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«Possa il mio sangue servire: Uomini e donne della Resistenza» di Aldo Cazzullo e «La Resistenza perfetta» di Giovanni De Luna

Par Maurizia Morini : Lectrice d'italien MAE et historienne - ENS de Lyon
Publié par Alison Carton-Kozak le 10/09/2015

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Sono stati recentemente pubblicati due libri, diversi come impostazione ma accomunati dalla medesima scelta tematica: ricordare, nel 70° della ricorrenza (1945-2015), la Resistenza e la Liberazione dal nazifascismo in Italia.

Aldo Cazzullo è nato ad Alba nel 1966, è giornalista e scrittore. Dopo aver lavorato a La Stampa è oggi inviato speciale ed editorialista del Corriere della Sera. Fra le numerose pubblicazioni ricordiamo: La guerra dei nostri nonni. 1915-1918. Storie di uomini, donne, famiglie, Mondadori, 2014.

Giovanni De Luna, nato a Battipaglia nel 1943, è uno dei massimi storici contemporanei; ha insegnato all'Università di Torino ed è autore di trasmissioni radiofoniche e televisive. Fra i numerosi saggi ricordiamo gli ultimi pubblicati: Una politica senza religione, Einaudi, 2013; Storia (con Chiara Colombini), Egea/Pixel, 2014.

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Sono stati recentemente pubblicati due libri, diversi come impostazione ma accomunati dalla medesima scelta tematica: ricordare, nel 70° della ricorrenza (1945-2015), la Resistenza e la Liberazione dal nazifascismo in Italia.

Si tratta di Possa il mio sangue servire: Uomini e donne della Resistenza di Aldo Cazzullo, edito da Rizzoli, e La Resistenza perfetta di Giovanni De Luna, edito da Feltrinelli.

Il primo, dal taglio giornalistico, prende il titolo da una lettera di un partigiano condannato a morte ed è una raccolta di storie che intendono descrivere le sfaccettature del fenomeno resistenziale. Una guerra di giovani che, per fuggire dalla leva imposta dalla Repubblica di Salò, scappavano sulle montagne; la resistenza quotidiana e bellica di donne; la scelta di uomini ideologicamente motivati che volevano la democrazia e la libertà; l'impegno di carabinieri e di militari dell'esercito regio; la presenza attiva di preti.

Cazzullo ha raccolto le diversità e lascia parlare i protagonisti attraverso i loro scritti, completando poi le informazioni su di loro.

Tutti temono per loro e per i cari che stanno per lasciare, esprimono parole di dolcezza e conforto per le mogli, le madri, i genitori, i figli e nello stesso tempo è forte, in loro, la convinzione di avere fatto “la cosa giusta”.

Altre, poche in verità, sono storie che esprimono gioia per il rientro a casa e speranza per un futuro Paese diverso dal passato.

La Resistenza ha avuto vari aspetti e l'autore ritiene riduttivo considerarla solo appartenente alla sinistra comunista e solo come un movimento sanguinario; per questo la narrazione cerca di superare visioni parziali o faziose e dà ampio spazio, per esempio, a storie di militari che combattono per ridare al Paese-Italia la sua perduta dignità civile. Oppure si ricordano i militari internati poiché “preferirono” il lavoro nei campi di concentramento piuttosto che il ritorno e combattere per i repubblichini e i nazisti; furono circa seicentomila e molti morirono, appunto, nei campi.

Oltre alle storie di partigiani aderenti al Partito comunista clandestino, emergono storie di liberali aderenti a Giustizia e Libertà, di suore che hanno salvato centinaia di ebrei, di preti morti durante stragi di civili come quella a Sant'Anna di Stazzema in Toscana.

Sono pure ricordati gli atti coraggiosi di Enrico Mattei, partigiano a Milano e nel Pavese, dello scrittore Giovannini Guareschi internato per essersi rifiutato di aderire a Salò, del ciclista Gino Bartali che trasportava nella canna della bicicletta carte necessarie alla fabbricazione di documenti falsi per gli ebrei, di Sandro Pertini futuro Presidente della Repubblica e degli scrittori Gianni Rodari e Italo Calvino, solo per citarne alcuni.

L'intento dichiarato dello scrittore è anche quello di mostrare che non è possibile parificare le due parti in conflitto, come certi tentativi postumi di riconciliazione pretenderebbero, e afferma che a volte la scelta può essere stata casuale ma che vi fu comunque una parte giusta e una sbagliata. E che i valori e i diritti scaturiti dalla guerra di Liberazione dovrebbero essere un patrimonio per i giovani di cui essere orgogliosi.

Nello stesso filone resistenziale ma di ben altro spessore è il secondo libro che commentiamo, quello dello storico torinese De Luna. Questo è un saggio che segue il filo dei diari di Leletta d'Isola, la figlia adolescente della contessa Malingri, rifugiatasi nel palas in Piemonte occidentale dopo l'8 settembre 1943. Nel castello dei conti, luogo di supporto e spazio di dialogo, si mette in moto, come in altri luoghi, “il laboratorio della resistenza”.

Tutti gli attori, protagonisti come le comparse, che abbiamo visto agire sul grande palcoscenico della guerra, li ritroviamo ora nel Diario di Leletta. Nel passare però dallo scenario della grande storia al piccolo mondo racchiuso tra le mura della casa del Villar è come se i loro contorni diventassero più definiti, quasi che lo spessore delle persone e degli eventi si dilatasse, rendendo più “conoscibile” e quindi più “raccontabile” la storia di quei venti mesi. È questa la magia della scrittura di Leletta, il segreto che rende il suo sguardo assolutamente originale nel contesto della memorialistica della Resistenza […].
Fascisti, partigiani, tedeschi, studenti e professori, banditi, contadini, preti, eroi, traditori: tutti passarono per quell'enclave partigiana, per il cortile di quella villa patrizia; ognuno lasciò una traccia, di ognuno Leletta catturò un particolare, un elemento che le sue pagine restituiscono oggi allo storico che studia quel periodo (pp. 100 e 101).

Dopo il '45 Leletta si laurea, prenderà i voti divenendo suora e compiendo in seguito attività sociale sul territorio (fra l'altro nel 2012 si è aperta la causa per la sua beatificazione), rivedrà il suo diario, facendone un libro che verrà pubblicato nel 1993. In questo modo ritorna, anni dopo, alla lotta partigiana, rivivendola come un'esperienza in cui era possibile riconoscere il bene e il male direttamente negli uomini e negli eventi.

Il valore del saggio consiste sì nell'avere utilizzato una singolare esperienza di vita per trarne una riflessione storica più ampia ma soprattutto nell'aver “fatto il punto” su un'immagine della Resistenza che si sta, oggi, offuscando, su un sottofondo dato quasi per scontato.

De Luna dimostra come la “perfezione” della Resistenza coincide con una rinascita individuale e sociale. Non solo una scelta militare poiché contrariamente al nemico la scelta delle armi e della violenza da parte dei partigiani – salvo casi marginali –  è stata sempre e solo dura necessità.

Usiamo per meglio comprendere le parole dello storico:

La “Resistenza perfetta” c'è stata. Ed è quella che queste pagine raccontano.
Un dato colpisce negli uomini e nelle donne che ne sono protagonisti: discutono, progettano, amano, con le armi in pugno. E questo ci obbliga ad una riflessione che ci porta nel cuore dell'”uso pubblico della storia”. Tra le tante catastrofi provocate dal terrorismo degli anni settanta c'è, infatti, anche una sorta di “interdetto culturale” che oggi incombe sulla lotta armata contro i tedeschi e i fascisti […]il terrorismo degli anni settanta non è più stato visto come un fenomeno politico, circoscritto nel tempo e legato a irripetibili condizioni storiche, ma è diventato una categoria generica e onnicompresiva...fino ad un giudizio liquidatorio che ha implicato la condanna di qualsiasi comportamento politico che abbia avuto a che fare con la violenza armata, indipendentemente dalle sue motivazioni e dagli esiti (p. 14).

Ed ancora in riferimento agli studi che hanno privilegiato “la Resistenza civile” e riguardante, ad esempio, le donne prodigatesi in gesti di abnegazione e solidarietà, i “giusti” che hanno rischiato per salvare gli ebrei, i militari italiani deportati in Germania dopo l'8 settembre, De Luna scrive:

Bisogna avere l'onestà intellettuale di riconoscere, oggi, che senza i partigiani in armi la “Resistenza civile” non avrebbe avuto ragione di esistere. Soccorrere gli inermi, aiutare i feriti, prodigarsi per nascondere i prigionieri sono iniziative che acquistano un senso compiuto solo se le si guarda come elementi fondamentali del contesto propizio e generoso in cui operarono gli uomini che decisero di sfidare in campo aperto i tedeschi e i fascisti (p. 15). 

Giovanni De Luna ha analizzato, dunque, dimensioni locali e grandi scenari; storie personali e dibattiti storiografici, da cui emerge la consistenza storica di un movimento che fu veramente una lotta per la libertà, in cui si impegnarono uomini e donne di ogni provenienza, ceto e credo politico, in grado di riscattare, con il loro impegno e sacrificio un Paese, umiliato dal fascismo e dalla guerra.

Questo saggio è perciò prezioso, poiché salda una riflessione storiografica ad una valenza pedagogica ed insieme etica.

 

Pour citer cette ressource :

Maurizia Morini, "«Possa il mio sangue servire: Uomini e donne della Resistenza» di Aldo Cazzullo e «La Resistenza perfetta» di Giovanni De Luna", La Clé des Langues [en ligne], Lyon, ENS de LYON/DGESCO (ISSN 2107-7029), septembre 2015. Consulté le 19/04/2024. URL: https://cle.ens-lyon.fr/italien/civilisation/bibliotheque/possa-il-mio-sangue-servire-uomini-e-donne-della-resistenza-di-aldo-cazzullo-e-la-resistenza-perfetta-di-giovanni-de-luna