ad un radioso avvenire. Il messaggio patriottico del Leopardi diventa dunque, nella lettura fascista, un messaggio di ottimismo diretto agli Italiani.

L'ottimismo patriottico del Leopardi è, durante il Ventennio fascista, una tematica talmente ricorrente, diffusa e volgarizzata, che nel secondo Novecento sembra subire ancora l'ipoteca fascista, e sparire completamente dalle analisi dei critici letterari. La nostra ipotesi è che sussiste però un'impronta di questa lettura ottimistica, ma non più patriottica, nella lettura marxista - inaugurata in particolare dal famoso testo di Luporini, Leopardi progressivo (pubblicato nel 1947) - che ricupera parzialmente la medesima logica e argomentazione.

Nel primo Novecento si afferma inoltre un'altra forma di lettura ottimistica, fondata su una diversa ideologia, che porterà ad un'eredità diversa: è quella dell'ottimismo mistico, sulla quale insistono in particolare le letture cattoliche dell'opera leopardiana. La loro importanza e il loro numero aumentano dopo il Concordato. Anche per quest'interpretazione è possibile individuare una forma di eredità critica nel secondo Novecento. Mentre, infatti, per i critici cattolici la disperazione leopardiana scaturisce in fine - come nell'ultimo verso de L'Infinito - in un anelito di misticismo che si accomuna al sentimento religioso, per parte della critica più recente si tratta invece di un misticismo che potremmo definire poetico. La speranza e l'ottimismo risiedono nel momento poetico.

L'ipotesi dell'esistenza di un filone critico ed interpretativo durante il Novecento, che evidenzia gli elementi ottimistici e progressisti del pensiero leopardiano, merita di essere più accuratamente studiata, in particolare per il periodo del Ventennio in cui ha goduto del massimo successo e della massima divulgazione. Questo significa rinvenire e studiare dei testi critici del periodo fascista che la critica del dopoguerra ha totalemente dimenticato, anzi occultato. Ma il valore di questi testi non è un valore critico o euristico in sé; è un valore storico e documentario, che ci informa però dell'evoluzione della critica leopardiana, la quale forse - in modo sotteranneo e latente - risente ancora oggi di questa lettura.

 

Pour citer cette ressource :

Stéphanie Lanfranchi, "Leopardi ottimista : un mito del Novecento", La Clé des Langues [en ligne], Lyon, ENS de LYON/DGESCO (ISSN 2107-7029), décembre 2009. Consulté le 29/03/2024. URL: https://cle.ens-lyon.fr/italien/litterature/leopardi-ottimista-un-mito-del-novecento