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Agnese Moro, «Un uomo così. Ricordando mio padre» (2003)

Par Maurizia Morini : Lectrice d'italien MAE et historienne - ENS de Lyon
Publié par Damien Prévost le 04/05/2010

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Scheda di lettura del libro ((Un uomo così. Ricordando mio padre)) di Agnese Moro, pubblicato da Rizzoli nel 2003.

L'autrice

Agnese Moro è sociopsicologa, ricercatrice di Laboratorio di scienze della cittadinanza e socia di Asdo, Assemblea delle donne per lo sviluppo e la lotta all' esclusione sociale. Un uomo così, ha ricevuto il Premio speciale Anna Maria Ortese nella XX edizione del Premio letterario Rapallo-Carige.

Il libro

Un uomo sobrio, mai una parolaccia, mai uno scatto d'ira, attento, non scordava mai una faccia, né un nome, né una storia.

Il libro è la riedizione del fortunato testo uscito nel 2003, che ha portato l'autrice in giro per l'Italia a presentarlo.

Ho visto sale piene, persone attente, ragazzi interessati. Partecipazione ed affetto; intelligenza e profonda comprensione delle cose; desiderio di conoscere e ricordo. Voglia di dialogare sulla nostra storia, sulle persone che l'hanno animata, sull'oggi con le sue tante ombre e sul futuro. Voglia di verità. Di limpidezza e di rispetto...

Il viaggio che questo libro propone - dalle stanze di casa nostra alle strade d'Italia - attraversa la vita di un uomo semplice, pieno di sentimenti, di speranza e di impegno. Un uomo che ha amato molto il suo Paese e non lo ha dimenticato. (pagg. 5 e 6)

Agnese Moro, da anni gira l'Italia tra scuole, biblioteche, parrocchie  per ricordare la figura umana del padre e per salvarla dall'oblio - afferma - in cui hanno cercato di farla cadere. E' la terzogenita di Aldo Moro, presidente della Democrazia Cristiana, partito che ha governato l'Italia per quaranta anni, cinque volte presidente del Consiglio dei ministri, rapito e ucciso dalle Brigate rosse nel 1978 dopo 55 giorni di sequestro.

Fin dall'introduzione l'autrice dichiara apertamente il suo intento:

Queste pagine sono nate dal desiderio di far conoscere ai miei figli qualcosa del loro nonno, che non hanno potuto incontrare in questa vita e che sono abituati a vedere riproposto alla televisione nella terribile fotografia da prigioniero delle Brigate rosse o cadavere nel portabagagli di una macchina circondata da persone agitate. Volevo farglielo vedere, invece, così come lo avevo visto io e come mi è rimasto nel cuore. Ho raccolto e selezionato dei ricordi che potessero dare almeno una impressione di lui. (pag. 8)

Tuttavia il ricordo di quel terribile evento rivive nella lettura di tre lettere, scritte da Aldo Moro, durante la prigionia e ritrovate in un covo delle Brigate rosse, in fotocopia, dieci anni dopo la sua morte e che la figlia ha inserito nel libro.

Una è diretta al nipote Luca, l'unico che ha conosciuto, un'altra all'autrice, l'ultima alla moglie; quest'ultima così amata, che, come viene ricordato, Moro non era presente alla Camera dei deputati quando venne ratificato il Patto Atlantico, poiché in quelle ore nasceva la figlia Anna e lui era vicino alla moglie non volendo mancare a quell'evento.

Nel ricordo del padre, Agnese Moro sottolinea la figura dello statista, dell'uomo politico impegnato e coerente ma anche genitore premuroso e attento con la volontà di recuperarne l'eredità politica, l'opera di una vita avendo, afferma, la potenza mediatica offuscato l'immagine.

Vuole soprattutto sottolineare un semplice principio: non si uccide mai un simbolo ma una persona.

Nelle pagine che descrivono la figura di padre abbiamo una chiave in più per approfondire la figura pubblica ed emerge il ritratto complessivo di un uomo che ci fa capire come sia impossibile cancellare il ricordo di chi si è amato profondamente.

Emerge con forza, in questo senso, la lezione di Aldo Moro, sempre di attualità: la scelta radicale per "il bene", il bene concreto, quello che si produce nella storia, nella società. Spesso il male è più appariscente ma si deve conservare l'idea di non perdere la capacità di guardare il bene, di sostenerlo e farlo valere; quel bene che è dentro di noi.

Questa linea di condotta positiva la ritroviamo nella conclusione che l'autrice, nel definire il ricordo del padre, a distanza di circa trenta anni dalla morte, ricco, complesso e più collettivo quando dichiara, scrivendo degli italiani:

Non siamo solo produttori di immondizia non raccolta, di criminalità organizzata, di debolezza politica, di prepotenza. Siamo anche un grande Paese, che è stato in grado di produrre nel passato, ma ancora oggi, come ho cercato di comunicare presentando la ricchezza umana e sociale che ho incontrato nei miei viaggi, persone piene di capacità e abnegazione...

Papà fa parte di questa radice, inattaccabile, che ci portiamo dentro, che ci lega a una storia di democrazia e di impegno civile; che ci fa lasciare le nostre sicurezze, e costruire e sperare anche quando tutto, intorno a noi, ci scoraggerebbe dal farlo. (pag. 196)

 

Pour citer cette ressource :

Maurizia Morini, "Agnese Moro, «Un uomo così. Ricordando mio padre» (2003)", La Clé des Langues [en ligne], Lyon, ENS de LYON/DGESCO (ISSN 2107-7029), mai 2010. Consulté le 16/04/2024. URL: https://cle.ens-lyon.fr/italien/litterature/bibliotheque/agnese-moro-un-uomo-cosi-ricordando-mio-padre