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Valerio Magrelli «Geologia di un padre» (2013)

Par Maurizia Morini : Lectrice d'italien MAE et historienne - ENS de Lyon
Publié par Damien Prévost le 08/07/2013

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Scheda di lettura del romanzo ((Geologia di un padre)) di Valerio Magrelli, pubblicato nel 2013 da Einaudi.

L'autore

Valerio Magrelli è nato a Roma nel 1957. È traduttore, saggista e professore ordinario di Letteratura francese all'Università di Cassino. Collabora alle pagine culturali de “La Repubblica”. Ha al suo attivo numerose pubblicazioni in versi e in prosa.

L'Accademia nazionale dei Lincei, nel 2002, gli ha attribuito il Premio Feltrinelli per la poesia italiana.

Il libro

Si, esattamente geologia e non geneaologia del padre!

Alcune citazioni: Morto, il padre divenne più forte di quanto fosse stato da vivo (Sigmund Freud); Ormai sono solo al mondo, egli pensò, la catena di un'ancora si è spezzata...io salgo alla superficie! (Robert Musil); Un padre, un essere sacro, un re (Saul Bellow); Un padre [...] un male necessario (James Joyce).

Fatica a congedarsi lo scrittore ed elabora un libro che strato su strato porta a conoscere il padre ingegnere, “l'uomo di Pofi”, suggerendo al lettore una possibile identificazione con i resti umani di origine preistorica trovati in Ciociaria, a Pofi, suo paese d'origine.

La Prefazione di Giacinto Magrelli riporta suoi disegni; l'Appendice Cronache dal Pleistocene poesie dell'autore.

Valerio Magrelli con il suo ultimo libro scava nella memoria del padre ed anche di se stesso e scrive un libro straordinario; ironico, beffardo e doloroso al tempo stesso.

Negli ultimi dieci anni, dall'inizio della malattia paterna, ha raccolto, su foglietti sparsi, appunti, riflessioni e alla morte del genitore il materiale diventa prezioso, un documento vivente per scoprire e riscoprire “pezzi” di vita in comune.

Le storie diventano 83 capitoletti come gli anni vissuti dal padre, a partire dal Cap. I:

Mio padre sta versando caffè nelle tazzine degli ospiti. Sono un bambino e non bevo caffè, ma oggi questa scena mi incuriosisce, perchè mio padre è ferito. [...]

Ecco cos'è per me “la voce del sangue”: la fitta di chi chiama dall'interno, e chiama e chiama, finchè la gente intorno si decide ad ascoltarla, mentre lento si spande l'aroma del caffè (pag. 5).

In un susseguirsi di elementi eterogenei, pagine di enciclopedia, aneddoti, versi, brandelli di giornali, Magrelli compone un libro sul tempo, per accorciare la distanza fra sé e il padre, per soffrire meno. È il diario di un lutto, concreto ed emotivo, intriso di un linguaggio ironico, auto-ironico, con neologismi. Per esempio quando si parla di “Alassiopatia” che era la partenza della famigliola Magrelli per le vacanze ad Alassio, in Liguria. Niente di più triste in macchina con i genitori davanti a discutere e i due figli sul sedile posteriore ad ascoltare...

Ma è anche un libro sulla perdita, sull'assenza: Io ho perso lui come lui ha perso me. Io mi manco.

I dettagli dei ricordi sono anche un modo per parlare di sé, per analizzarsi senza sconti quando ci troviamo di fronte all'accudimento di un infermo, come nel Cap. 42°:

Stavamo seduti a lungo, tenendoci per mano. Io raccontavo e lui annuiva, sorridendo d'intesa, muovendo oculatamente, sulla scacchiera aperta del racconto, le pedine delle sue interiezioni. Approfittavo del suo stato? C'è forse un segreto senso di rivalsa nella sollecitudine di chi accudisce un infermo? Come escluderlo? Certo è che quei momenti mi tornano in mente con tale spenta dolcezza da farmi sperare in una qualche forma di reciprocità (pag. 67).

Magrelli mostra virtù e difetti di “un vecchio esacerbato e vunerabile”, gli scatti d'ira, le risse, gli abbracci, lo stupore di riconoscere, davanti allo specchio, un'espressione del viso che gli restituisce la ferrea legge dei vincoli genetici.

Vi è un cenno pure alla madre, alla malattia della madre, un Alzheimer che la rende muta, ma la sua è un'altra storia, un altro silenzio.

Ripetiamo tuttavia che la bellezza di questo romanzo “sui generis” che rievoca malattia e dolore è anche il senso liberatorio che emana quando l'autore ritrova le agende del padre e si ritrova sbalordito nella sua mancanza di interesse, nel constatare che non gli importa nulla degli archivi, e prova nausea per i documenti.

Dichiara che l'unico documento è lui: la carta moschicida del ricordo.

E diventa evidente la chiusa, quel Cap. 83° che congeda con un lascito positivo:

[...] Entra, mi insegna, Quando una porta è chiusa, non ti fermare mai. Vai dritto e aprila. Lascia agli altri, se vogliono, il peso di vietarti l'ingresso. Non arrestarti, prima che te lo impongano [...] È così che lo voglio salutare, con questo nodo in gola che mi viene nel ricordarlo alto, radioso, allegro, che mi fa segno di venire avanti, di non aver paura, di seguirlo, di fare come lui, in questo, “almeno in questo” (pag. 132).

Un libro necessario, da leggere non tanto e non solo per il caso specifico della relazione genitoriale e della sua eredità ma per gli insegnamenti e le riflessioni sul vivere che ne possiamo trarre.

 

Pour citer cette ressource :

Maurizia Morini, "Valerio Magrelli «Geologia di un padre» (2013)", La Clé des Langues [en ligne], Lyon, ENS de LYON/DGESCO (ISSN 2107-7029), juillet 2013. Consulté le 29/03/2024. URL: https://cle.ens-lyon.fr/italien/litterature/bibliotheque/valerio-magrelli-geologia-di-un-padre