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Licia Pinelli, Piero Scaramucci, «Una storia quasi soltanto mia» (2009)

Par Maurizia Morini : Lectrice d'italien MAE et historienne - ENS de Lyon
Publié par Damien Prévost le 09/03/2010

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Scheda di lettura del libro ((Una storia quasi soltanto mia)) di Licia Pinelli e Piero Scaramucci, pubblicato nel 2009 da Il Maestrale.

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Gli autori

Licia Rognini Pinelli è nata a Senigallia nel 1928, in seguito si è trasferita a Milano con i genitori; viene mandata in seguito a Roma nel '43 quando Milano è bombardata e vi tornerà dopo la Liberazione. Fa l'impiegata e sposa Giuseppe Pinelli nel '55, ha due figlie. Dopo la morte del marito è ancora attiva per ottenere verità e giustizia.

Piero Scaramucci è nato a Praga nel 1937, è giornalista; è stato inviato speciale alla Rai, e direttore di Radio Popolare. Oggi è vicepresidente del Comitato Regionale per le comunicazioni della Lombardia.

Il libro

Il racconto della vedova di Giuseppe Pinelli: dalla nascita di un amore nella Milano anni cinquanta alla tragedia di una morte che ha segnato la storia d' Italia nel 1969.
Copertina

Il libro è la ristampa aggiornata dell'intervista di Piero Scaramucci a Licia Rognini, vedova dell'anarchico Giuseppe Pinelli, precipitato dalla finestra del 4° piano delle Questura di Milano, dove era illegalmente trattenuto, nella notte del 15 dicembre 1969, tre giorni dopo la strage alla Banca dell'Agricoltura a Piazza Fontana.

La nuova edizione è dedicata alla giornalista Camilla Cederna che, recandosi all'epoca all'ospedale e poi in questura, si rese immediatamente conto delle falsità e delle contraddizioni delle versioni ufficiali delle forze dell'ordine che attribuivano a Pinelli e agli anarchici la colpevolezza per Piazza Fontana.

L'occasione della ristampa è data dal recente incontro avvenuto al Quirinale, nel Giorno della Memoria, fra Licia Pinelli e Gemma Capra, vedova del commissario Calabresi, presente in Questura quella tragica notte. Il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, alla presenza dei familiari delle vittime del terrorismo ha affermato che Giuseppe Pinelli fu vittima due volte, prima di pesantissimi infondati sospetti e poi di un'improvvisa, assurda fine.

Una storia quasi soltanto mia, è arricchito dal racconto di questa giornata e da una nuova intervista a Licia su quello che ora potrebbe cambiare nella ricerca della verità e della giustizia e da alcuni brevi contributi di persone che, in diversa misura, hanno avuto a che vedere con le vicende dei coniugi Pinelli (ricordiamo, fra gli altri, Giorgio Bocca e Corrado Stajano, Dario Fo e Franca Rame, Lella Costa, Bruno Manghi). A completamento dei riferimenti storici, una cronologia della "strategia della tensione" dal 1965 ai giorni nostri e una bibliografia aggiornata.

Il libro racconta una storia personale, testimoniata da una donna del popolo, che si è trovata implicata in una tragedia che ha colpito lei ma anche tanti altri; una madre che ha cresciuto da sola le due figlie, portando su di sé anche il peso di un'ingiustizia.

La vita dei coniugi Pinelli, come emerge dalla intervista, è stata di grande coerenza rispetto alle convinzioni politiche; Giuseppe apriva la sua casa a tutti, discuteva apertamente, era dotato di grande umanità; Licia, più riservata si confrontava con il mondo attraverso le tesi degli studenti che lei dattilografava.

Questa donna dimostra grande dignità nel suo dolore, un dolore privato, riservato e la voce si fa sentire solo nel chiedere verità e giustizia.

Dice Licia Pinelli:

soltanto la verità può restituirmi una quiete capace di tenere lontano i ricordi. Voglio conoscere la verità. Non mi interessa la punizione dei colpevoli. Voglio sapere chi ha fatto cosa. Chiedo che siano attribuite delle responsabilità.

E ancora:

non parlo della giustizia dei tribunali, ormai. Per me, giustizia è la consapevolezza degli uomini di che cosa è accaduto. Che si sappia chi ha ucciso Pino.

Idee chiare, lucide che ritroviamo con coerenza in queste altre parole:

...non mi sento sconfitta perchè ho fatto tutto quello che potevo fare nell'ambito della legalità. Gli sconfitti sono coloro che non hanno avuto il coraggio di arrivare a scoprire la verità. Caizzi ha parlato di morte accidentale, Amati di suicidio, D'Ambrosio "((Caizzi, Amati, D'Ambrosio : giudici (ndr)))" di Disgrazia plausibile. Dimmi tu chi sono gli sconfitti. Certo, c'erano le bugie dei poliziotti, poi con gli anni diventa sempre più difficile ricostruire la verità. Ma non raggiungere la verità giudiziaria è una sconfitta dello Stato. E' lo Stato che ha perso appunto perchè non ha saputo colpire chi ha sbagliato. Perchè in un modo o nell'altro, voglio dire direttamente o indirettamente, Pino è stato ucciso. E poi non è una questione di vincere o di perdere: semplicemente uno Stato che non ha il coraggio di riconoscere la verità è uno Stato che ha perduto, uno Stato che non esiste... (pag. 23)

E' naturale chiedersi di fronte a queste parole: e lo Stato oggi rinuncia ancora a questo  ruolo di garante della verità?

 

Pour citer cette ressource :

Maurizia Morini, Licia Pinelli, Piero Scaramucci, Una storia quasi soltanto mia (2009), La Clé des Langues [en ligne], Lyon, ENS de LYON/DGESCO (ISSN 2107-7029), mars 2010. Consulté le 27/11/2024. URL: https://cle.ens-lyon.fr/italien/litterature/bibliotheque/licia-pinelli-piero-scaramucci-una-storia-quasi-soltanto-mia