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I primi gruppi femministi in Italia

Par Maurizia Morini : Lectrice d'italien MAE et historienne - ENS de Lyon
Publié par Damien Prévost le 20/11/2007

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Con le schede relative alla costituzione dei primi gruppi femministi si è inteso illustrare l'elaborazione prodotta in forma scritta e conosciuta; con questo non si esaurisce, ovviamente, l'ampiezza del fenomeno rappresentato da numerose altre aggregazioni, distribuite capillarmente. Testimonianze orali ci consentono di ricostruire attraverso il ricordo anche altri percorsi individuali e collettivi.

Statuti e carte programmatiche

Con le schede relative alla costituzione dei primi gruppi femministi si è inteso illustrare l'elaborazione prodotta in forma scritta e conosciuta; con questo non si esaurisce, ovviamente, l'ampiezza del fenomeno rappresentato da numerose altre aggregazioni, distribuite capillarmente. Testimonianze orali ci consentono di ricostruire attraverso il ricordo anche altri percorsi individuali e collettivi. Per i documenti costitutivi si è soprattutto utilizzata la recensione di: I movimenti femministi in Italia, a cura di R. Spagnoletti, Roma, Savelli 1976.

 

Gruppo Demistificazione Autoritarismo (in seguito anche Patriarcale) : DEMAU

Milano 1966

Manifesto programmatico

Il gruppo DEMAU agisce al di fuori di qualsiasi tendenza politica e religiosa. Ritiene che, nel momento presente e in questo tipo di società, la partecipazione e il contributo della donna siano indispensabili per un rinnovamento dei valori umani attualmente distribuiti e basati sulla appartenenza all'uno o all'altro sesso.

Punti programmatici

Opposizione al concetto di integrazione della donna nell'attuale società. Tale concetto, nella sua accezione corrente infatti :

non risolve l'inconciliabilità dei due ruoli prefissati dalla divisione dei compiti tra uomo e donna, permettendone la coesistenza forzata nelle sole donne; se da una parte intende liberare la donna dai legami di tipo pratico del suo ruolo tradizionale, per darle la possibilità di partecipare attivamente al mondo della cultura e di agire nel campo del lavoro, dall'altra riconferma nell'ambito della società, ed alla donna stessa, le caratteristiche e i doveri del suo ruolo "femminile" proprio nella misura in cui rivolge a lei sola trattamenti e accorgimenti di favore ;

tende a uniformare e integrare la donna al "regime sociale" in atto e lo riconosce così ancora e operante per entrambi i sessi.

Demistificazione dell'autoritarismo, nella sua veste di teoria e mistica dei valori morali, culturali e ideologici sui quali si basano l'attuale divisione dei compiti e la società tutta, quale elemento coercitivo dei valori individuali e restrittivo dei diritti, delle esigenze, delle potenzialità umane a favore dei gruppi privilegiati. Demistificazione di tali valori nella sfera dei diritti ; nella sfera dei rapporti sessuali e dell'etica relativa; nella sfera dei conflitti di ruolo nei rapporti familiari e sociali in genere; nella sfera dell'educazione, dell'istruzione e della cultura; nella sfera dell'attività lavorativa, della produzione intellettuale e scientifica; in sede di teorizzazione di tipo scientifico.

Ricerca di una autonomia da parte della donna, attraverso una cosciente valutazione dei propri valori essenziali e della propria situazione storica. Solo così la donna potrà partecipare all'elaborazione dei valori che informeranno una nuova società. Tale ricerca presuppone una nuova e più ampia metodologia di indagine sulla posizione della donna; che non la consideri cioè solo nell'aspetto storico-evoluzionistico di "condizione femminile". Uno studio basato sul condizionamento in un ruolo sociale ideologicamente prefissato, che non consideri la donna anche come oggetto e soggetto autonomo di analisi, sarebbe un'impostazione insufficiente per una ricerca che si propone di trovare direttive e finalità nuove. Infatti lo studio del "condizionamento" porterebbe alla scoperta degli antidoti, nel loro aspetto di antitesi pura e semplice, allo status quo e la finalità insita nell'antitesi è il rovesciamento della condizione di fatto; ciò potrebbe significare soltanto : lotta per la supremazia sul maschio (dittatura rovesciata- nuovo matriarcato) o mascolinizzazione della donna (convalida dei modelli culturali attuale).

Emancipazione dell'uomo in quanto il maschio è a sua volta privato di vaste possibilità umane. Come la donna non ha raggiunto la propria maturità senza conquistare a sé valori finora negatile, così l'uomo non possiederà sufficienti strumenti di giudizio e comprensione se non conquisterà quelli da lui finora disprezzati, o invidiati, come "femminili". Anche l'uomo, inoltre, di fronte all'emancipazione femminile, si potrà trovare in situazioni di sfruttamento e squilibrio. Il Gruppo svolge la propria attività attraverso i seguenti mezzi : esame di tutte le teorie dalle quali si possa, con criterio scientifico, evincere una definizione della donna oggi, base essenziale su cui costruire una proposta per prospettive future:

biologia-fisiologia. Le più recenti scoperte e tecniche in questo campo paiono destinate a cambiare le conseguenze di "leggi" finora ritenute assolutamente operanti;

antropologia comparata, per verificare la relatività delle strutture caratteriali in dipendenza dell'influsso ambientale (sociale) e le sue conseguenze culturali in senso lato;

esame di alcune analisi dei contenuti mitologici, legati anche a interpretazioni di tipo psicanalitico;

psicanalisi, quale elemento interpretativo dell'uomo rifiutando il pericoloso sviluppo reazionario della sua funzione integratrice dello individuo in una astoricità e fissità precosciente;

sociologia;

pedagogia;

psicologia.

Azione di sensibilizzazione e vasta diffusione della problematica esposta nel presente manifesto attraverso:

propaganda capillare;

dibattici pubblici e a mezzo di stampa delle questioni esposte nei punti programmatici ;

contatti e proposte e collaborazione con tutte le associazioni, femminili e non, i centri culturali, le associazioni sindacali, professionali, studentesche, i partiti, le personalità che si interessino ai problemi proposti dal gruppo.
 
Il manifesto programmatico evidenzia un'elaborazione specifica sulla condizione femminile che va oltre il concetto emancipatorio. La oppressione delle donne non si sviluppa solo dalle strutture economiche ma anche dalla disuguaglianza nella famiglia; per questo indispensabile per il gruppo risulta l'autonomia ideologica e la liberazione dal modello autoritario maschile.

 

Collettivi femminili del movimento studentesco

Roma 1969

Per una reale partecipazione della donna al processo rivoluzionario

Documento ciclostilato distribuito all'Università di Roma, qui riportato in sintesi.

Le lotte degli studenti e degli operai nel '68 e nel '69 hanno per la prima volta colpito estesamente e profondamente il sistema capitalistico - borghese e hanno scosso le stesse istituzioni del proletariato (partito e sindacati) da lungo tempo vincolate alla conservazione del sistema (strategia delle riforme). Il pericolo tuttavia, di una ricomposizione politica dello scontro di classe da parte delle forze di governo, col consenso dei vecchi partiti operai e dei sindacati condotta alle spalle dei veri protagonisti delle lotte, è un fatto reale con cui oggi operai, contadini, studenti devono fare i conti. Questo significa per il proletariato avere la capacità di darsi una strategia rivoluzionaria alternativa, capace di saldare attraverso una serie di obiettivi intermedi, le rivendicazioni immediate e settoriali con le dichiarazioni rivoluzionarie di principio, e capace anche di tradurre questa strategia in organizzazione del proletariato stesso in un fronte anticapitalistico, in una nuova e più alta fase di attacco generalizzato , in una proposta solida di transizione al socialismo capace di porre il proletariato in posizione egemone di fronte alla società. La donna operaia e studentessa è stata in prima fila in questa fase dello scontro di classe ma non ha assolto i suoi specifici compiti rivoluzionari. Questi compiti infatti sono:

portare un attacco specifico al modo di produzione capitalistico, cioè alla divisione del lavoro con cui si opera una separazione e una differenziazione del lavoro della donna e si rompe l'unità di classe anche su questo fronte;

spingere questo attacco al capitale fino alla sua origine istituzionale, la famiglia, intesa dal capitale come fonte di produzione privata di lavoro domestico e come base ideologica di equilibrio del sistema stesso;

impegnare il fronte anticapitalistico in una rivoluzione culturale, al suo interno, per la chiarificazione del ruolo della donna nel processo rivoluzionario e nella prefigurazione della fase di transizione al socialismo. Visti più da vicino questi compiti sono :

contro il sistema di produzione capitalistico;

contro l'emarginazione della donna dal processo produttivo (instabilità del lavoro) e esercito femminile di riserva;

contro il ruolo secondario della donna nel processo produttivo (emarginazione nel focolare domestico, funzione di riproduzione);

contro la dequalificazione e la nocività specifica del lavoro femminile.

Questi obiettivi sono tutti interni ad una sola parola d'ordine di lotta: contro la divisione capitalistica del lavoro. In essa la lotta della donna nel processo produttivo si salda alla lotta generale della classe operaia contro il sistema del capitale. Lottare contro la divisione capitalistica del lavoro che colpisce la donna attraverso la famiglia significa lottare contro la famiglia come base ideologica di equilibrio del sistema capitalistico.

Sono i compagni stessi di lotta che non conoscono la portata dell'emarginazione della donna dal suo ruolo storico e produttivo; che non vedono la sacca di sottosviluppo e la sua funzionalità al sistema capitalistico in cui è relegata la donna, che non avvertono il ghetto economico e ideologico che essi stessi contribuiscono a perpetuare e che fa della donna il naturale alleato del sottoproletariato e del negro...

Sono i compagni di lotta che per primi, per influsso dell'ideologia stessa contro cui lottano, sorridono, benevoli o ironici, di fronte al problema enorme di questa rivoluzione culturale che deve protrarsi per tutta la fase di transizione al socialismo...

Utilizziamo la carica implicita di spontaneità del movimento delle donne rivoluzionarie, facciamo saltare le vecchie e decrepite organizzazioni femminili legate al carro riformista del PCI. e dei sindacati, utilizziamo il potenziale di lotta delle operaie... delle studentesse... alle soglie di un ruolo professionale e di un destino familiare infamante; portiamo la nostra rivoluzione nelle borgate, nei quartieri, nelle famiglie.

Le studentesse militanti romane esprimono la presa di coscienza dello sfruttamento operato dal sistema capitalistico ma anche la subalternità nei momenti di lotta; gli stessi compagni riproducono il modello autoritario dominante. Viene ribadita la necessità di organizzarsi autonomamente pur all'interno di un generale movimento di classe.

 

Movimento di liberazione della donna

Roma, con articolazione nazionale 1969

Gli objettivi del MLD

Al fine di conquistare alla donna il diritto di disporre liberamente del proprio corpo :

l'informazione sui mezzi anticoncezionali anche nelle scuole e la distribuzione gratuita a tutti senza discriminazione alcuna dei contraccettivi ;

la liberalizzazione e legalizzazione dell'aborto, senza distinzione di stato civile e di stato di necessità medica, nonché la creazione di apposite strutture sanitarie che possano fare dell' aborto legalizzato una effettiva facoltà alla portata di quanti scelgano di usufruirne.

Al fine di combattere condizionamenti psicologici e modelli di comportamento :

un'azione nella scuola di ogni ordine e grado tesa ad eliminare i programmi differenziati tra i sessi e qualsiasi programmazione culturale, di origine clericale o autoritaria, che si fondi sulla divisione delle funzioni tra i sessi ;

la contestazione di miti istituzionali che presentano un'immagine deumanizzata o specializzata della donna (la mamma, la moglie, la amante, l'angelo del focolare).

Al fine di eliminare lo sfruttamento economico sulla donna e perché essa possa raggiungere attraverso il lavoro non domestico la propria autonomia economica e psicologica :

la socializzazione di quei servizi che oggi gravano prevalentemente sulla donna sotto forma del cosiddetto lavoro domestico ;

la creazione di asili nido, pubblicamente finanziati, socialmente gestiti e culturalmente improntati ad una visione antiautoritaria.

Al fine di conseguire i principi e gli obiettivi del Movimento a livello degli istituti giuridici :

la contestazione con ogni mezzo, compreso quello della disobbedienza civile di massa, di tutte quelle norme civili e penali che nella sfera del diritto di famiglia, del lavoro, del costume, dei comportamenti psicologici e sessuali, sanciscono la discriminazione tra i sessi con un atteggiamento repressivo sulla donna ;

l'azione per far decadere ogni rapporto autoritario maschile esercitato sulla filiazione anche e soprattutto attraverso l'attribuzione del cognome ;

la proposizione diretta attraverso iniziative popolari e l'appoggio a particolari disegni di leggi di iniziativa parlamentare che traducano in norme giuridiche i principi e gli obiettivi del MLD.

Al fine di realizzare in concreto, già da ora, la liberazione della donna :

la propaganda e sperimentazione di nuove forme e stili di vita ;

la promozione e l'appoggio ad iniziative tese ad elevare la coscienza della condizione della donna, quali l'organizzazione di controcorsi.

Un Movimento autogestito

A seguito di numerosi dibattiti il percorso del gruppo lo porterà all'Atto ufficiale della sfederazione dal Partito radicale nel 1978.

 

Anabasi

Milano 1970

Questo gruppo inizia a trovarsi regolarmente dopo un viaggio di una delle fondatrici negli Stati Uniti, propone la pratica dell' autocoscienza in alternativa alla politica tradizionale. "Le prime volte ci siamo trovate dicendo: io vi racconto questa esperienza. Poi una volta riunite mi sono resa conto che invece di raccontare l'esperienza americana era più interessante applicare quel modello che avevo visto usare là, di dare la parola successivamente a ciascuna e vedere cosa veniva fuori. Ognuna diceva la motivazione che la aveva portata al gruppo e all'ora della fine della riunione era chiaro che vi erano tanti problemi di cui parlareS. Castaldi, in Dal movimento femminista al femminismo diffuso, a curadi A. R. Calabrò e L. Grasso, Milano, Angeli 1985: 259. 

Il Gruppo elaborò due testi sulla pratica dell' autocoscienza; dalla presentazione del primo ricaviamo: "Le cose più interessanti sono quelle che potranno venire da voi stesse, offriamo questa raccolta come un invito ad esprimersi, un aiuto a superare le inibizioni iniziali. Dobbiamo provare a fare le cose da noi stesse o nessuno le farà per noi ".Gruppo Anabasi, Presentazione di Donna è Bello, Milano 1972.

Fronte italiano di liberazione femminile

1970

Quarto mondo

Documento costitutivo del gruppoRiportiamo stralci dal Documento costitutivo, pubblicato sulla rivista Quarto mondo, organo politico del gruppo, n° 1, marzo 1971.

I tempi sono maturi perché le donne europee e le donne italiane in particolare, che fino ad oggi si sono fatte trascinare dalle scelte irresponsabili di una classe dominante selezionata secondo i modelli del patriarcato, prendano finalmente coscienza del fatto che, fra gli oppressi, sono la maggioranza oppressa e che i loro interessi coincidono con gli interessi di tutti gli oppressi e gli sfruttati in ogni parte del mondo. È ora che le donne si assumano in prima persona la responsabilità e la iniziativa :

della lotta per l'occupazione totale che le libererà dalla schiavitù domestica, liberando anche tutti i lavoratori dal ricatto padronale ;

del superamento della famiglia, della cui attuale struttura sono prigioniere e perpetuatrici con il loro lavoro servile, con la loro accettazione di modelli di femminilità anacronistici e dannosi per tutta la società ;

del controllo della popolazione, individuando nell'apparente equilibrio europeo fra popolazione e sviluppo economico "l'occhio del ciclone demografico", e servendosi del potere che deriva loro dal fatto di essere le proprietarie dei "mezzi di produzione" di figli.

Il fronte rivoluzionario che si apre sul vastissimo campo della tematica della liberazione femminile si pone al fianco di tutti gli altri fronti di lotta per la liberazione degli oppressi e dei proletari in ogni parte del mondo. In particolare il Fronte italiano di liberazione femminile si propone :

di promuovere nelle donne la formazione di una coscienza matura e progredita per la piena realizzazione della loro personalità umana e civile nei rapporti familiari, di convivenza, di lavoro e nelle relazioni sociali, che le metta in grado di assumersi, con cognizione di causa, la responsabilità e l'iniziativa politica ;

di denunciare e abbattere tutti gli ostacoli frapposti dalla legge, dal costume e dal ricatto economico, che impediscono alle donne di occupare nella società una posizione alla pari con l'uomo ;

di denunciare e combattere le tradizionali discriminazioni sessiste e le distinzioni di compiti e di interessi fra maschi e femmine, quali strumenti di divisione e repressione di cui la società si serve per conservare le sue strutture socio-economiche, emarginando le forze valide e innovatrici della popolazione femminile ;

di portare le donne al rifiuto cosciente e responsabile del ruolo subalterno che viene loro imposto, in modo che possano assumere risolutamente, fin da ora, una funzione essenziale nella lotta per la ristrutturazione politica ed economica della società ed abbiano in futuro parte attiva e fondamentale nella società rinnovata.

Il Fronte italiano di liberazione femminile si presenta su posizioni non separatiste nei confronti degli uomini, ritenendo che :

la tematica della liberazione femminile riguarda tutti gli esseri umani ed è comprensiva della liberazione maschile da un ruolo sessuale altrettanto frustrante e limitativo per il libero sviluppo della personalità ;

gli interessi del proletariato e di tutti coloro che hanno scelto di esserne gli alleati e le avanguardie sono identici e come tali debbono essere difesi e rivendicati sia dai maschi che dalle femmine ;

i pericoli dell'imperialismo e dello sviluppo industriale e demografico non controllato, contro cui le donne debbono far valere il loro potere di intervento, non minacciano soltanto le donne ma tutta l'umanità ;

la presa di coscienza del ruolo storico e della funzione rivoluzionaria delle masse femminili, in quanto maggioranza oppressa e forze emergenti dalle nuove condizioni storiche, non è un dono riservato solo alle donne ma è il risultato di un'analisi accessibile a tutti i cervelli umani, maschili e femminili.

L'autogestione delle lotte, il potere decisionale, le scelte degli obiettivi tattici, sono comunque legati alla tematica del Fronte e la scelta degli aderenti è determinata dall'adesione a tale tematica e non dal sesso. Gli organi direttivi del Fronte italiano di liberazione femminile e le norme statutarie stabiliscono le modalità della partecipazione maschile allo scopo di evitare che le funzioni e le finalità del fronte vengano snaturate.

Il documento sottolinea il problema della discriminazione sessuale in una visione globale sull'intera società, non è separatista e accoglie gli uomini come militanti attivi. 

Cerchio spezzato

Non c' è rivoluzione senza liberazione della donna

Documento ciclostilato, distribuito all'Università di Trento, qui riportato in ampia sintesi.

Noi siamo un gruppo di compagne che più o meno hanno vissuto tutte in prima persona l'esperienza politica del movimento studentesco e dei successivi gruppi politici che rappresentano un superamento del movimento stesso. Come per un gran numero di studenti, in generale è stata questa la esperienza che ci ha posto di fronte la prospettiva concreta e la possibilità di rovesciare un sistema sociale fondato sull'oppressione e sullo sfruttamento. Ma noi, non solo come studentesse, ma in quanto donne, avevamo affidato molto di più a questa prospettiva di liberazione; nel medesimo tempo ci eravamo illuse, che il gruppo politico, l'agire da militante, fosse un mezzo per porre fine ad una ulteriore e precisa discriminazione che passa all'interno della società capitalistica: la oppressione dell'uomo sulla donna. Ci siamo illuse che automaticamente la presa di coscienza generale dell'oppressione di classe ci ponesse di fronte ai problemi allo stesso modo dei compagni. Questa illusione è stata smentita dalla pratica politica e dall'esperienza. Non c'è uguaglianza tra disuguali: una disuguaglianza basata su basi materiali precise e che dà allo oppressore strumenti di potere non può essere superata dalla "buona volontà".

I gruppi di lavoro politici hanno riverificato la nostra sistematica subordinazione: noi siamo "la donna del tal compagno", quelle di cui non si conoscerà mai la voce, limitate al punto di crederci realmente inferiori. L'analisi delle assemblee ci ha portato a vedere una élite di leaders, una serie di quadri intermedi maschili e una massa amorfa composta dal resto maschile e da tutte le donne. Spesso la compagna è l'oggetto su cui il compagno riversa tutte le frustrazioni che accumula all'interno della società borghese e nello stesso movimento politico, per cui la donna, oltre ad assorbire le contraddizioni del maschio e a dare il suo contributo nello unico modo in cui esso è accettato (volantinatrice, dattilografa, o - quando il caso è più felice - consigliera privata del compagno che parla alle riunioni) si vede costretta a mantenerlo anche sul piano economico per permettergli di fare politica, perché, fra i due, lui si ritiene l'unico soggetto in grado di farla. La conseguenza è che essa si vede accusata di autoestraniarsi dalle vicende politiche, di viverle di riflesso o di non viverle affatto. Così si creano le condizioni materiali per la sua inferiorità e le si rinfacciano una incapacità e stupidità costituzionali.

In un ambiente come il nostro, in particolare, la parola - maggior strumento di affermazione - è diventata lo strumento della nostra esclusione. Come i proletari noi non sappiamo parlare, soprattutto quando dobbiamo misurarci su un linguaggio sempre maschile, sempre elaborato da altri, su cose portate avanti sempre da altri. Ci siamo trovate nella condizione di chi è sempre un passo più indietro e siamo state trascinate dentro l' inutile gioco della competizione ricavandone solo frustrazioni. Oppure, non abbiamo accettato questo gioco e ci siamo ritenute inferiori, quelle che in fondo ci capiscono poco, a cui non resta che accettare la posizione di chi ne sa di più. Ma in tutto questo processo è cresciuta anche la coscienza e caduta la ultima illusione.

La necessità di rinunciare all"illusione sulla propria condizione è la necessità di rinunciare a una condizione che ha bisogno di illusioni. Karl Marx

Ad un certo punto abbiamo cominciato ad uscire dalla falsa convinzione che il problema è "mio", individuale e abbiamo visto che è l'iter della maggioranza delle compagne. Questo ci ha portato ad analizzare il nostro problema in quanto donne seppure nel ruolo specifico di studentesse che comporta certi privilegi. Abbiamo deciso di riunirci autonomamente, prendere in mano fino in fondo e in prima persona la nostra condizione, uscire dal ghetto individuale dell'oppressione e porla come problema sociale, quindi politico. Tale decisione è collegata al fatto che l'uomo si è sempre considerato l'unico soggetto politico valido; fatto che ha portato ad una insicurezza da parte della donna: insicurezza che essa può superare soltanto recuperando autonomamente analisi, contenuti, metodi e obiettivi che più rispondono alla sua situazione specifica, la cui specificità è invece quasi costantemente negata dai compagni.

Ma non è stato un processo facile, perché la lunga abitudine ad identificarsi con l'uomo, il nostro oppressore, agiva da potente freno. Nessuna di noi è esente dall'educazione ricevuta in famiglia e dalle continue pressioni che l'intera società maschile esercita su di noi. Molte compagne hanno avuto "paura" di venire a fare riunioni soltanto fra donne, sottintendendo un grande disprezzamento di sé. E la decisione di escludere, in una prima fase, i maschi è stata una precisa presa di posizione politica.

Ogni oppresso deve prima affermarsi nella realtà della sua ribellione e accettare da questa posizione di forza il confronto. Includere i maschi ci costringeva a misurarci di nuovo sul terreno e coi metodi del nostro oppressore.

In quanto donne noi viviamo forme specifiche di oppressione di cui soltanto noi abbiamo esperienza. In quanto donne abbiamo la possibilità di far diventare la nostra oppressione punto di partenza per la nostra liberazione.

Le donne sono la metà dell'umanità. La nostra oppressione trascende le occupazioni e le classi. Ad esempio, se si prende in considerazione la reale esistenza di maggior sfruttamento della donna proletaria rispetto all'uomo proletario (tutti riconoscono il doppio sfruttamento della donna proletaria) non si riesce a capire ciò se si trova la ragione di questo fatto solo nella sua generica appartenenza alla classe proletaria e non si vede, oltre al suo "essere di classe", anche il suo "essere di sesso diverso". Se quindi un certo tipo di sfruttamento è basato sulla discriminazione sessuale, esso fa di tutte le donne una casta oppressa. Ci sembra che il termine casta sia particolarmente indicato per caratterizzare la situazione di tutte le donne. La nostra società, oltre ad essere divisa in classi, presenta anche una situazione castale in cui sono costrette a vivere determinate persone a causa di caratteristiche fisiche ben identificabili come il sesso e il colore. Alla casta si è assegnati fin dalla nascita e non è possibile uscirne con nessun tipo di azione individuale. Ai compagni che sostengono che solo dopo la presa del potere da parte del proletariato la condizione della donna si risolverà, noi rispondiamo: poiché la donna soffre di contraddizioni specifiche oggi, è da oggi che può e deve iniziare la lotta per la sua liberazione.

A coloro che dicono che con la nostra lotta operiamo una divisione allo interno del popolo noi rispondiamo: la divisione esiste e ci è stata imposta. La nostra lotta vuol fare esplodere la contraddizione (non più razionalizzarla) e tendere ad una reale ricomposizione del proletariato.

Il nostro movimento deve essere un movimento di sole donne, perché noi pensiamo che non può esserci un'unità tra uomini e donne se non c'è prima un'unità tra le donne.

Abbiamo, all'interno della casta delle donne, un problema che è particolare di questa casta e accettiamo il confronto e la collaborazione coi compagni maschi che si rendono conto che noi abbiamo una nostra testa. Vogliamo riguadagnare la testa che ci è stata tolta.

Decideremo da noi le posizioni politiche e pratiche da prendere. Faremo la teoria e porteremo a termine la pratica. Saremo noi a decidere quali misure, quali strumenti e quali programmi usare per liberarci.

I collettivi femminili di Trento evidenziano discriminazioni all'interno della sinistra studentesca a fronte di una parità solo formale; offrono approfondita e articolata analisi, esprimendo la volontà di autonomia politica e organizzativa con la convinzione che ogni oppresso per liberarsi non deve mediare e delegare ad altri. "L'unica possibilità di liberazione passa attraverso la presa di coscienza collettiva della propria condizione specifica".

Rivolta Femminile

Manifesto di rivolta femminile, affisso a Roma e Milano nell'estate del 1970.

Le donne saranno sempre divise le une dalle altre? Non formeranno mai un corpo unico ? Olympe de Gouges, 1791

La donna non va definita in rapporto all'uomo. Su questa coscienza si fondano tanto la nostra lotta quanto la nostra libertà.

L'uomo non è il modello a cui adeguare il processo della scoperta di sé da parte della donna. La donna è l'altro rispetto all'uomo. L'uomo è l'altro rispetto alla donna.

L'uguaglianza è un tentativo ideologico per asservire la donna a più alti livelli.

Identificare la donna all'uomo significa annullare l'ultima via di liberazione.

Liberarsi, per la donna, non vuol dire accettare la stessa vita perché è invivibile, ma esprimere il suo senso dell'esistenza.

La donna come soggetto non rifiuta l'uomo come soggetto ma lo rifiuta come ruolo assoluto. Nella vita sociale lo rifiuta come ruolo autoritario.

Finora il mito della complementarità è stato usato dall'uomo per giustificare il proprio potere.

Le donne sono persuase fin dall'infanzia a non prendere decisioni e a dipendere da persona "capace" e "responsabile": il padre, il marito, il fratello...

L'immagine femminile con cui l'uomo ha interpretato la donna è stata una sua invenzione.

Verginità, castità, fedeltà non sono virtù ma vincoli per costruire e mantenere la famiglia. L'onore ne è la conseguente codificazione repressiva.

Nel matrimonio la donna, priva del suo nome, perde la sua identità significando il passaggio di proprietà che è avvenuto tra il padre di lei e il marito.

Chi genera non ha la facoltà di attribuire ai figli il proprio nome, il diritto della donna è stato ambito da altri di cui è diventato il privilegio.

Ci costringono a rivendicare l'evidenza di un fatto naturale. Riconosciamo nel matrimonio l'istituzione che ha subordinato la donna al destino maschile. Siamo contro il matrimonio.

***

Il divorzio è un innesto di matrimonio da cui l'istituzione esce rafforzata.

La trasmissione della vita, il rispetto della vita, il senso della vita sono esperienza intensa della donna e valori che lei rivendica.

Il primo elemento di rancore della donna verso la società sta nell'essere costretta ad affrontare la maternità come un aut-aut.

Denunciamo lo snaturamento di una maternità pagata al prezzo della esclusione.

La negazione della libertà dell'aborto rientra nel veto globale che viene fatto all'autonomia della donna.

Non vogliamo pensare alla maternità tutta la vita e continuare ad essere inconsci strumenti del potere patriarcale.

La donna è stufa di allevare un figlio che le diventerà un cattivo amante.

In una libertà che si sente di affrontare, la donna libera anche il figlio e il figlio è l'umanità.

In tutte le forme di convivenza, alimentare, pulire, accudire e ogni momento del vivere quotidiano devono essere gesti reciproci.

Per educazione e per mimesi l'uomo e la donna sono già nei ruoli nella primissima infanzia.

Riconosciamo il carattere mistificatorio di tutte le ideologie, perché attraverso le forme ragionate di potere (teologico, morale, filosofico, politico) hanno costretto l'umanità ad una condizione in autentica, oppressa e consenziente.

Dietro ogni ideologia noi intravediamo la gerarchia dei sessi.

Non vogliamo d'ora in poi tra noi e il mondo nessuno schermo.

Il femminismo è stato il primo momento politico di critica storica alla famiglia e alla società.

Unifichiamo le situazioni e gli episodi dell'esperienza storica femminista: in essa la donna si è manifestata interrompendo per la prima volta il monologo della civiltà patriarcale.

Noi identifichiamo nel lavoro domestico non retribuito la prestazione che permette al capitalismo, privato e di stato, di sussistere.

***

Permetteremo ancora quello che di continuo si ripete al termine di ogni rivoluzione popolare quando la donna, che ha combattuto insieme con gli altri, si trova messa da parte con tutti i suoi problemi ?

Detestiamo i meccanismi della competitività e il ricatto che viene esercitato nel mondo dall'egemonia dell'efficienza. Noi vogliamo mettere la nostra capacità lavorativa a disposizione di una società che ne sia immunizzata.

La guerra è stata sempre l'attività del maschio e il suo modello di comportamento virile.

La parità di retribuzione è un nostro diritto, ma la nostra oppressione è un'altra cosa.

Ci basta la parità salariale quando abbiamo già sulle spalle ore di lavoro domestico ?

Riesaminiamo gli apporti creativi della donna alla comunità e sfatiamo il mito della sua laboriosità sussidiaria.

Dare alto valore ai momenti "improduttivi" è un'estensione di vita proposta dalla donna.

Chi ha il potere afferma: "Fa parte dell'erotismo amare un essere inferiore". Mantenere lo status quo è dunque un suo atto d'amore.

Accogliamo la libera sessualità in tutte le sue forme, perché abbiamo smesso di considerare la frigidità un'alternativa onorevole.

Continuare a regolamentare la vita fra i sessi è una necessità del potere; l'unica scelta soddisfacente è un rapporto libero. Sono un diritto di bambini e degli adolescenti la curiosità e i giochi sessuali.

Abbiamo guardato per 4000 anni: adesso abbiamo visto! Alle nostre spalle sta l'apoteosi della millenaria supremazia maschile. Le religioni istituzionalizzate ne sono state il più fermo piedistallo.

E il concetto di "genio" ne ha costituto l'irraggiungibile gradino.

La donna ha avuto l'esperienza di vedere ogni giorno distrutto quello che faceva.

Consideriamo incompleta una storia che si è costituita, sempre, senza considerare la donna soggetto attivo di essa.

Nulla o male è stato tramandato dalla presenza della donna: sta a noi riscoprirla per sapere la verità.

***

La civiltà ci ha definite inferiori, la Chiesa ci ha chiamate sesso, la psicanalisi ci ha tradite, il marxismo ci ha vendute alla rivoluzione ipotetica.

Chiediamo referenze di millenni di pensiero filosofico che ha teorizzato la inferiorità della donna.

Della grande umiliazione che il mondo patriarcale ci ha imposto noi consideriamo responsabili i sistematici del pensiero: essi hanno mantenuto il principio della donna come essere aggiuntivo per la riproduzione della umanità, legame con la divinità o soglia del mondo animale; sfera privata e pietas. Hanno giustificato nella metafisica ciò che era ingiusto e atroce nella vita della donna.

Sputiamo su Hegel.

La dialettica servo - padrone è una regolazione di conti, tra collettivi di uomini: essa non prevede la liberazione della donna, il grande oppresso della civiltà patriarcale.

La lotta di classe, come teoria rivoluzionaria sviluppata dalla dialettica servo - padrone, egualmente esclude la donna. Noi rimettiamo in discussione il socialismo e la dittatura del proletariato.

Non riconoscendosi nella cultura maschile, la donna le toglie l'illusione dell'universalità. L'uomo ha sempre parlato a nome del genere umano, ma metà della popolazione terrestre lo accusa ora di avere sublimato una mutilazione.

La forza dell'uomo è nel suo identificarsi con la cultura, la nostra nel rifiutarla.

Dopo questo atto di coscienza l'uomo sarà distinto dalla donna e dovrà ascoltare da lei tutto quello che la concerne.

Non salterà il mondo se l'uomo non avrà più l'equilibrio psicologico basato sulla nostra sottomissione.

Nella cocente realtà di un universo che non ha mai svelato i suoi segreti, noi togliamo molto del credito dato agli accanimenti della cultura. Vogliamo essere all' altezza di un universo senza risposte.

Noi cerchiamo l'autenticità del gesto di rivolta e non la sacrificheremo né all'organizzazione né al proselitismo.

Rivolta femminile comprende gruppi autonomi autogestiti che uniti come realtà politica si denominano Collettivi di Lotta femminista. Il Manifesto è un primo momento di presa di coscienza e rappresenta solo in parte la ampia elaborazione teorica sulla dimensione individuale e sullo sfruttamento sessuale, culturale ed economico.

Roma, luglio 1970.

Pour citer cette ressource :

Maurizia Morini, "I primi gruppi femministi in Italia", La Clé des Langues [en ligne], Lyon, ENS de LYON/DGESCO (ISSN 2107-7029), novembre 2007. Consulté le 04/11/2024. URL: https://cle.ens-lyon.fr/italien/civilisation/xxe-xxie/le-mouvement-des-femmes/i-primi-gruppi-femministi-in-italia