Caterina Soffici, «Ma le donne no»
Caterina Soffici vive a Milano. Ha lavorato per diverse testate giornalistiche, anche come responsabile delle pagine culturali; ha collaborato a programmi televisivi e radiofonici. Attualmente scrive per Il Riformista e Vanity Fair
Con una dedica ben chiara: "A mio marito Ico e ai miei figli Jacopo e Lorenzo. Senza di loro, questo libro sarebbe uscito almeno un anno prima".
La giornalista propone un libro che racconta alcune vicende molto scomode e il sottotitolo ce lo richiama immediatamente.
Il paese di cui si parla è l'Italia.
Di facile lettura, scorrevole ed al tempo stesso coinvolgente, l'autrice non ha la pretesa di scrivere un report sull'emancipazione o meno delle italiane ma nelle storie raccontate emerge la fatica di molte che devono combattere quotidianamente per conquistare la propria dignità e che non possono permettersi di riposare.
81 minuti e mezzo: è il tempo libero in più che ogni giorno gli uomini italiani hanno rispetto alle donne. Ecco a voi la società più maschilista d' Europa. (IV di copertina).
È la quantità di tempo che un uomo italiano ha in più ogni giorno rispetto alla donna (ultimo posto fra le 18 nazioni prese in analisi) e in questo tempo libero guarda soprattutto la televisione. In altri termini è come se le donne lavorassero due mesi in più all'anno o se gli uomini avessero due mesi di più all'anno di ferie.
Ancora: il maschio italiano è quello che a livello europeo si occupa meno delle questioni domestiche e altro record negativo: l'uomo impiega cinque minuti in più al giorno della donna per la cura personale. Il rapporto Society at a Glance 2009 non ci svela se dorme, mangia, in bagno; certo un'ora e mezzo al giorno che dedica esclusivamente a se stesso.
Pochi dati che testimoniano una realtà ampiamente presente oggi in Italia e che l'autrice descrive dopo avere raccolto per dieci anni, articoli di giornali riguardanti le donne e componendo un libro ricco di emozioni.
Troviamo rabbia, frustrazione, tenerezza, orgoglio, commozione, mai indifferenza.
Le donne italiane sono le meno pagate, le meno riconosciute sul piano professionale, degradate da modelli mediatici e pubblicitari che esaltano solo corpo e bellezza, - dice l'autrice - non hanno consapevolezza di avere dei diritti, anche leggi a loro favore, e non vi ricorrono quando si accorgono di essere discriminate.
Qualche esempio:
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Ico Gasparri da 20 anni fotografa i cartelloni pubblicitari che ritraggono donne. Ha raccolto 4000 immagini. Pezzi di corpi abusati, per reclamizzare prodotti più o meno pertinenti o marchi commerciali e concetti astratti. Afferma - sono stato a Londra dieci giorni e non sono riuscito a scattare neanche una foto. Neanche una donna nuda in dieci giorni.
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Il fattore M (maternità) pesa come un macigno nella vita della donna italiana. I figli hanno un prezzo e sono solo le donne a pagarlo. Il 63% pensa di essere discriminata perchè donna e mamma.
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Il 67% degli imprenditori milanesi dichiara che la maternità rappresenta un grande peso nella vita dell'azienda.
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Avranno le quote quando smetteranno di ragionare con quella parte del corpo che non è il cervello (commenti davanti alla buvette del Parlamento dopo la votazione che ha bocciato la proposta di riservare alle donne il 25% dei posti nelle liste elettorali).
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Le donne, in Italia, rappresentano il 10,4% del Parlamento. In Rwuanda il 48%; in Svezia il 45%.
Qualche altro esempio positivo:
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Nella Spagna di Luis Zapatero l'obbligo di lavori domestici per gli uomini è stato inserito, per legge, nella lista dei doveri coniugali
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La Norvegia ha introdotto la paternità obbligatoria: 10 settimane al 100% oppure 12 all'80%; in Danimarca i mesi sono sei al 100% e altri sei al 90%; in Finlandia è consentito agli uomini un congedo di 26 settimane in cui percepiscono un assegno di paternità (nel 2000 ne ha usufruito anche l'allora primo ministro) ; in Svezia i padri sono incentivati da un bonus che è al massimo quando i genitori dividono esattamente a metà i 16 mesi a disposizione.
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La condizione femminile è lo specchio di una società. Più le donne sono emancipate, più quel paese è libero e democratico.
Nel libro Caterina Soffici raccoglie esperienze di donne italiane e di altri paesi, in particolare Stati Uniti e Inghilterra; le donne statunitensi e inglesi di fronte a soprusi, mobbing, ingiuste retrocessioni hanno reagito promuovendo azioni legali, pubblicizzandole e ottenendo risultati concreti. In Italia le donne hanno più o meno accettato condizioni discriminatorie senza avanzare troppe contestazioni, quando escluse da avanzamenti di carriera, quando costrette a scegliere tra vita privata e lavorativa, quando non riconosciute nel valore e nelle abilità.
Un comportamento autolesionistico, secondo l'autrice, che si ritrova nella mancata lotta a livello politico per l'introduzione delle cosiddette quote rosa per ottenere una maggiore partecipazione presenza femminile ed anche nell'accettazione del proprio corpo usato come merce di scambio per arrivare a posti di potere.
La Soffici è critica verso questi comportamenti tolleranti perchè le leggi che tutelano contro le discriminazioni esistono.
Ma perchè le donne non vi fanno ricorso? Perchè sono rassegnate e non reagiscono ?
Piuttosto che denunciare il mobbing sessista, si licenziano; si sfogano davanti alla macchinetta del caffè e non vanno in tribunale..
Ciò che colpisce maggiormente dell'analisi svolta nel libro è proprio la rassegnazione: le italiane sono convinte di essere libere ma nei fatti il cammino che aveva portato in passato a leggi di tutela contro le discriminazioni e per le pari opportunità si è interrotto. Scrive la Soffici che si è verificato un rallentamento, un intorpidimento progressivo e le donne dopo gli anni '70 si sono ritirate in silenzio, sono diventate autoindulgenti, hanno perso la propria autostima e hanno smesso di chiedere come se fosse poco educato. Le leggi non sono applicate o vengono ignorate e la donne stanno zitte.
Poche voci e isolate: qualche protesta contro le veline in lista elettorale alle elezioni europee, l'ex moglie del Presidente del Consiglio che ha parlato di ciarpame senza pudore; 100 000 firme contro le parole offensive pronunciate da Berlusconi che ha definito l'onorevole Rosy Bindi più bella che intelligente!
Alla fine del libro l'autrice conclude sostenendo che è solo una questione di libertà: potere scegliere come vivere la propria vita e avere diritti e leggi che li tutelano e avanza, senza pretesa scientifica, cinque proposte da lei definite modeste, provocazione o forse un sogno a occhi aperti:
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una legge sulle quote, quote ovunque anche nei consigli di amministrazione, nelle direzioni dei giornali, delle banche, delle assicurazioni, nei consigli scolastici;
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una legge sul part-time come obbligo a concederlo a chiunque ne faccia richiesta, uomo o donna che sia;
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obbligo di paternità inteso come congedo obbligatorio per i padri per sei mesi retribuiti all'80% dello stipendio;
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una norma che vieti le immagini sessiste in pubblicità, nella televisione, nei media;
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l' ergastolo senza attenuanti per chi commette uno stupro.
Forse è un sogno ma proviamo ad immaginare come sarebbe l'Italia fra dieci anni - conclude Caterina Soffici - se le cinque proposte fossero divenute realtà; probabilmente un paese dove vivrebbero meglio tutti. Anche gli uomini.
Chissa!
Infine vorrei citare alcune considerazioni dell'Epilogo che condivido e che, nella loro elementare semplicità, esprimono percorsi possibili nelle relazioni sociali, fin da subito.
La libertà è quando puoi reagire al sopruso. Quando puoi farcela camminando sulle tue gambe, senza dover chiedere favori o fare cose meschine. La libertà è quando puoi alzare la testa e farti rispettare. La libertà è, più di tutto, poter scegliere come vivere, cosa fare del proprio corpo e della propria esistenza. (pag. 197)
Pour citer cette ressource :
Maurizia Morini, "Caterina Soffici, «Ma le donne no»", La Clé des Langues [en ligne], Lyon, ENS de LYON/DGESCO (ISSN 2107-7029), juin 2010. Consulté le 04/10/2024. URL: https://cle.ens-lyon.fr/italien/civilisation/bibliotheque/caterina-soffici-ma-le-donne-no