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17 novembre 2022 - Famiglie arcobaleno: illegittimo il decreto Salvini che impone "padre" e "madre" sui documenti di identità

Publié par Alison Carton-Kozak le 17/11/2022

Sì alla parola «genitore» sui documenti dei figli al posto di «padre» e «madre». Il governo è pronto a intervenire

Il ricorso fatto da due donne, che hanno vinto la causa. Il decreto del 2019 imponeva la dicitura «padre» e «madre». L’ordinanza del Tribunale civile di Roma vale solo per il caso specifico. Gli avvocati: «Chiediamo che il decreto Salvini venga annullato»

(Alessandra Arachi, Il Corriere della Sera, 17/11/2022)

Cosa mettere sulla carta di identità di un minore: «padre» e «madre»? O una dizione neutra come «genitore»? C’è un decreto ministeriale che ha stabilito come comportarsi. Un’ordinanza di un Tribunale civile che ha ribaltato quella decisione. E a questo punto c’è il governo che ha fatto sapere: prenderemo in mano la questione per fare ordine, è a rischio il sistema di identificazione personale. Non è una pura questione burocratica.

È una questione che riguarda direttamente le famiglie omogenitoriali, quelle che vengono chiamate famiglie arcobaleno. E il problema si pone quando i bambini si trovano due mamme e due papà: cosa scrivere nei documenti? Quando il 31 gennaio del 2019 al Viminale c’era Matteo Salvini, il ministro non ha avuto dubbi: fece un decreto per stabilire che sui documenti dei minori ci dovesse essere scritto chiaro «padre» e «madre».

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Cara premier, siamo due madri e vogliamo avere i tuoi stessi diritti

La nostra bambina, come ha scritto il giudice nella sentenza sul decreto del 31 gennaio 2019, ha diritto a una corretta rappresentazione della sua situazione familiare, come figlia (naturale e giuridica) di due donne, quindi di due “madri”, o comunque di due “genitori”

(Rory Cappelli, Eugenia Romanelli, La Repubblica, 17/11/2022)

Tutte le volte che dobbiamo firmare un modulo scolastico, ci prende male: c’è scritto madre e padre. Ma noi siamo, in virtù di una sentenza, due madri. La delega per far uscire la bambina da scuola, il modulo per la ginnastica o quello per il teatro, la storia è sempre la stessa.

Siamo una coppia di donne; abbiamo avuto, insieme, una bambina; una delle due, la madre non biologica, ha fatto ricorso al tribunale per adottarla; l’adozione, dopo una consulenza tecnica d’ufficio e peripezie varie, è stata riconosciuta.

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Carta d'identità con due madri Il governo: sistema a rischio

Sentenza choc su una coppia gay: scavalcato il decreto Salvini. Palazzo Chigi: "Esamineremo con attenzione"

(Il Giornale, 17/11/2022)

Non «madre» e «padre» sulle carte d'identità ma un termine «neutro», ossia «genitore». L'ordinanza del Tribunale civile di Roma interviene, in relazione al ricorso di due «mamme», sul decreto Salvini che risale ai tempi in cui il vertice del Carroccio era l'inquilino del Viminale. La storia è questa: due madri di una bimba, una adottiva e una legale, si presentano negli uffici della capitale. Richiedono il documento citato. Ricevono un appunto che riguarda ciò che dovrebbe essere scritto: «Madre, padre o chi ne fa le veci». Ecco che scatta il ricorso. Lo stesso che è stato accolto. La spiegazione dell'iter è tutto nelle parole dell'avvocato che ha seguito le due donne, Federica Tepori: «Ci siamo rivolti, quindi, al tribunale ordinario (il Tar non era l'organo competente, ndr) che con una sentenza bellissima ci ha dato ragione - dichiara - . Il giudice, inoltre, afferma che il decreto oltre a violare le norme, sia comunitarie che internazionali, è viziato da eccesso di potere. In quel provvedimento il ministro va oltre le sue competenze: la carta di identità è, infatti, un documento certificativo di una realtà già pre-esistente nell'atto nascita che stabilisce una madre partoriente e una adottiva». E ancora: «Non può quindi esserci discrasia tra documento di identità e l'atto di nascita». Il tutto, in buona sostanza, viene presentato come una vittoria giuridica. Una di quelle che fanno esultare Monica Cirinnà del Pd e gli altri paladini dei diritti Lgbt (che infatti si entusiasmano con estrema puntualità). Il dibattito politico inizia a vertere sulle parole «legittimità» e «illegittimità». L'oggetto è sempre il decreto. Fabrizio Marrazzo, portavoce del partito GAY LGBT +, chiede conseguenze: «Ora richiediamo che Salvini e la ex ministra Lamorgese, che non vollero modificare questa circolare discriminatoria siano sanzionati, non si può fare politica sulla pelle delle persone». Sembra una narrativa unica ma arriva una cesura istituzionale.

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