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Antonio Pennacchi, «Canale Mussolini» (2010)

Par Maurizia Morini : Lectrice d'italien MAE et historienne - ENS de Lyon
Publié par Damien Prévost le 08/10/2010
Scheda di lettura del romanzo ((Canale Mussolini)) di Antonio Pennacchi pubblicato nel 2010 da Mondadori. Ha vinto il Premio Strega 2010.

 

Antonio Pennacchi è nato a Latina nel 1950; è stato operaio in fabbrica fino a cinquanta anni. Ha pubblicato, fra gli altri: Palude, Donzelli 1995; Il fasciocomunista, Mondadori 2003 (Premio Napoli), da cui il film Mio fratello è figlio unico; Shaw 150. Storie di fabbrica e dintorni, Mondadori 2006; Fascio e martello. Viaggio per le città del Duce, Laterza, 2008.

L' autore collabora alla rivista Limes.

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Premio letterario Strega 2010
II° al Premio letterario Campiello 2010

Bello o brutto che sia, questo è il libro per cui sono venuto al mondo. Fin da bambino ho sempre saputo di dover fermare questa storia - le storie difatti non le inventano gli autori, ma girano nell'aria cercando chi le colga - e raccontarla prima che svanisse. Nient'altro. Solo questo libro.

Ogni altra cosa che ho fatto - bella o brutta che sia - l'ho sempre sentita come preparazione e interludio a questa. Anche gli altri libri sono nati in funzione di questo e solo per lui mi sono messo a studiare le storie più strambe di questo mondo, dall'uomo di Neandertal all'architettura e bonifiche fasciste: solo per poter fare questo libro. Non sembrerà quindi strano se a un certo punto capiterà di imbattersi in brani o cose già lette negli altri. Non è lui che copia da loro. Sono loro che furono scritti per lui.

Non esiste naturalmente nessuna famiglia Peruzzi in Agro Pontino a cui siano capitate tutte le cose narrate qui. Sia la famiglia Peruzzi che la successione delle cose che le capitano - anche in riferimento ai personaggi storici realmente esistiti - non sono che frutto di invenzione: non è vero niente ed è tutta opera di fantasia. Non esiste però nessuna famiglia di coloni veneti, friulani o ferraresi in Agro Pontino - e anche questo è un fatto - a cui non siano capitate almeno alcune delle cose che qui capitano ai Peruzzi.

In questo senso e solo in questo, tutti i fatti qui narrati sono da considerarsi rigorosamente veri. (pag. 7)

a.p.

Questa l'apertura di un imponente romanzo (oltre 450 pagine), che potremmo definire romanzo epico / storico.

Pennacchi intende raccontare i grandi eventi della storia d'Italia attraverso le vicende degli umili; con episodi comici e drammatici delinea le contraddizioni di un popolo.

Il tutto viene sviluppato da un personaggio senza nome che parla e racconta ad un interlocutore misterioso e solo in conclusione scopriremo la sua identità con un bel colpo di scena finale.

I modelli dichiarati per l'ispirazione letteraria sono Il mulino del Po, di Bacchelli, I promessi Sposi, di Manzoni, La geografia, di Strabone, La vita, di Cellini con una commistione di generi che recupera pure il filò, il racconto della tradizione orale.

Il dialetto veneto-pontino che si parla in Canale Mussolini non è più, naturalmente, quello di Goldoni né - tanto meno - quello che si parla in Veneto oggi. Quando, per esempio, ci incontriamo con le mie cugine che sono rimaste lassù, qualche volta facciamo fatica a capirci. Il nostro è un impasto di rovigotto, ferrarese, trevigiano, friulano eccetera - contaminato da influenze laziali - privo di strutturazione grammaticale fissa, con le vocali ora aperte ora chiuse e le desinenze che cambiano da podere a podere e da situazione a situazione, anche spesso nello stesso parlante. Questo è però l' impasto che ho imparato da mia madre, e che probabilmente ho contaminato a mia volta nel corso degli anni. (pag. 457)

Al centro della narrazione vi è la saga dei Peruzzi, mezzadri di Codigoro nel ferrarese, e grande famiglia, le cui vicende vengono descritte dalla fine dell'Ottocento alla Seconda Guerra Mondiale e si intrecciano con il eventi della Prima Guerra Mondiale, le rivolte dei combattenti, la nascita dei fasci di combattimento, la marcia su Roma, il delitto Matteotti, le conquiste coloniali, la Seconda Guerra Mondiale.

Il focus del libro è imperniato sul trasferimento dei cispadani nel Lazio meridionale: è il grande esodo organizzato dal regime negli anni trenta che spinse migliaia di romagnoli, veneti e friulani ad emigrare nell'Agro Pontino.

Fu un esodo. Trentamila persone nello spazio di tre anni - diecimila all'anno - venimmo portati quaggiù dal Nord. Dal Veneto, dal Friuli, dal Ferrarese. Portati alla ventura in mezzo a gente straniera che parlava un'altra lingua. Ci chiamavano polentoni o peggio ancora cispadani. Ci guardavano storto. E pregavano Dio che ci facesse fuori la malaria.

Le prime righe del romanzo ci spiegano il motivo del trasferimento di tanta gente:

Per la fame. Siamo venuti giù per la fame. E perché se no? Se non era per la fame restavamo là. Quello era il paese nostro. Perché dovevamo venire qui? Lì eravamo sempre stati e lì stavano tutti i nostri parenti.

Le pagine del trasferimento, della difficoltà dell'adattamento, sono le più intense del romanzo; lungo il Canale Mussolini, visto dal podere 517 assegnato ai Peruzzi si sviluppa il nuovo mondo, inizialmente ostile e davanti alle paludi si snocciolano i rinvii letterari.

Il mar Rosso prosciugato; Ma questa è un'Olanda sterminata; Ci hanno preso con il Mayflower e ci hanno portato qui; Eravamo gli extracomunitari dell'Agro Pontino.

Una sorta di mito della bonificazione della palude! In questo senso ha valore la cartina, nel retro di copertina, che disegna il prima e il dopo della bonifica e che è utile consultare durante le descrizioni tecniche dell'autore. Allo zio Pericle, pater familias dei Peruzzi, proletario contadino, violento e fascista, viene affidato uno dei poderi dell'Opera nazionale combattenti, e comincia la lotta contro la malaria, sconfitta solo negli anni cinquanta dagli americani con il Ddt, e soprattutto la fondazione di borghi e paesi ad opera di Mussolini. Il Duce compare più volte nel racconto, quando era rivoluzionario, donnaiolo impenitente, e capo carismatico; la cronaca del domestico e la storia della nazione si intrecciano per mostrare (e Pennacchi è ritornato più volte nei suoi romanzi su questo) come il fascismo sia, in un certo senso naturale e spontaneo per un gruppo sociale, proveniente dai sindacalisti rivoluzionari e dai socialisti.

Mica stavamo con classi diverse, almeno all'inizio... noi eravamo semplicemente concorrenti nella stessa classe di popolo lavoratore e si trattava solo di vedere chi è che comandava. È per questo forse che ci siamo odiati tanto, perché eravamo fratelli che si erano divisi. La gente non si odia mai con un nemico storico come si odia poi con i fratelli.

Insieme agli uomini dei Peruzzi, le donne; dalla nonna a cui si obbedisce senza discutere, alle altre donne di casa che assicurano cibo, amore, compagnia, alla misteriosa zia che alleva api e parla con loro.

Un poema appassionato e che conquista, un grande scrittore!

 

Pour citer cette ressource :

Maurizia Morini, "Antonio Pennacchi, «Canale Mussolini» (2010)", La Clé des Langues [en ligne], Lyon, ENS de LYON/DGESCO (ISSN 2107-7029), octobre 2010. Consulté le 19/03/2024. URL: https://cle.ens-lyon.fr/italien/litterature/bibliotheque/antonio-pennacchi-canale-mussolini