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Mario Rigoni Stern e Primo Levi : due viaggiatori atipici

Par Armelle Girinon : Doctorante - Aix Marseille Université
Publié par Damien Prévost le 14/09/2012

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Questo riassunto problematico nasce da un lavoro di ricerca effettuato durante il secondo anno di specialistica ed incentrato su tre testi fondamentali del dopoguerra:((Quota Albania)) e ((Il sergente nella neve)) di Mario Rigoni Stern e ((La tregua)) di Primo Levi. L’obiettivo della tesi, intitolata ((Mario Rigoni Stern e Primo Levi: due viaggiatori atipic))i, consiste nel mettere in luce il legame potenziale tra i testi citati, l'argomento del viaggio e l’odeporica.

 

1. Una negazione assoluta del viaggio?

Per sottolineare tale opposizione è necessario rintracciare come siamo arrivati alla concezione attuale del viaggio ed esplicitare ciò che hanno rappresentato il viaggiare e il racconto di viaggio nelle loro molteplici forme dal pellegrinaggio al turismo moderno. Attraverso una presentazione cronologica panoramica di quest’evoluzione, constatiamo che le idee associate al viaggiare sono cambiate nel corso dei secoli ed hanno portato all’odierna concezione del viaggio che ritiene l’impresa strettamente legata all’idea di piacere, di libertà, all’occasione di rilassarsi, o, tutt’al più, alle possibilità di evasione e di scoperta. Questi ideali legati al viaggio sono a prima vista antitetici alle situazioni incontrate da Rigoni e da Levi. Il primo si sposta sul fronte albanese in quanto portaordine, e deve ripiegare, insieme ai suoi alpini, dal fronte russo durante la famigerata ritirata di Russia, mentre il secondo, ex deportato, deve compiere un lungo viaggio di rimpatrio di nove mesi da Auschwitz fino a Torino. L’opposizione tra i loro spostamenti e l’idea odierna di viaggio, diventa palese se ci concentriamo sulle condizioni estreme in cui sono avvenuti i loro percorsi, quali la malattia e la sofferenza; gli ostacoli che hanno frenato o addirittura impedito il loro avanzare; il pericolo di morte onnipresente; l’eterodeterminazione dei loro spostamenti; la grande indeterminatezza in cui sono stati costretti a muoversi e la loro condizione di «uomini spaesati».((Espressione utilizzata da Todorov, nel libro intitolato appunto Hommes dépaysés, Paris, Editions du Seuil, 1996, per definire i viaggiatori che sono costretti a seguire un itinerario contro la propria volontà. Quest’espressione comprende gli esuli, i deportati, i migranti, i reduci, cioè persone che hanno dovuto trasferirsi da un paese all’altro, per ragioni che superano la loro volontà.))

2. Perché si possono comunque considerare "La tregua"," Il sergente nella neve" e "Quota Albania" racconti di viaggio?

Di primo acchito, i loro spostamenti sembrano quindi non corrispondere affatto all’idea di viaggio. Ciò nonostante, il concentrarsi sugli spostamenti effettivi del soldato e dell’ex deportato, e il ripercorrere gli itinerari descritti in Quota Albania, nel Sergente e ne La tregua attraverso una lettura cartografica, prendendo in considerazione le indicazioni geografiche e i diversi mezzi di trasporto, permette di evidenziare la corrispondenza perfetta tra le esperienze di Levi e Rigoni e le definizioni comuni di viaggio inteso come «trasferimento da un luogo a un altro, gener. con un mezzo di trasporto [...]» e come « giro più o meno lungo, attraverso luoghi o paesi diversi dal proprio, sia a scopo turistico che per altri motivi [...] »((Lo Zingarelli, 2008, p. 2512.))

Focalizzandosi poi sulle tecniche narrative proprie dell’odeporica, è da notare che alcune di queste caratteristiche sono reperibili sia in Levi che in Rigoni. Sembra ovvio per esempio che la quête, componente essenziale di ogni viaggio, è uno degli elementi principali di tutti e tre i racconti. Possiamo perfino affermare che la quête diventa, sin dai primi capitoli, il filo rosso dei tre libri poiché essa, anche se risulta rovesciata – nel senso che la meta del loro viaggio si confonde con il punto di partenza, la casa lontana((Cfr. SGUEGLIA, Lucia, A est di cosa? Per una geografia della Tregua, in BELPOLITI, Marco e CORTELLESSA, Andrea, Da una tregua all’altra: Auschwitz-Torino sessant’anni dopo, Milano, Chiarelettere, 2010.)) – è l’elemento fa avanzare tutti i protagonisti dei tre libri. Il desiderio di giungere a casa per poter raccontare l’esperienza vissuta viene evidenziato in modo particolare nei nostoi greci e perciò è pertinente stabilire il parallelo tra questo tipo di racconti e i libri di Levi e Rigoni. Sempre riferendosi alle tecniche narrative proprie della letteratura di viaggio, va notato che entrambi hanno seguito un procedimento di scrittura tipico del viaggiatore prendendo appunti durante i propri viaggi per fissare i ricordi nella memoria, e scrivendo i loro racconti a partire da queste note iniziali. Bisogna anche soffermarsi sul ritmo narrativo dei tre racconti che rispecchia perfettamente il ritmo dei viaggi descritti: quando si spostano o quando sono costretti ad accelerare, la scrittura di entrambi gli autori si fa più densa, lascia molto spazio all’azione dei personaggi ed il ritmo diventa quasi frenetico; le pagine dedicate alle soste sono invece quasi esclusivamente incentrate sulla descrizione dei paesaggi, dei compagni di viaggio o delle persone incontrate lungo la strada e qui il ritmo si fa più lento. Un’altra delle caratteristiche lampanti della scrittura di viaggio è l’aspetto poliglotta del racconto che ritroviamo nei tre libri analizzati. La prima conclusione del ragionamento fin qui descritto ci porta quindi alla seguente deduzione: ci troviamo infatti di fronte alla possibilità, o meglio, di fronte alla necessità di parlare di viaggio per definire le esperienze di Levi e Rigoni.

3. Dall’esperienza individuale al valore comune

Partendo da questa prima conclusione possiamo avanzare un’altra ipotesi, e cioè che il valore universale dei tre racconti analizzati dipenda in parte dalla tematica del viaggio. Per l’elaborazione di questa riflessione, sembra interessante concentrarsi dapprima sui significati individuali dei viaggi compiuti da Levi e Rigoni e sul loro valore metaforico. In questo modo, ci accorgiamo che i viaggi di Rigoni assomigliano ad una progressiva catabasi, constatando che il paesaggio, man mano che Rigoni si sposta nell’Est europeo, ricorda sempre più gli abissi infernali e sottolineando la progressiva disumanizzazione degli alpini. Una lettura attenta permette perfino di individuare alcuni legami tra la discesa infernale dantesca e le marce ripetitive di Rigoni, e tra queste e scene apocalittiche descritte nel testo biblico. Nonostante le condizioni infernali in cui avvengono i viaggi effettuati da Rigoni, bisogna comunque insistere sul carattere positivo della nota finale del Sergente che preannuncia una risalita dal fondo dell’inferno, toccato in riva al Don.

Per capire ciò che il viaggio di rimpatrio di Levi rappresentò per l’ex deportato, va anche preso in considerazione Se questo è un uomo, e più precisamente i primi due capitoli del libro che trattano del viaggio di deportazione e dell’arrivo ad Auschwitz. Il confronto tra i due libri permette di dimostrare che l’esperienza della deportazione, del campo di concentramento e del rimpatrio è stata per Levi un unico viaggio in due direzioni opposte.((BAREIL, Jean-Philippe, Exil et voyage littéraire dans l’œuvre de Primo Levi, Paris, Messene, 1998.)) Se il primo libro di Levi assomiglia alla descrizione di una discesa agli inferi (come spesso è stato sottolineato dai critici), il rimpatrio è stato l’occasione di una progressiva risalita verso la luce e verso l’umano. Se analizziamo la nota finale della Tregua notiamo che, al contrario di Quota Albania e del Sergente, essa può sorprendere il lettore per la sua inaspettata cupezza. Il pessimismo della nota finale ci invita a parlare di un viaggio mai concluso a causa dell’impossibilità di risalire in modo definitivo dall’inferno concentrazionario.

Partire dal valore metaforico dei viaggi presi in considerazione, permette di capire meglio la portata universale dei tre racconti, riferendoci sempre alla tematica principale di questo studio: il viaggio. Vediamo infatti che l’esperienza del viaggio, oltre ad esser stata il punto di partenza dell’impresa letteraria per entrambi, è la traccia attorno alla quale si struttura la narrazione. In questa prospettiva va anche messa in rilievo la componente dell’apprendimento che traspare, per lo più, nelle descrizioni dei loro compagni o di persone incontrate lungo il cammino. Possiamo inoltre constatare che il valore universale dei loro racconti dipende dal fatto che questi viaggi – intesi come continuazione del viaggio vero e proprio e cioè come testimonianza letteraria – non sono mai stati conclusi poiché entrambi gli autori non hanno smesso di testimoniare, in conferenze, interviste, interventi nelle scuole o tramite la letteratura. Se pur nel caso di Rigoni non possiamo parlare di una conclusione definitiva del viaggio di guerra, va comunque notato che, al contrario di Levi, la fine del suo percorso letterario e testimoniale è caratterizzato da una speranza positiva e da una grande fiducia nelle generazioni future.

Sempre nell’ottica di questa ricerca, è interessante evidenziare come il valore storico e memoriale delle tre opere poggi in parte sulla tematica del viaggio. In questa prospettiva, va rilevato che la maggior parte della loro esperienza personale, letteraria e morale è direttamente o indirettamente legata al viaggio. Non si può infatti parlare dei due autori senza far riferimento agli itinerari percorsi attraverso gran parte dell’Est europeo; nei tre racconti, notiamo che il valore metaforico del viaggio è una delle componenti essenziali della narrazione; vanno inoltre osservati i collegamenti che si possono stabilire tra la figura di Ulisse, il viaggiatore-narratore per eccellenza, ed il percorso di questi uomini non letterati il cui viaggio li incitò a scrivere e che non rinunciarono mai al desiderio di conoscenza e verità.

Dopo quest’analisi incentrata sul valore storico e memoriale dei testi, siamo giunti alla conclusione che l’universalità dei tre racconti dipende dalla capacità che hanno di riflettere il contesto storico europeo di quegli anni. Attraverso questo studio, abbiamo dedotto che questa capacità è stata una conseguenza diretta della loro esperienza di viaggiatori.

Per concludere questo riassunto, sembra quindi rilevante inserire una citazione di Rigoni in cui egli attribuisce l’importanza della Tregua alla capacità di fargli rivivere il proprio ritorno e in cui accenna all’intreccio tra geografia e storia. Rigoni presenta infatti il libro di Levi come il racconto di colui che ha percorso tanta strada ed è riuscito a cogliere un insieme di particolari atto a costituire un quadro storico ed umano di dimensione universale:

[...] nel marzo, uscì La tregua che lessi immediatamente con voracità. Poi rilessi e ancora lessi perché ritrovavo situazioni, luoghi, paesaggi che ben conoscevo: rivivevo con Primo Levi la lunga strada del ritorno. Di tutto quello che allora, primavera 1963, mi accadeva attorno non mi importava niente di niente. Di importante c’era solo questo libro.

Ecco, così vorrei che il lettore di oggi quasi affrontasse La tregua: che si estraniasse dalla televisione, dallo stadio, dalle cronache liete e tristi, dai suoi affanni e dai suoi interessi e per qualche giorno, il tempo della lettura, si immergesse in queste pagine: ritroverà la sintesi della storia che travolse l’Europa e il mondo [...]((RIGONI STERN, Mario, Primo Levi, moderna Odissea, in «La Stampa», 10 aprile 1988.))

 

Pour citer cette ressource :

Armelle Girinon, "Mario Rigoni Stern e Primo Levi : due viaggiatori atipici", La Clé des Langues [en ligne], Lyon, ENS de LYON/DGESCO (ISSN 2107-7029), septembre 2012. Consulté le 28/03/2024. URL: https://cle.ens-lyon.fr/italien/litterature/periode-contemporaine/mario-rigoni-stern-e-primo-levi-due-viaggiatori-atipici