Luther Blissett, ((Q)) (1999)
L'autore
Il nome di un calciatore inglese degli anni '80 è lo pseudonimo di un autore multiplo, liberamente adottato negli anni Novanta da centinaia di persone in Europa. In Italia, il Luther Blissett Project si organizza inizialmente in network culturale. Definendosi dei «Robin Hood dell'era informatica», i membri italiani del Luther Blissett Project sono all'origine di una serie di azioni e di beffe ai danni di trasmissioni televisive e di campagne di controinformazione, volte sia a denunciare la scarsa professionalità di certo giornalismo, sia a sottolineare come alcuni diritti fondamentali possano essere minacciati. Un esempio di queste beffe è stata una campagna di «satanismo» nella provincia di Viterbo, prodotta con false prove che, divulgata dai mezzi di informazione senza alcuna verifica, creò una psicosi collettiva. All'origine di Q, il primo romanzo di Luther Blissett, sono quattro autori bolognesi, che scelgono di non comparire individualmente (per questo motivo non ne indicheremo il nome), allo scopo di non personalizzare un'opera che è e deve rimanere, nelle loro intenzioni, collettiva come l'esecuzione di un gruppo musicale, analogia usata frequentemente dagli stessi autori. Coerentemente con la risoluzione blissettiana di rifiutare in modo programmatico il copyright - hanno coniato il termine copyleft - proseguendo una sorta di pacifica e faceta guerriglia allo strapotere dell'industria culturale e alla sua logica commerciale, la diffusione del romanzo è libera. La versione integrale è disponibile su internet nelle varie traduzioni, chiunque può leggerlo e riprodurlo, tranne che per scopi commerciali. Dal 2000 il gruppo ha assunto un nuovo nome, Wu Ming, dal cinese mandarino «senza nome» ed ha pubblicato altri romanzi, 54 e Manituana.
La trama e lo stile
La vicenda di Q copre il trentennio che va dal 1525 al 1555, cioè dalla durissima repressione della guerra dei contadini in Germania all'elezione a pontefice di Paolo IV, al secolo Gian Pietro Carafa, che segna anche una svolta nel Concilio di Trento e il tramonto definitivo delle speranze di una riconciliazione della cristianità, divisa ormai definitivamente nelle due chiese protestante e cattolica. Il personaggio storico che ha ispirato gli autori è un misterioso predicatore anabattista, verosimilmente tedesco, Tiziano, attivo in Veneto e Romagna fra il 1546 e il 1551, di cui si ha conoscenza soltanto attraverso le confessioni rilasciate all'Inquisizione da un suo compagno, che dichiarò fra l'altro che Tiziano avrebbe tentato di convertire il Papa. A parte questo, non si hanno altre informazioni sulla sua vita, né da dove provenisse, né quale sia stata la sua sorte. A partire dall'enigmatica biografia di Tiziano, gli autori hanno dunque creato un personaggio multiplo, che ha vissuto in prima persona una serie di eventi della storia europea di quegli anni, assumendo di volta in volta una nuova identità. Lo incontriamo all'inizio nel bagno di sangue di Frankenhausen, l'ultima battaglia della guerra dei contadini, compagno di Thomas Muntzer, l'ispiratore del movimento. Sfuggito miracolosamente alle strage, il protagonista, mutando sempre nome, prosegue la sua itineranza in vari centri europei del movimento anabattista, incontrandone i protagonisti, a cominciare da Melchior Hofmann, il profeta di Strasburgo; quindi si arruola nelle bande militarizzate di Jan Batenburg; è a Münster, prima apostolo di Jan Matthys, poi testimone del crescendo di follia che si impadronisce dei leader anabattisti asserragliati. Di nuovo scampato per miracolo alla strage, lo ritroviamo ad Anversa, accolto da una comunità libera e pacifista, i Loisti. Qui ad Anversa, la lotta politica e ideologica prende una nuova forma: l'attacco al cuore del capitalismo, le banche. Il protagonista organizza una colossale truffa (uno dei rari fatti storici inventati) ai danni dei Fugger, i banchieri tedeschi, finanziatori dell'imperatore Carlo V. Dopo un breve passaggio da Basilea, nelle stesse tipografie che videro Erasmo e tanti esuli per motivi religiosi, il nostro personaggio atterra a Venezia con un nuovo disegno rivoluzionario, la diffusione di un libello cripto-calvinista, il Beneficio di Cristo, la cui complessa vicenda editoriale ed inquisitoriale costituisce uno dei nodi nella ricostruzione della Riforma in Italia e dei tentativi di riconciliazione con la chiesa protestante. Da tenutario di un bordello di lusso a Venezia a predicatore nel Polesine, le avventure italiane del protagonista si concludono con una fuga finale e la rinuncia definitiva (?) alla lotta, nelle braccia di una delle donne più influenti del tempo, Beatriz Mendez de Luna. Parallelamente alla narrazione in prima persona di Tiziano (così denominato per semplificare), si intrecciano le lettere e il diario di Q., il suo antagonista, emissario e spia di Gian Pietro Carafa, l'occhio di Carafa appunto, presenza costante, che uscirà dall'ombra solo nel finale a sorpresa e che ha dedicato tutta la sua vita ad eseguire le missioni più delicate per conto del cardinale. Sarebbe stato lui a suggerire a Thomas Muntzer l'attacco di Frankenhausen, allo scopo di mandare l'esercito contadino al macello; sarebbe stato lui ad instillare a Bernard Rothmann, il predicatore invasato di Münster, gli argomenti più audaci e impopolari, come la poligamia, per screditare il movimento anabattista; e sarebbe stato lui il traditore che apre alle truppe assedianti le porte della città. Sempre al centro di oscure trame di potere, tese di volta in volta contro l'imperatore, contro l'ala conciliarista della chiesa di Roma e tutti coloro che ostacolano la scalata al potere del suo mandante. Oltre al ricorso al duplice punto di vista, del protagonista e dell'antagonista, la struttura del romanzo è resa complessa da un continuo movimento di allers retours del racconto dell'io narrante, che violano in parte l'ordine cronologico, e si presentano a volte come un racconto nel racconto, tipico espediente della narrazione epica (un esempio per tutti il racconto di Enea). Alcuni eventi, come gli scontri militari, le fughe, il vissuto del corpo, sono descritti con uno stile impressionista accelerato. A volte i dialoghi sono riportati come in un copione cinematografico. Le situazioni più triviali ricorrono a un linguaggio giovanile attualissimo, mentre la voce di Q. è segnata dalla ricerca dell'ossequioso e magniloquente stile epistolare di un sottoposto che si rivolge al cardinale. Nessuna ricerca dunque di un mimetismo stilistico e linguistico artificiale, quanto incoerente, come spesso si incontra nei romanzi storici, ma una voluta e rivendicata pluralità stilistica, che gli stessi autori hnno definito, intendendo spiegare il funzionamento della scrittura collettiva, come «il concerto di un gruppo musicale, fatto di tanti pezzi d'insieme, alternati a momenti in cui intervengono degli a solo virtuosistici». Un personaggio multiplo per un autore multiplo dunque, ma la questione si potrebbe porre nei termini anche della creazione di un personaggio fittizio realistico, un personaggio charnière, come Marguerite Yourcenar aveva definito Zénon, de l'Oeuvre au noir, cioè un personaggio che riunisce tanti personaggi reali, i loro destini e le loro idee, scelta narrativa, ma direi anche documentaria, particolarmente stimolante, rispetto al motivo classico del romanzo storico e biografico, del personaggio reale romanzato, a cui l'autore deve prestare emozioni ed azioni fittizie. Ne risultano un pastiche stilistico, rivendicato esplicitamente dagli autori, e un intreccio di personaggi storici, contemporanei (ma trasposti nella vicenda), di fantasia, (ma credibili) vertiginosi.
Il contesto storico
Ad un primo livello Q ripropone al lettore, su una base documentaria eccellente, un pezzo di storia europea, quello della diffusione della Riforma radicale in Europa, in dissidenza prima, in aperto conflitto poi con Lutero e i principi luterani; e in particolare evoca la diffusione della corrente violenta e militarizzata dell'anabattismo, detta ispirazionista, attiva soprattutto in Germania occidentale e in Frisia, che contò una serie di predicatori animati da un pathos apocalittico e messianico, capaci di attirare un seguito considerevole. Si ricorderà che la chiesa luterana, nello sforzo di mettere a tacere la ribellione interna, e per non apparire debole di fronte al nemico cattolico, fu particolarmente spietata con tutti questi movimenti dissidenti, mentre proprio la teologia ecclesiale protestante, la dottrina della chiesa in quanto comunità perfettibile, affidata all'iniziativa e alla convinzione del singolo, apriva a questo tipo di dibattito. La predicazione esaltata di Melchior Hofmann, convinto di essere la reincarnazione del profeta Elia, porterà il movimento anabattista alle derive della Nuova Sion, ovvero il Regno di David insediato a Münster dagli apostoli di Jan Matthys e l'affascinante quanto cinico attore e ruffiano Jan di Leida, fra il 1534 e il 1535, con il celebre motto «un Dio, una fede, un battesimo», coniato sulle monete, una sorta di cittadella, che devia progressivamente nella follia, sotto la pressione dell'assedio delle truppe del vescovo. Esecuzioni sommarie, violenze generalizzate, pubbliche punizioni, la comunità forzosa dei beni, dettata dall'emergenza, e la poligamia (che trovò la sua giustificazione teorica nel motto evangelico «crescete e moltiplicatevi»), furono tanti eccessi del fanatismo che suscitarono l'orrore dei contemporanei e stigmatizzarono il movimento anabattista, che altrove in Europa (in Carinzia, Moravia e altre regioni dell'Europa dell'est) realizzava invece delle comunità rigorosamente pacifiche, improntate a una devozione dolorista, derivata in parte anche dalle persecuzioni subite. Le gabbie, in cui furono rinchiusi i capi anabattisti, e ancor oggi visibili sulla facciata della chiesa di San Lamberto a Münster, furono lasciate a monito della popolazione e sono tuttora il simbolo delle forme più feroci assunte dalla repressione religiosa di tutti i tempi. Il progressivo riflusso del protagonista e la dissociazione dalla violenza politica, per assumere altre forme di lotta, comincia ad Anversa, nell'incontro con la comunità loista, anch'essa perseguitata e repressa nel sangue. Si tratta di una comunità animata da Eloisius Pruystink, nel romanzo Eloi, segnalatosi negli anni 1520 per una disputa teologica con Lutero e che fonda inseguito una comunità, in cui uomini e donne vivevano liberamente uniti, che gli avversari non tardarono a definire libertina, la cui dottrina conteneva degli accenti averroisti, come la teoria dello Spirito Santo incarnato in ogni individuo, come una sorta di intelletto unico. La parte italiana del romanzo evoca il caso singolarissimo del Beneficio di Cristo, opera del monaco Benedetto Fontanini, con la revisione di Marcantonio Flaminio, che presentava le principali tesi dottrinali e teologiche riformate, al centro delle quali la giustificazione per sola fede. Il libretto è considerato il momento più forte della Riforma in Italia, con numerosi punti in comune con il Catechismo di Juan de Valdés, che in Italia contava numerosi seguaci. Il protagonista e i suoi amici sono immaginati dunque all'origine della sua rocambolesca diffusione soprattutto nei circoli aristocratici e nei centri di potere, la Firenze granducale e a Ferrara, dove Renata di Francia accoglieva e proteggeva gli eretici italiani. Sono gli anni in cui la presenza a Viterbo del cardinale inglese Reginald Pole e della sua cerchia di spirituali alimenta ancora le speranze di una riunificazione della Cristianità, fortemente voluta da Carlo V. Anni in cui raffinati circoli intellettuali discutono liberamente delle nuove dottrine e in cui il Sant'Uffizio non fa troppa paura. Sono gli anni in cui Jacopo Pontormo, artista ufficiale dei Medici, avvia un ciclo di affreschi nella basilica di San Lorenzo a Firenze, che costituivano quasi certamente un'illustrazione delle tesi valdesiane. La mancata elezione al soglio pontificale di Reginald Pole (1549) e l'ascesa inarrestabile degli zelanti di Carafa segna la fine di questa temperie intellettuale ed artistica, e il prevalere della cultura tridentina.
Romanzo storico o romanzo-metafora
Ma cosa significa il titolo del romanzo? Q sta per Qoélet, ovvero il nome ebraico dell'Ecclesiaste, il libro del bene e del male, che esordisce con il proverbiale «niente di nuovo sotto al sole». In effetti, se la lettura di questo romanzo invita innanzitutto a riflettere e a indagare sulla tipologia (per evitare il termine cateogoria) del romanzo storico', il romanzo autorizza largamente la ricerca e l'individuazione di allusioni nemmeno tanto implicite a fatti ed eventi molto più vicini a noi. Del romanzo storico, o per meglio dire del romanzo neostorico postmoderno, Q ha tutte le caratteristiche principali: la scelta di un caso storico scottante, la struttura a suspense, una trama a colpi di scena, con soluzione finale dell'enigma, la mescidanza stilistica, la contaminazione dei generi, il citazionismo, il gusto di collocare in bocca a un personaggio di un'altra epoca tesi e affermazioni di autori moderni, o al contrario far risultare moderne tesi o affermazioni di pensatori antichi. Molte recensioni, specie di ambiente anglosassone, hanno in questo senso voluto scorgere una filiazione di Q con il Nome della rosa di Umberto Eco, l'opera che ha inaugurato il genere, garantendone lo straordinario successo di pubblico che tutti conoscono. In realtà gli autori hanno in più occasioni tenuto a marcare le distanze dallo stile echiano, e bisogna aggiungere che fra il Nome della rosa e Q scorre tutta una stagione di grande revival del genere, con cui moltissimi autori italiani e stranieri degli ultimi vent'anni si sono misurati. In termini più generali, Q non può sfuggire alla classificazione del genere, giacché fornisce categorie interpretative del reale e delle sue trasformazioni secondo dei canoni che, senza giungere agli eccessi del postmodernismo, che annulla le frontiere fra passato e presente, soddisfano le esigenze del pubblico tipico del romanzo neostorico, cioè di offrire una narrativa critica, attraverso lo specchio della storia. Tuttavia Q non corrisponde ad un luogo comune della critica del romanzo neostorico, secondo cui il genere segnerebbe un momento di ripiego, di disimpegno, di fuga in un passato che vorrebbe essere anche fuga dalla storicità.
Senza nemmeno spingersi fino alle posizioni decostruttiviste, secondo cui l'opera non appartiene più all'autore, ma al lettore, è certo che la natura dell'opera aperta affida comunque al lettore la libertà assoluta di scovare metafore e allusioni di altri fatti ed eventi. Segnaleremo qui di seguito quelle più evidenti ed ammesse dagli stessi autori. A cominciare proprio dal personaggio eponimo, l'autore delle trame occulte, che compare nel romanzo come la causa vera e ultima di una serie di fatti che, altrimenti, risulterebbero incomprensibili. Come ad esempio l'inutile strage di Frankenhausen: gli storici si sono spesso interrogati su quali folli ragioni avessero spinto Thomas Muntzer a muovere un esercito armato di zappe e forconi contro gli Imperiali equipaggiati di bombarde e cannoni, quando era evidente a tutti che si trattava di un'impresa suicida. Q. interviene allora come il tassello mancante, il traditore che convince il leader ingenuo ed esaltato della possibilità di una vittoria. Q. è inoltre l'emissario di un cardinale anziano, poco esposto all'opinione pubblica: una spia al servizio di un Grande Vecchio, che con un gesto impercettibile cambia il corso della storia. Insomma, l'idea di questa mano invisibile e leggera, la soluzione ultima degli enigmi storici, evoca le numerose teorie del complotto, la tesi del Grande Vecchio o del Grande Burattinaio, che avrebbero avvelenato l'Italia di questi ultimi 60 anni e impedito il corretto svolgersi della democrazia nel paese. Il tema di un movimento rivoluzionario represso nel sangue poi decapitato da metodi polizieschi brutali, pratica corrente dell'Inquisizione, che estorce le abiure e le confessioni con la tortura, o anche solo ventilandone lo spettro, ricorda a molti i metodi repressivi della polizia politica e il discusso ricorso al pentitismo. La riforma e i suoi derivati è la febbre che invade l'Europa del Cinquecento, una stagione di rivolte e di mutamenti radicali: se il parallelo con lo spettro che si aggira per l'Europa, è fin troppo banale e evidente, è più variegata e affascinante quella sorta di mappatura tracciata dal romanzo delle numerose forme assunte dai movimenti sociali di protesta emersi dagli anni '60 in poi. La comunità loista di Anversa ricorda per molti versi le comunità hippies, per la sua scelta programmatica della non violenza, la struttura aperta ed accogliente della comunità; le bande armate anarchiche di Batenburg, la pagina più nera dell'anabattismo, ricordano varie forme di violenza gratuita nate dalla costola del terrorismo (dal partito della guerriglia ai Black Block). La cittadella chiusa nel suo fanatismo ideologico è stato dagli stessi autori indicato come un'allusione alle aberrazioni del regime cambogiano di Pol Pot. Una volta finita la stagione della lotta armata, il protagonista, non perde il suo slancio ideologico, non rinuncia a cambiare il mondo. Si convince che si può, che si deve continuare con forme diverse, rinunciando alla violenza, affidandosi alla strategia della parola e alleandosi con nuove, inedite forze. Non si tratta dunque affatto di una critica della cosiddetta generazione del riflusso, come fu definita da alcuni negli anni '80, la generazione che dopo la stagione delle rivolte, si era imborghesita, era scesa a compromessi con le stesse forze politiche e sociali che aveva combattuto. È al contrario, un invito a restare fedeli ai propri ideali con la consapevolezza che ad ogni età e ad ogni momento storico è data la sua forma di lotta.
Indicazioni bibliografiche
U. Gastaldi, Storia dell'anabattismo, Claudiana, Torino 1972, 2 voll.
C. Ginzburg e A. Prosperi, Giochi di pazienza, un seminario sul Beneficio di Cristo, Einaudi, Torino 1975.
S. Caponetto, La Riforma protestante nell'Italia del Cinquecento, Claudiana, Torino 1987.
F. Jameson, Postmodernism or the cultural logic of late capitalism, Duke University Press, Durham 1991.
M. Ganeri, Il romanzo storico in Italia. Il dibattito critico dalle origini al postmoderno, Piero Manni, Lecce 1999.
Pour citer cette ressource :
Susanna Longo, Luther Blissett, ((Q)) (1999), La Clé des Langues [en ligne], Lyon, ENS de LYON/DGESCO (ISSN 2107-7029), octobre 2012. Consulté le 22/12/2024. URL: https://cle.ens-lyon.fr/italien/litterature/bibliotheque/luther-blissett-q-1999