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11 maggio 2020 - Liberazione di Silvia Romano, cooperante italiana in Kenya

Publié par Serena Mercuri le 11/05/2020

Silvia Romano libera dopo un anno e mezzo di prigionia: "Sono stata forte. Ho resistito"

A dare l'annuncio il premier Giuseppe Conte su Twitter. Il rientro è previsto in Italia domani con un aereo dell'Aise che atterrerà a Ciampino alle 14. La volontaria "è provata ma sta bene". Il padre: "Lasciatemi respirare, ancora non ci credo"

(Katia Riccardi, La Repubblica, 09/05/2020)

ROMA - Silvia Romano è stata liberata. Dopo un anno e mezzo di prigionia passata cambiando tre volte covo, dopo ipotesi, supposizioni e congetture tornerà a casa domani. "Sono stata forte e ho resistito. Sto bene e non vedo l'ora di ritornare in Italia" ha detto poco dopo l'annuncio del premier Giuseppe Conte su Twitter: "Ringrazio le donne e gli uomini dei servizi di intelligence esterna. Silvia, ti aspettiamo in Italia".

Un annuncio che l'Italia chiusa in casa oggi non si aspettava e che ha festeggiato. "Motivo di grande gioia per tutti gli italiani", ha detto il presidente della Repubblica Sergio Mattarella.

La liberazione

La sua liberazione, dicono fonti interne, è avvenuta grazie a "un lungo e complesso lavoro sul campo" diretto dal generale Luciano Carta, con la collaborazione dei servizi turchi e somali. Silvia Romano era ancora nelle mani di Al Shabab, gruppo terrorista somalo affiliato ad al Qaeda, quando la scorsa notte è scattata l'operazione dell'Aise a 30 chilometri da Mogadiscio in una zona ridotta in condizioni estreme per le alluvioni degli ultimi giorni. Ed è qui che in queste ore si trova la ragazza: in sicurezza nel compound delle forze internazionali.

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Kenya e Somalia, un incubo lungo 18 mesi Gli 007 italiani riportano Silvia in Italia

Prigioniera degli Shabaab, liberata con la collaborazione dei servizi turchi. Oggi il rientro a Roma

(Francesco Grignetti, La Stampa, 10/05/2020)

ROMA. È stata una prigionia interminabile, per la giovane Silvia Romano. Diciotto mesi nelle mani dei suoi rapitori, che l’hanno spostata almeno tre volte in altrettanti villaggi. Quasi sempre nella zona più interna e desolata della Somalia. E le caratteristiche del territorio quasi hanno fatto saltare la liberazione, perché l’area a 30 km da Mogadiscio dove l’avevano portata per lo scambio, in questi giorni è sottoposta a piogge torrenziali, le strade sono alluvionate e ci sono decine di migliaia di sfollati.

C’è voluto un sovrappiù di testardaggine, insomma, per riportare Silvia a casa. Ma anche lei dimostra una tempra eccezionale. Ha tenuto testa alla paura per un anno mezzo. E non ha mancato di farlo notare a chi le ha parlato, nel tragitto dalla boscaglia verso la città: «Sono stata forte e ho resistito...».

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Silvia Romano in Italia, l'abbraccio con la famiglia: "Convertita all'Islam per libera scelta"

Liberata dopo 18 mesi di sequestro in Africa. "Mai legata, cambiavamo spesso covo". E sulla conversione religiosa: "Nessuno mi ha costretta. Non c'è stato alcun matrimonio né relazione, solo rispetto"

(La Repubblica, 10/05/2020)

"Sto bene, ora voglio solo stare tanto tempo con la mia famiglia". Sono le prime parole pronunciate da Silvia Romano finalmente rientrata in Italia. L'aereo, un Falcon dell'intelligence, è atterrata a Ciampino intorno alle 14. Ad attendere la volontaria liberata in Somalia, assieme alla sua famiglia, c'erano il presidente del Consiglio Giuseppe Conte e il ministro degli Esteri Luigi Di Maio.

I saluti, gli abbracci e il sorriso

Vestita con jilbab, un abito tradizionale indossato dalle donne in Kenya e Somalia, con il capo coperto, guanti sulle mani e mascherina sul volto abbassata solo per salutare, Silvia è scesa dalla scaletta dell'aereo che l'ha riportata in Italia dopo la lunga prigionia. Ha salutato con il gomito il premier e il ministro Di Maio, - in osservanza alle norme anti Covid-19 - poi ha potuto stringere di nuovo il papà Enzo, la mamma Francesca e la sorella.

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Silvia, gli abbracci e la conversione: “Ora sono islamica, mi chiamo Aisha”

La cooperante milanese sbarca a Roma tra le lacrime dei genitori. «Ho letto il Corano e adesso ci credo». Le parole davanti al pm: «Nessun matrimonio né relazione. Mi hanno trattata con rispetto. Ma i carcerieri avevano sempre il volto coperto»

(Grazia Longo, La Stampa, 11/05/2020)

ROMA. «I primi tempi non ho fatto altro che piangere, poi però mi sono fatta coraggio e ho trovato un equilibrio interiore. Piano piano è cresciuta dentro di me una maturazione che mi ha convinto a convertirmi all’Islam». Il suo nuovo nome è Aisha, come la moglie favorita di Maometto.

Le parole riannodano i fili dei ricordi, il nastro si riavvolge e palesa paure, speranze, una nuova fede religiosa. Silvia Romano, la milanese di 25 anni, cooperante in Kenya di una onlus marchigiana, liberata l’altro ieri dopo 18 mesi di sequestro tra il Kenya e la Somalia da una banda di jihadisti vicini ai terroristi di Al Shabaab, rievoca la sua lunga prigionia nel suo primo giorno di rientro in Italia. Davanti al pm Sergio Colaiocco, responsabile dell’antiterrorismo della procura di Roma guidata da Michele Prestipino e gli ufficiali dei carabinieri del Ros, racconta per tre ore come ha vissuto l’ultimo anno e mezzo della sua giovane vita.

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Roberto Saviano: "Silvia, bentornata nel Paese che ora deve riconoscere il tuo grande coraggio"

"La liberazione della giovane volontaria è la vittoria contro la criminalità islamista e contro l’idea mafiosa di sequestrare chiunque aiuti con la pratica della parola"

(Roberto Saviano, La Repubblica, 10/05/2020)

Silvia Romano è libera, torna a casa. Troverà un'Italia profondamente cambiata dalla sua partenza, un Paese provato ma che non si è dimenticato di lei e l'ha curata in questi mesi, ognuno a suo modo, ricordandola in un post, in una preghiera, cercando di chiedere ai governi di non lasciarla sola.

Sentirà al suo arrivo quanto parte della sua liberazione sia dovuta al bene che questo Paese le ha riservato. Troverà un'Italia identica in quella parte che ha blaterato (e continuerà a farlo) nel cachinno continuo del "se l'è andata a cercare".

La storia è semplice. Silvia Romano, una ragazza di 23 anni di Milano, va in Africa dopo essersi laureata in mediazione linguistica con una tesi sulla tratta di esseri umani. Sceglie di andare in Kenya, terra con uno dei tassi più alti di mortalità infantile: gli ultimi dati disponibili parlano di 122 mila bambini l'anno che muoiono prima dei 5 anni. Ci va per lavorare come volontaria. Sì, lavorare, perché costa fatica e impegno anche se non si è retribuiti.

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Silvia Romano in Italia in abito islamico, avrebbe cambiato nome con la nuova fede. “Mi sono convertita per libera scelta”

Conte e Di Maio ad attenderla a Ciampino. Interrogata dai pm nella caserma dei Ros: da chiarire il matrimonio con rito islamico e la conversione

(Marco Accossato, La Stampa, 10/05/2020)

ROMA. Un grande sorriso, un passo svelto e deciso, guanti e mascherina anti-virus che allontanandosi dall’aereo abbassa soltanto un istante per salutare. Silvia Romano è tornata in Italia – all'aeroporto militare di Ciampino – pochi minuti dopo le 14, dopo 18 mesi da prigioniera in un villaggio del Kenya. Silvia potrebbe aver cambiato nome dopo la conversione all’Islam maturata durante la prigionia, raccontano fonti diplomatiche, mentre la ragazza è interrogata dal pubblico ministero di Roma Sergio Colaiocco e dagli ufficiali dell'antiterrorismo del Raggruppamento operativo dell'Arma  nella caserma dei Ros. «Mi sono convertita all'Islam, è stata una mia libera scelta», avrebbe raccontato Silvia Romano agli 007 italiani, spiegando di essere stata «trattata bene» dai sequestratori e di non aver subito violenze nei 15 mesi di prigionia trascorsi nelle mani di Al Shabab in Somalia. La cooperante ha anche spiegato di non essere stata costretta al matrimonio, smentendo le voci che si erano diffuse nei mesi scorsi. 

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Silvia Romano, l’abbraccio con la madre (nel giorno della Festa della Mamma): “Sono stata forte”. L’istinto e la felicità battono le regole anti-Covid – FOTO

L'istinto e la felicità di questa famiglia di nuovo riunita dopo molti mesi di incertezze e preoccupazioni ci hanno fatto dimenticare per un istante tutte le distanze di sicurezza da rispettare per cercare di evitare il contagio da coronavirus

(Ilaria Mauri, Il Fatto Quotidiano, 10/05/2020)

Coperta e velata in un abito tipico africano, guanti monouso come prevedono le disposizioni anti-contagio da coronavirus e la mascherina che non nasconde il sorriso stampato sul suo volto. Così Silvia Romano è scesa dall’areo che l’ha riportata in Italia dopo un anno e mezzo di prigionia in Africa, tra Kenya e Somalia. Appena atterrata è corsa incontro alla madre che l’aspettava sulla soglia dell’aeroporto di Ciampino per stringerla in un abbraccio fortissimo, proprio nel giorno della Festa della Mamma, come da troppo tempo ormai non ne vedevamo più a causa della pandemia. Poi ancora, ha teso le braccia al padre e alla sorella che l’attendevano a braccia aperte, stringendoli a sé, incurante dei flash dei fotografi e degli obiettivi delle telecamere, con un sorriso entusiasta sulle labbra. “Sono stata forte”, ha ribadito la cooperante 25enne ai suoi familiari. “Grazie. Sto bene, per fortuna, sto bene fisicamente e mentalmente. Ora voglio solo stare tanto tempo con la mia famiglia e sono felicissima, dopo tanto è bello essere tornati”, ha aggiunto rivolgendosi al presidente del Consiglio Giuseppe Conte e al ministro degli Esteri Luigi Di Maio che erano lì ad accoglierla.

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Silvia Romano, il papà Enzo: «Ecco perché mi sono inchinato. Mia figlia la sorella d'Italia»

(Il Mattino, 11/05/2020)

«Ho voluto accogliere Silvia come meritava, inchinandomi davanti a una figlia di cui sono orgoglioso». Lo ha affermato Enzo Romano, padre di Silvia Romano, in un'intervista al quotidiano QN, all'indomani del rientro in Italia della figlia. «Ciò che ci siamo detti - ha sottolineato - sono parole tra padre e figlia, che resteranno tra noi». «Io ho riabbracciato mia figlia, e non vedevo l'ora di farlo, ma sentivo, e ho sentito anche nelle ore precedenti che l'accoglienza era collettiva: delle istituzioni, che ringrazio immensamente per il lavoro e il supporto, e di centinaia di migliaia di persone che come noi attendevano questo ritorno - ha aggiunto Enzo Romano - Silvia in quel momento era la figlia e la sorella d'Italia. Tantissime persone si sono immedesimate in lei e nella nostra famiglia, condividendo la nostra gioia»

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Silvia Romano e il percorso verso la conversione: «Ho chiesto il Corano, ora mi chiamo Aisha»

Il racconto della prigionia in un diario, mentre c’è chi dice che l’abbiano fatta sposare con uno dei carcerieri, addirittura che sia incinta

(Fiorenza Sarzanini, Corriere della Sera, 11/05/2020)

Ai suoi carcerieri Silvia Romano aveva chiesto un quaderno. Voleva appuntare ogni dettaglio, annotare date e spostamenti, esprimere sensazioni. È diventato il suo diario. I carcerieri glielo hanno preso prima di liberarla, ma adesso, seduta di fronte al pubblico ministero Sergio Colaiocco e ai carabinieri del Ros, le consente di ricostruire i suoi 18 mesi di prigionia. Lo fa con la voce squillante, il tono sereno, anche se il movimento delle mani tradisce l’emozione e le sofferenze patite. Un racconto angosciante che la giovane volontaria catturata il 20 novembre 2018 in un villaggio del Kenya aveva cominciato con la psicologa che l’ha accolta all’ambasciata di Mogadiscio e le è rimasta sempre accanto anche sul volo che l’ha riportata in Italia. A lei Silvia ha confermato di essersi convertita. Soltanto a lei ha rivelato che  «adesso mi chiamo Aisha»

Il viaggio di un mese verso la Somalia

Torna indietro nel tempo Silvia e ricorda i momenti della cattura, i tre uomini che la portano via dal villaggio Chakama, a 80 chilometri da Malindi dove lavora per la Onlus «Africa Milele». Sono gli esecutori, la consegnano subito alla banda che ne ha ordinato il sequestro. Comincia il viaggio per arrivare in Somalia. «È durato circa un mese. All’inizio c’erano due moto, poi una si è rotta. Abbiamo fatto molti tratti a piedi, attraversato un fiume. C’erano degli uomini con me, camminavamo anche per otto, nove ore di seguito. Erano cinque o sei». Quando si sparge la notizia che sia rimasta ferita nel conflitto a fuoco e qualcuno ipotizza che possa essere morta, la ragazza è già arrivata nel primo covo. È l’unica donna, la chiudono in una stanza.

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