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Una sfida per il sistema educativo italiano: l'integrazione della seconda generazione

Par Rosa Orlando : Lectrice d'italien MAE et doctorante - Université de Bath (UK)
Publié par Damien Prévost le 11/05/2010

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L'Europa meridionale che è sempre stata tradizionalmente un'area d'immigrazione ha incominciato ad attirare lavoratori immigrati da diverse nazioni. L'Italia fu il primo paese nel contesto dell'Europa meridionale a registrare tale fenomeno. Questo cambiamento sta avendo delle conseguenze anche nella scuola italiana dove è stata registrata anche nel 2009, una presenza sempre più crescente di studenti di cittadinanza straniera, ma italiani per territorio di nascita, che sono diventati 233.051, quasi 34 mila in più dell'anno precedente (Dossier CARITAS 2009).
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Sommario

L'Europa meridionale che è sempre stata tradizionalmente un'area d'immigrazione ha incominciato ad attirare lavoratori immigrati da diverse nazioni.

L'Italia fu il primo paese nel contesto dell'Europa meridionale a registrare tale fenomeno. Questo cambiamento sta avendo delle conseguenze anche nella scuola italiana dove è stata registrata anche nel 2009, una presenza sempre più crescente di studenti di cittadinanza straniera, ma italiani per territorio di nascita, che sono diventati 233.051, quasi 34 mila in più dell'anno precedente (Dossier CARITAS 2009).

Partendo da un'analisi dei principali modelli di integrazione in Europa, nel mio articolo propongo di valutare le politiche educative proposte fino ad ora per integrare gli alunni stranieri nel sistema scolastico italiano.

Inoltre vorrei stabilire se queste politiche educative siano riconducibili a un riconoscibile modello di integrazione, compatibile e coerente con la nazione Italia ed i principi costituzionali di democrazia e cittadinanza sanciti dall'Unione Europea, come i Diritti Universali (1948) ed i Diritti del bambino (1989).

Introduzione

L'Italia si è trasformata da un paese di emigrazione ad un paese di immigrazione.

Il fenomeno dell'immigrazione cominciò dalla metà del 1970, ma il più grande afflusso avviene dopo la metà degli anni '80 (Melotti 1993; Pugliese 1991). Il numero di immigrati è aumentato in Italia con particolare intensità nel periodo compreso tra il 2002 ed il 2004 grazie alle cosiddette "Leggi sulla Regolarizzazione" (Legge numero 189/2002 e numero 222/2002). Nel primo Gennaio 2009 i cittadini stranieri residenti in Italia erano 3.891.295 pari al 6,5% del totale dei residenti . Rispetto al primo gennaio 2008 sono aumentati di 458.644 unità (+13.4%) secondo i dati ISTAT pubblicati in data 8/10/2009.

Questo fenomeno interessa anche il sistema educativo italiano. I bambini migranti nati in Italia e chiamati Seconda Generazione rappresentavano nel 2008 il 35% degli studenti italiani corrispondenti al 2,2% dell'intera popolazione studentesca (Dossier Caritas 2008). Tale crescita è stata registrata anche nel 2009, anno in cui il numero di studenti di cittadinanza straniera, ma italiani per territorio di nascita, sono diventati 233.051, quasi 34 mila in più dell'anno precedente (Dossier Caritas 2009). Dal momento che la presenza di questa nuova generazione è destinata ad aumentare è importante che le istituzioni e prima di tutto la scuola propongano una politica scolastica che possa integrare questi alunni nella società italiana.

In Italia la decentralizzazione politica in favore dell'autonomia delle regioni italiane promosse dalle leggi Bassanini (Legge numero 59/1997 e numero 127/1997) ebbe un impatto anche sul sistema educativo italiano. Con le leggi numero 30/2000 e numero 53/2003 abbiamo avuto una nuova riforma che ha dato più potere alle singole regioni e scuole.

Tuttavia le politiche educative in Italia sono caratterizzate non solo da variazioni locali e regionali, ma anche da una politica nazionale che non è uniforme e coerente. Infatti adesso una tensione politica e ideologica tra i due principali partiti di coalizione sta caratterizzando il dibattito parlamentare sulle politiche di immigrazione e in particolare sulla questione di come regolare il flusso di immigrazione.

La mia ipotesi è che questa tensione abbia un impatto critico sulle politiche educative per l'integrazione e che possa compromettere l'applicazione del modello interculturale di integrazione che il Ministero della Pubblica Istruzione ha scelto per promuovere i dialoghi tra le diverse nazionalità nella scuola (leggi n.205-26/7/90, n.73-2/3/94, art.36 e n.40/96).

I principali modelli di integrazione

Nel periodo postbellico i paesi europei come la Germania, la Francia e la Gran Bretagna hanno adottato delle politiche come risposta alla presenza delle minoranze etniche degli studenti nelle scuole. Questi tre paesi avevano promosso sostanzialmente diverse politiche. Tuttavia noi non abbiamo nè un uniforme curriculum nelle scuole nè una uniforme politica per integrare i migranti nel sistema educativo europeo per quanto riguarda i modelli di integrazione e la loro realizzazione (Campani 1996).

Le politiche migratorie e i modelli di integrazione cambiano da un paese all'altro. Abbiamo il modello di assimilazione alla francese, il modello multiculturale britannico in Gran Bretagna e il modello temporaneo di immigrazione in Germania (Melotti 1993).

La mancanza di uniformità nell'Educazione europea e le politiche di integrazione dipendono non solo da ragioni politiche,storiche ma anche da sviluppi differenti del flusso migratorio in Europa. I paesi del Nord Europa dovettero confrontarsi con la presenza e l'integrazione di bambini immigrati prima ancora dei paesi del Sud Europa come l'Italia che solo recentemente è diventato un paese di immigrazione (Milza 1985).

Visto attraverso il prisma della politica educativa il Regno Unito ha immaginato di nuovo la sua comunità mentre la Francia non lo ha fatto (Bleich 2003).

La politica educativa britannica fu immaginata di nuovo e le scuole cominciarono a amplificare il pluralismo culturale e ad articolare una visione della Gran Bretagna come un paese multiculturale (Swann 1985).

In Gran Bretagna il multiculturalismo rimane un approccio diffuso di confrontarsi con società le cui popolazioni sono riconosciute come multietniche e multirazziali (Gollnick, Donna M., Chinn, Philip C. 2006). La politica educativa della Gran Bretagna ha cercato di ampliare i confini del concetto di nazionalità per includere minoranze culturali come accettabili elementi nel concetto di essere un cittadino britannico. Le identità col trattino o le identità ibride sono ammesse nel concetto inclusivo di essere cittadino Britannico. La scuola è un magnete per tutte le comunità. La diversità etnica e culturale sono viste come risorse positive.

Soluzioni prammatiche e rispetto reciproco sono le abilità equivalenti richieste per affrontare queste differenze (Schiffauer, Bauman, Kastoryano, Vertovec 2006). D'altro canto la Francia ha riaffermato i suoi confini culturali attraverso le sue scuole, lasciando poco spazio alle minoranze etniche nelle istituzioni educative (Van Zanten 1997).

Il modello francese di integrazione è coerente con l'idea repubblicana di stato nazione in cui le diversità etniche sono assimilate in un'unica identità nazionale. Libertà, uguaglianza e fratellanza sono i fondamentali principi dell'idea repubblicana dello stato francese (Schnapper 1991). La secolarizzazione è un altro fondamentale principio dello stato francese che implica la separazione tra sfera pubblica e privata. La sfera pubblica è il luogo in cui il principio repubblicano di uguaglianza deve essere applicato. I cittadini possono essere diversi solo nella sfera privata (Roy 2007). Il dibattito sul fatto di permettere alle studentesse di religione mussulmana di indossare il velo o meno nella scuola pubblica francese dimostrò come il concetto di secolarizzazione sia di fondamentale importanza nell'arena pubblica francese (Silverman 1992). Tuttavia le recenti sommosse a Parigi nel 2005 con l'esplosione delle banlieues (Stern 2006) e gli avvenimenti del 7/7 a Londra sono una evidente testimonianza che entrambi i modelli hanno le loro mancanze e anche il multiculturalismo è stato rimesso in discussione (Joppke 2004).

In Germania il sistema educativo sembra che sia molto sfavorevole verso gli studenti che non hanno un background tedesco.

L'ultimo studio PISA (Programma Internazionale per la valutazione degli studenti) ha dichiarato che il sistema educativo tedesco è discriminante nei confronti di studenti con un background non tedesco. Infatti ci sono comparativamente pochi bambini con un background di immigrati nelle scuole tedesche che prevedono la continuazione degli studi a livello universitario chiamate Gymnasiums. Alcune scuole dette a vocational-track cioè scuole tecniche d'altro canto sono diventate il catch-alls per gli studenti immigrati (Green Paper 2008).

Il contesto scolastico italiano - Il costume di Arlecchino

Analizzando i dati statistici pubblicati dal Ministero della Pubblica Istruzione pubblicati nel 2008 possiamo dichiarare che il numero di bambini immigrati a livello di scuola elementare è triplicato negli ultimi 5 anni. Attualmente secondo i dati si registra una notevole presenza di studenti nati in Italia conosciuti come italiani di seconda generazione o nuove generazioni (Besozzi 2007, Ambrosini e Molina 2004) e un ampio numero di studenti emigranti entrati per la prima volta nel sistema educativo italiano. Gli studenti emigrati nati in Italia rappresentano il 35% degli italiani corrispondenti al 2,2% dell'intera popolazione studentesca (Dossier Caritas 2008).

Le nazionalità più rappresentate nelle scuole italiane sono la Romania,con l'Albania e il Marocco (si registrano 76,217 presenze, 13.28% dell'intera popolazione studentesca rappresentante il 44.27% degli studenti stranieri (Dossier Caritas 2008) e una rilevante presenza di studenti rom che frequentano principalmente la scuola elementare. Essi costituiscono la minoranza etnica che è più disprezzata e discriminata in Italia (Trentin 2006).

Gli immigrati stranieri e le loro famiglie che vivono in Italia sono distribuiti a macchia di leopardo. Si trova un tessuto sociale multiforme simile al costume di Arlecchino (Ongini 2002).

Così in Toscana, per esempio, Livorno mostra una prevalente presenza di albanesi, Lucca di marocchini e a Prato il gruppo dominante è composto da cinesi (Caritas 2008). Questo aspetto particolare che coinvolge la società italiana è peculiare al modello italiano di immigrazione (King e Andall 1999). L'attuale bibliografia italiana (Giovannini e Queirolo Palmas 2002, Ceccagno 2004, Colombo 2007, Ambrosini e Molina 2004, Sibhathu 2004, Marzulli 2007, Ricucci 2008, Queirolo Palmas 2008), fornisce una evidente testimonianza dell'interesse sempre più crescente per l'integrazione degli alunni immigrati nati in Italia. Nella sociologia dell'immigrazione Portes e Rumbaut (2001) li classificano come seconda generazione. Colombo (2007) rifiuta questo termine perché significa segregarli in una categoria separata. Questi giovani sono nati, cresciuti e studiano in questo paese e si comportano come cittadini italiani (Ricucci 2008).

Besozzi (2007) creò una nuova categoria e li chiamò nuova generazione senza etichettare la loro identità con l'esperienza dell'immigrazione. L'integrazione di questa nuova generazione nel sistema educativo è una sfida fondamentale per la politica educativa italiana. Negli anni '90 il Ministro della Pubblica Istruzione adottò il modello interculturale per integrare gli alunni stranieri e promuovere il dialogo tra le diverse nazionalità nelle scuole (leggi n.205-26/7/90,n73 2/3/94, art.36 n.40 (96)).

La circolare che può essere considerata la pietra miliare nell'educazione interculturale italiana è la Direttiva n.205 emanata il 22 luglio del 1990.

Per la prima volta il Ministro della Pubblica Istruzione introdusse il concetto di Educazione Interculturale nel sistema educativo in Italia. Il termine Educazione Multiculturale divenne di uso corrente in Gran Bretagna e in America, mentre l'educazione interculturale è stata usata più ampiamente nella bibliografia continentale.

Leeman (2003) spiega il concetto di educazione interculturale o multiculturale come l'apprendere a vivere in una società etnicamente e culturalmente diversa. Molti esperti italiani e pedagogisti (Demetrio e Favaro 1992, Colombo e Favaro 1993, Campani 1996, Terranova 1997, Susi 1998, Cambi 2001, Silva 2002, Demetrio e Favaro 2002) cominciarono ad elaborare una pedagogia interculturale per promuovere un modello di integrazione che potesse affrontare con successo la diversità. Le due leggi sull'immigrazione nel 1998 ribadiscono l'orientamento di questa politica. Infatti il Testo Unico sull'Immigrazione L.N.40 e il Decreto legislativo del 25/7/98 garantiscono il diritto all'educazione di tutti a prescindere dal loro stato legale e dall'iscrizione degli studenti immigranti in qualsiasi momento dell'anno scolastico. Nel 2002 la legge n.182 conosciuta come Bossi-Fini non modificò questa procedura di integrazione degli studenti stranieri. L'articolo 9 del contratto nazionale del personale della scuola del 2002/2005 fu fondamentale per la realizzazione di una politica di integrazione con misure finanziarie per realizzare i progetti interculturali nelle aree con una rilevante presenza di immigrati. Il contenuto della circolare direttiva n.21 emanata nel marzo 2006 fa seguito alle ricerche e le conclusioni dell'Osservatorio del M.I.U.R. (Ministero Istruzione Università Ricerca) che nell'ottobre del 2007 emanò un Rapporto intitolato La via italiana per una scuola interculturale e per l'integrazione degli studenti stranieri in cui l'educazione interculturale considerata un valido metodo per integrare gli studenti immigrati nella società italiana. Tale orientamento viene espresso nella sua forma più compiuta ed esplicita in questo documento. Le scuole infatti sono un punto nevralgico per la costruzione e la divisione di regole comuni, esse possono trasmettere la conoscenza storica, sociale, legale ed economica che sono indispensabili nello sviluppo della cittadinanza sociale e servono a creare una società più coesa e democratica (Rapporto Ministero Istruzione Università Ricerca 2006).

Parallelamente all'approvazione di una nuova legislazione riguardante la politica educativa, l'Italia ha iniziato un processo di decentralizzazione amministrativa e politica. Le cosiddette leggi Bassanini (n.57/97 e n.127/97) hanno promosso una decentralizzazione politica a favore dell'autonomia delle regioni italiane dal governo centrale di Roma. Questo processo di decentralizzazione ha anche coinvolto il sistema educativo italiano e con le leggi n.30 del 2000 e n.53 del 2003 abbiamo avuta una nuova riforma che diede più potere alle singole regioni e alle scuole. Inoltre ci sono 5 regioni (Friuli Venezia Giulia,Trentino Alto Adige, Valle D'Aosta, Sicilia, Sardegna) che hanno uno statuto speciale di autonomia e in alcune di loro l'insegnamento della lingua delle minoranze etniche che vivono nella regione è presente nelle scuole elementari. Per la suddetta regione non c'è una uniforme applicazione delle politiche istituzionali. L`autonomia delle scuole e delle regioni determina una diversa applicazione di questa politica che non solo può variare da regione a regione ma anche da scuola a scuola. Infatti le mie prime ricerche mostrano che nelle città toscane tradizionalmente governate dalla sinistra come Prato, Firenze o Livorno, le istituzioni locali sono più disposte a stanziare fondi per proggetti e attività con lo scopo di integrare gli alunni stranieri.

In particolare, in città come Prato e Firenze una sinergia prodotta dalla collaborazione tra le istituzioni locali, le Università, le associazioni di immigrati e le scuole sembra rappresentare una strategia che ha successo e risponde alla nuova sfida con cui deve confrontarsi il sistema educativo italiano. Comunque, le ricerche preliminari hanno mostrato che in altre città che tendono ad essere governate dalla destra, le scuole sono meno disposte a sovvenzionare questo genere di progetti ed a eseguire il curriculum tradizionale senza adottarlo o in maniera complementare con le attività interculturali.

L'approccio pedagogico adottato dal governo centrale è cambiato nell'ottobre del 2008, quando il ministro Roberto Cota della Lega Nord propose una mozione da integrare nella riforma Gelmini recentemente approvata. Questa mozione rappresenta un punto di svolta nella politica educativa perché introduce un diverso modello basato sulla separazione temporanea dei figli degli immigrati dalla loro classe e stabilisce l'iscrizione obbligatoria degli studenti stranieri entro il 31 Dicembre. Gli studenti immigrati devono superare un esame per valutare la loro padronanza della lingua italiana. Se l'alunno straniero fallisce questo test dovrà essere separato dalla sua classe e inserito in una classe a parte chiamata classe d'inserimento dove gli verrà insegnato un programma particolare che comprende l'insegnamento della lingua italiana ed un curriculum studiorum diverso. Questa mozione fu messa in discussione da molte scuole italiane che si rifiutarono di applicare le nuove norme. Per il 2010 il ministro dell'educazione Gelmini ha stabilito un tetto del 30% per il numero di studenti stranieri ammessi in classe.

Conclusione

Attualmente una tensione politica ed ideologica tra i due principali partiti di coalizione sta coinvolgendo tutti i campi politici. Questa tensione ha un impatto di fondamentale importanza per le politiche italiane di integrazione. Il modello intercultuale fu messo in discussione dal modello di separazione temporanea promosso dalla mozione della Lega Nord del deputato Roberto Cota.

Molte delle scuole in Italia hanno rifiutato di applicare questa mozione perché è in contraddizione con la circolare direttiva numero 24 del Marzo 2006 che stabilisce che lo studente deve passare tutto il suo tempo in classe tranne che per la realizzazione di alcuni progetti individuali. Anche le direttive del Concilio Europeo che riguardano l'integrazione dei figli degli immigrati ribadiscono lo stesso approccio pedagogico. Queste direttive promuovono un'educazione interculturale ed identificano le scuole come un'arena in cui l'integrazione può avvenire con un approccio integrato che implica l'inserimento degli studenti stranieri nelle classi con gli alunni di madrelingua Italiana. Inoltre come ho constatato nel mio fieldwork esplorativo in Italia le politiche educative sono realizzate in maniera diversa da regione a regione e da scuola a scuola. Ne consegue che le politiche educative non sono uniformi e sono soggette a variazioni locali e regionali.

La sfida cruciale sarà come integrare la nuova generazione nella società italiana senza escluderla. Noi italiani dovremmo ripensare ad un concetto di identità nazionale più inclusivo (Grillo, 2002) con nuove leggi sulla cittadinanza.

Le strategie e la politica educativa che saranno adottate per un modello condiviso di integrazione saranno il vero banco di prova (Queirolo Palmas, 2006) per il sistema educativo italiano.

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Pour citer cette ressource :

Rosa Orlando, Una sfida per il sistema educativo italiano: l'integrazione della seconda generazione, La Clé des Langues [en ligne], Lyon, ENS de LYON/DGESCO (ISSN 2107-7029), mai 2010. Consulté le 23/11/2024. URL: https://cle.ens-lyon.fr/italien/civilisation/xxe-xxie/migrations/una-sfida-per-il-sistema-educativo-italiano-l-integrazione-della-seconda-generazione