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30 marzo 2020 - Coronavirus: test agli immunizzati per limitare le chiusure?

Publié par Alison Carton-Kozak le 30/03/2020

Lo screening per trovare gli immuni limiterebbe le chiusure, dice l'esperto

L'ex direttore scientifico del Policlinico di Milano: "Integrare i test sui tamponi con i test anticorpali permetterebbe di ottimizzare la strategia di gestione dell’Infezione da Sars-Cov-2"

(Francesca Venturi, Agenzia Italia, 27/03/20)

Invece di continuare a fare (pochi) tamponi per scoprire chi, presentando sintomi, è positivo al Covid-19, c'è la proposta scientifica di puntare piuttosto su più semplici screening che rilevano gli anticorpi e scoprono chi è immune.

Se il coronavirus è attivo in Lombardia da ormai un paio di mesi, come sembra dalle ultime stime, ci sarà sicuramente una parte della popolazione, probabilmente il 10-15%, che ha sviluppato gli anticorpi e può tranquillamente proseguire le sue attività senza rischio.

Si tratta, secondo l'ex direttore del Policlinico di Milano, il professor Ferruccio Bonini, di adottare una diversa strategia di screening del Covid-19 che punti a trovare coloro che sono già immuni pur non avendo avuto i sintomi della malattia, almeno in Lombardia dove i casi si sono verificati per primi, permettendo a una parte delle attività collettive di riprendere prima che l’economia subisca danni irreparabili.

Assieme alla direttrice dell’UO di Epatologia, centro di riferimento della Regione Toscana per le malattie croniche e il tumore del fegato, Maurizia Brunetto, Bonini ha realizzato uno studio in proposito e lo ha illustrato all'AGI. Emerge che nel caso del nuovo coronavirus, il 60-75% dei pazienti è positivo per 9 giorni dal contagio. Dopo il nono giorno, solo il 40-50% dei pazienti rimane positivo. 

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(Luca Fraioli, La Repubblica, 29/03/20)

Quanto può resistere l’Italia in quarantena? Poco. Dobbiamo elaborare subito una strategia per far ripartire il Paese, e la scienza può dare il suo contributo, per esempio aiutando a scoprire chi è immune al coronavirus». L’appello è di Riccardo Valentini, professore di Ecologia forestale all’Università della Tuscia e membro dell’Intergovernmental panel for climate change (Ipcc)

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Diversi esperti ritengono che gli esami del sangue eseguiti in massa potrebbero essere utili per stabilire chi può circolare, per arrivare a una graduale ripresa delle attività

(Laura Cuppini, Il Corriere della Sera, 30/03/20)

«In teoria dovrebbero rientrare al lavoro prima i più giovani. Qualcuno obietta: ma se un giovane vive con anziani? Vero. Ma da qui deve partire la riflessione sul test anticorpale, che diventerà più importante del tampone perché permette di dire se sei immune, si reputa almeno per sei mesi». È stato, tra gli altri, il sindaco di Milano Giuseppe Sala a ipotizzare l’uso degli esame del sangue sugli anticorpi come base per una graduale ripresa delle attività. 

Due tipi di test

Che cosa sono? «I test di tipo sierologico, come i test rapidi sulla gocciolina di sangue per esempio, identificano gli anticorpi —spiega Fausto Baldanti, esperto del Policlinico San Matteo di Pavia —. Hanno un valore importante nella definizione della circolazione del virus nel territorio, ma bisogna capire come usarli in senso diagnostico. Su un paziente positivo all’inizio della sua storia clinica potrebbero avere il problema dei falsi negativi: si tratta di persone che, pur avendo contratto il virus, non hanno ancora sviluppato gli anticorpi.

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