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Maurizia Morini (a cura di), «Figli delle vittime. Gli anni Settanta, le storie di famiglia»

Par Maurizia Morini : Lectrice d'italien MAE et historienne - ENS de Lyon
Publié par Damien Prévost le 05/04/2013

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Un libro sugli anni Settanta a partire dai libri dei figli delle vittime di terrorismo e di mafia e da alcune interviste nel milieu delle Associazioni dei familiari delle stragi. Non un sasso nello stagno ma il tentativo di riprendere in forma pubblica un filo memoriale che rimane per lo più sotto traccia, nel privato o prigioniero di definizioni sociologiche reciprocamente autoescludenti (la lunga stagione delle contestazioni, gli anni di piombo...).
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Un libro sugli anni Settanta a partire dai libri dei figli delle vittime di terrorismo e di mafia e da alcune interviste nel milieu delle Associazioni dei familiari delle stragi. Non un sasso nello stagno ma il tentativo di riprendere in forma pubblica un filo memoriale che rimane per lo più sotto traccia, nel privato o prigioniero di definizioni sociologiche reciprocamente autoescludenti (la lunga stagione delle contestazioni, gli anni di piombo...).

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Hanno partecipato alla scrittura, Antonio Canovi, Charlotte Moge, Ilaria Vezzani,
Jean-Claude Zancarini, Maurizia Morini
“In questo volume - che unisce i punti di vista italiani e francesi attraverso saggi di studiosi e studiose di diverse generazioni - si intrecciano ricordi e narrazioni di figli e figlie di vittime del terrorismo e della mafia: la loro domanda di giustizia, la verità imprescindibile di chi è rimasto offeso nel corpo e negli affetti ma cerca comunque di uscire dal ruolo codificato di vittima. I figli portano avanti un'operazione di memoria, di impegno civico e morale, e tentano di coinvolgere uno Stato spesso assente e poco trasparente. Le loro narrazioni autobiografiche coniugano il bisogno di conoscenza con i ricordi personali, la memoria familiare e, soprattutto, la ricerca documentale. Le Associazioni delle vittime assumono il ruolo di vere e proprie “testimoni” del tempo. Pur avendo a disposizione buoni libri di storiografia, sul piano della ricostruzione della verità molto è ancora da fare e la storia degli anni Settanta sembra essere - fra gli studiosi come nel senso comune – oggetto di un latente disagio. Ridurre quel periodo ad un'immagine esclusivamente violenta, mettendo insieme stragisti neri e sovversivi rossi, rappresenta un depistaggio operato a scapito della comprensione. Gli scritti qui analizzati costituiscono delle fonti da cui risulta difficile prescindere quando si guarda al decennio dei Settanta, poiché esse sono memoria privata e politica insieme” (IV di copertina).

Nel primo saggio: Familismo morale e richiesta di storia, Jean-Claude Zancarini introduce i temi centrali, sottolineando l'originalità del testo per la copresenza di studiosi /e italiani e francesi e di diverse generazioni. Un incontro proficuo sul piano culturale!

Il focus è rappresentato dalle testimonianze dei figli e familiari delle vittime del terrorismo “rosso”, dello stragismo di matrice neofascista e delle vittime di mafia, insieme alle testimonianze di chi si è associato ad altri familiari dando vita a Libera, l'Associazione antimafia, L'Associazione italiana delle vittime del terrorismo, le Associazioni delle vittime dell'attentao di Piazza della Loggia a Brescia e quella della strage alla stazione di Bologna.

La stessa iniziativa del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano che ha sostenuto la nascita della Giornata delle vittime del terrorismo, celebrata il 9 maggio dal 2008, indica come, e sono le sue parole: “L'istituzione della giornata della memoria delle vittime del terrorismo colma un vuoto di memoria storica e di attenzione umana e civile che molti di voi avevano dolorosamente avvertito”.

È proprio questo che chiedono figli e familiari di vittime, e scrivono per esprimere la richiesta di verità e giustizia; scrivono per non dimenticare, scrivono per impedire l'oblio delle vittime. Ci ricordano che chi è stato ammazzato non era solo un simbolo, dello Stato, della sinistra , della destra, ma un individuo con valori, sentimenti, legami di amicizia e di amore. Tuttavia e usiamo ancora le parole di Napolitano: “ sul piano della ricostruzione della verità storica, molto rimane ancora da fare. Con rigore di metodo, con giusto distacco da una condizionante vicinanza emotiva o da troppi facili schemi interpretativi e con possibilità maggiori di accesso a tutte le fonti essenziali”.

Un aspetto importante da mettere in chiara luce è ancora rappresentato dal ruolo avuto da alcuni apparati dello Stato nelle stragi e nelle vicende più oscure negli anni Settanta; la ricerca storica con l'apertura degli archivi, la fine dei depistaggi, l'evidenza di responsabilità politiche e di certi apparati dello Stato potrebbe fare finalmente piena luce sul periodo.

Le stesse memorie dei familiari forniscono elementi personali e familiari per elaborare una memoria collettiva e contribuiscono a rendere evidente un desiderio di verità storica.

Ilaria Vezzani in Gli anni Settanta e la “patologia della memoria” ripercorre tappe, eventi e protagonisti del lungo decennio ricordando che la violenza non è tratto fondamentale di quel periodo ma anche episodi di violenza di Stato erano presenti fin dagli anni Sessanta (nel 1964 il tentativo di colpo di Stato - il Piano Solo - del generale De Lorenzo e nel 1970 di nuovo ad opera del Principe nero Junio Valerio Borghese e morti fra la folla nelle piazze uccisi dalle forze dell'ordine).

Semplificando si può affermare che fino al 1974 il terrorismo in Italia è essenzialmente stragista e collegato con l'estrema destra, miete numerose vittime civili, per lo più scelte a caso; fra il 1974 e il 1976 si sviluppa un vero e proprio terrorismo di sinistra che colpisce singoli individui, scelti con ampia documentazione e giustificazione, riportati nei comunicati di rivendicazione.

Il saggio di Vezzani compie un'ampia disanima dei fatti dal 1969 al 1982, dall'incubazione della violenza politica al bilancio dei terrorismi fino al problema di come raccontare oggi quegli anni. Riprendendo un testo di Giovanni Moro sugli anni Settanta parliamo di una patologia della memoria che ...consisterebbe in una memoria”mancata” degli anni Settanta, un'incapacità dei protagonisti, delle istituzioni, della società civile di chiudere quel periodo riappacificando le varie memorie personali in un'unica memoria collettiva, storica e condivisa( pag. 38 ).

È cioè necessario ricontestualizzare le parole e i fatti di quegli anni, le persone, i moventi, le definizioni; non far calare il silenzio e rendersi conto del grande vuoto di memoria e di verità sugli anni Settanta.

Il testo di Maurizia Morini Lessici familiari. Ricordo e narrazione nelle memorie delle figlie e dei figli delle vittime del terrorismo entra nel cuore delle narrazioni autobiografiche e familiari dei figli. Si analizzano 11 libri di figli di vittime attraverso una griglia di parole-chiave che permette di confrontare le esperienze, cogliendo somiglianze e differenze. Esse sono così riassumibili:

  • chi scrive, - per quali motivi, - le madri, - gli altri familiari, - i ricordi, - la ricerca documentale, le fotografie, - la figura paterna e la sua eredità morale, - le relazioni con altri familiari di vittime, - gli anni Settanta, - in tribunale, perdonare.

Attraverso questa trama di analisi siamo stimolati a capire ed a conoscere le vicende individuali e familiari di chi ha lavorato sulla narrazione dei fatti, su se stesso e sulla propria famiglia; cogliamo il tentativo di riannodare i fili con il genitore che non c'è più, per raccoglierne l'eredità e trasmetterla. Sono famiglie ferite dal terrorismo, nell'intimo dell'eredità che si tramanda di padre in figlio e che attraverso la scrittura esprimono il bisogno di conoscenza, di capire, di cercare le tracce di chi si è perduto, quando si era bambini, che è anche bisogno di (ri)costruire la propria memoria e la propria identità, prendendosi uno spazio per dar voce anche a se stessi.

I libri analizzati esprimono, prima di tutto, vividi sentimenti: il dolore per la perdita del padre, il vuoto di un'assenza che gli altri familiari non colmano; viceversa l'amore per il genitore, finalmente conosciuto e ritrovato attraverso la parola scritta. Con pudore e ritegno, sovente uniti alla pacatezza, si dà voce ad una sorta d'impellenza interiore: cercare la verità. In alcuni casi, chi scrive compie una vera e propria ricerca che dura anni, spulcia documenti, scritti, fotografie, studia le carte processuali, avvicina gli amici del padre, cerca di parlare ed incontrare chi uccise. Pretende di capire, intende avere giustizia per la responsabilità delle istituzioni di fronte alla violenza, poiché le indagini giudiziarie possono individuare i responsabili diretti (non sempre e non tutti) ma sovente tralasciano i livelli più alti. Ancora dopo trenta anni, vi sono documenti che continuano ad essere coperti dal segreto di Stato. E si scrive anche per renderli accessibili.

Afferma l'autrice, in conclusione, che in Italia, quando lo Stato è assente nel suo ruolo di garante democratico, pare esserci sempre bisogno di una famiglia sostitutiva, se non altro per rassicurare e per dare solidità. Non è un caso, infatti, che

le modalità narrative [...] affondano esplicitamente nel colloquio endogamico tra generazioni che intersecano la medesima filiera familiare e già si affacciano – nuovi protagonisti – i nipoti. Questi sono i destinatari dell' insegnamento morale dei nonni, e sono in grado di poter essere, come altri giovani, non avendo vissuto il dolore delo momento, “portatori sani” di memoria (pag. 87).

Complementare è il saggio che segue: La memoria come motore dell' impegno civile. Dal privato al pubblico, analisi delle testimonianze dei figli delle vittime di mafia di Charlotte Moge.

Ritroviamo motivazioni analoghe negli scritti dei figli di vittime di mafia, la stessa nozione di filiazione e di patrimonio familiare, con una precisazione:

[...] rispetto alle testimonianze dei figli di vittime degli anni di piombo è meno presente la dimensione di ricerca identitaria compiuta attraverso l'indagine attorno alla morte del genitore. L'origine e lo scopo della scrittura delle vittime di mafia sembrano quindi innanzitutto privati, ma l'edizione e la commercializzazione dell'opera la trasformano di fatto in narrativa pubblica, ponendo il problema della ricezione e dell'eco della parola della vittima (pag. 93).

Moge analizza i libri dei figli di vittime di mafia e libri di giornalisti che hanno raccolto i racconti e le testimonianze dei familiari e una prima considerazione sottolinea come la memoria delle vittime di mafia sia il punto di partenza di un percorso d'impegno antimafia. “Il dolore è un fatto privato”, perlopiù circoscritto nell'ambito familiare, difficile trovare sfoghi emotivi nelle testimonianze. L'evocazione dei cari, attraverso aneddoti che raccontano il fervore dell'impegno antimafia che è costato loro la vita, è soltanto un pretesto iniziale che porta il testimone a narrare il suo percorso, personale ma comune a tutti i familiari, di trasformazione del dolore privato in impegno pubblico. La parola è usata come un'arma: serve a denunciare la mafia e a coinvolgere la società intera per sensibilizzarla ad un problema di ordine pubblico troppo spesso messo da parte dai politici. Nel saggio si evidenzia come sia forte la necessità di mantenere viva la memoria raccontando chi fosse la vittima, talvolta per riabilitarne la figura attaccata da varie polemiche come nel caso del generale Dalla Chiesa. Il figlio Nando ricorre alla scrittura per smentire le voci infamanti che hanno cercato di screditare a posteriori l'immagine e l'operato del padre, per cui il libro diventa una tribuna e la narrativa di fatto diventa pubblica.

Ed ancora, come per le vittime del terrorismo, è essenziale denunciare le mancanze e gli errori dello Stato, soprattutto in campo legislativo e giudiziario. Le iniziative del fratello di Paolo Borsellino, ad esempio, riscuotono ottimi risultati poiché le indagini sulla strage di via d'Amelio esaminano finalmente i tentativi di depistaggio istituzionale dopo i fatti.

Infine l'impegno antimafia trae la sua forza anche dall'importante rete associativa che ne assicura la diffusione, come l'Associazione Libera e le testimonianze di figli e familiari di vittime di mafia trasmettono alla società un patrimonio etico e morale., facendo della memoria pubblica della lotta alla mafia una nuova chiave di lettura della Storia nazionale.

Proprio le Associazioni di familiari delle vittime sono il tema del saggio conclusivo di Antonio Canovi dal titolo: Le parole delle vittime. Per capire le ragioni storiche degli anni Settanta.

L'autore ripercorre, attraverso documenti e interviste, la formazione e l'attività dell'Associazione tra i familiari delle vittime della strage alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980; dell'Associazione Italiana Vittime del Terrorismo e dell'eversione contro l'ordinamento costituzionale dello Stato di Torino e dell'Associazione Familiari Caduti Strage di Piazza Loggia di Brescia inserendo le vicende relative in una rilettura storica degli anni Settanta.

Ed è lì dove lo Stato abdica alla sua missione fondativa di garantire verità e giustizia, fioriscono le prime, tuttora le principali Associazioni delle vittime e dei loro familiari che, su un arco che si misura ormai in generazioni hanno messo in campo un'attività incessante di iniziative e di ricerca-azione, segnatamente rivolte ai più giovani e alle scuole, per riflettere “con la memoria” sull'esperienza storica delle stragi e terrorismo. Questo associazionismo familiare esprime un patrimonio diffuso di esperienze, vario sotto il profilo espressivo, che a fronte del perdurante “depistaggio” degli anni Settanta ha scelto di battere piste diverse, divenendo centro di documentazione, banca-dati, digitalizzando archivi giudiziari. Le Associazioni dei familiari si sentono soggetto di storia per l'attività di documentazione che svolgono e per come intendono trasmettere a futura memoria la loro complessa e sofferta esperienza. Hanno disegnato un campo sociale di relazioni inedito e si potrebbe dire che si sono fatte interpreti di una domanda di futuro.

Per questa strada risulta inevitabile, e sta già accadendo, incontrare i “figli”.

Il volume è corredato da bibliografie specifiche al singolo saggio e finali, utili sul piano didattico-storico; in particolare l'ampia bibliografia generale è suddivisa nel modo seguente:

  • La storiografia e gli anni Settanta,
  • Le vittime, il “lavoro della memoria” e gli usi pubblici della storia,
  • I libri dei e con i figli e familiari delle vittime,
  • Fonti multimediali e Siti web.

 

Pour citer cette ressource :

Maurizia Morini, "Maurizia Morini (a cura di), «Figli delle vittime. Gli anni Settanta, le storie di famiglia»", La Clé des Langues [en ligne], Lyon, ENS de LYON/DGESCO (ISSN 2107-7029), avril 2013. Consulté le 29/03/2024. URL: https://cle.ens-lyon.fr/italien/civilisation/bibliotheque/maurizia-morini-a-cura-di-figli-delle-vittime-gli-anni-settanta-le-storie-di-famiglia